Famiglia

A me piacciono le arabe (ma sono un infedele)

Il libro di Martino Pillitteri, animatore di Yalla Italia

di Martino Pillitteri

Ero negli Usa, mi avevano annunciato che non avrei più avuto il visto. Per fortuna incontrai Noor, una ragazza egiziana. Mi consolò. E mi spalancò un mondo nuovo… «Quello che posso garantirvi sono delle grasse risate», esordisce Randa Ghazy introducendo il libro di Martino Pillitteri Quando le musulmane preferiscono gli infedeli in uscita a metà marzo da Mursia (17 euro). Pillitteri è il coordinatore di «Yalla Italia» e in questo libro racconta le sue esperienze significative e a volte esilaranti con l’altro sesso di fede (o di cultura) musulmana. Eccone le prime pagine.

Mi trovavo all’ultimo piano di un palazzo sull’Avenue of America di Manhattan, sede di una banca d’affari. Vedevo benissimo le torri di controllo degli aeroporti La Guardia e JFK. Ero felice a New York. Non volevo tornare in Italia. Avevo fretta di ottenere quell’impiego. Il mio permesso lavorativo e di soggiorno negli Stati Uniti dipendeva dall’assunzione presso quella banca.
Nel primo colloquio avevo fatto una buona impressione al responsabile dell’area esteri che supervisionava i broker non americani che lavoravano sui clienti in Europa e in Asia. L’ultimo ostacolo, una formalità secondo quello che mi avevano anticipato al telefono, riguardava un test “vocazionale” che ogni potenziale neoassunto doveva sostenere.
«Non pretendere di essere quello che non sei. Rispondi alle domande senza pensarci. Vedrai, non te ne pentirai», mi suggerì l’umile e onesta segretaria che lavorava in quell’ambiente da anni, mentre mi stavo sedendo per iniziare la prova. Era il classico consiglio giusto al momento giusto. Le domande del test erano molto intriganti: è più importante il profitto o la famiglia? Faresti comprare delle azioni ai tuoi clienti sapendo che non sono un buon investimento? E altre cento su questa falsariga. Risposi come tutte le persone normali.
Due giorni dopo mi arrivò una lettera dalla banca, che si diceva dispiaciuta di non potermi assumere. A quanto pare non avevo la stoffa per lavorare a Wall Street. Chiamai il mio avvocato il quale, senza girarci tanto intorno, mi disse che avevo un mese di tempo per andare via dagli Stati Uniti d’America. Appena trenta giorni. Trenta, come i giorni di un Ramadan. La durata del mese sacro mi avrebbe separato da sette anni profani a New York.
In quei trenta giorni dovevo abituarmi a digiunare da tutto quello che faceva parte della mia quotidianità, gli interessi, i luoghi, i linguaggi dei media, gli amici che avevano contribuito a definire e marcare la mia personalità e la mia visione della vita. Dovevo iniziare ad astenermi dall’acqua e dal pane quotidiano che per me erano le partite dei New York Yankees, le passeggiate a Central Park, i concerti al Madison Square Garden, lo skyline di Manhattan, il caffè a Starbucks, il take away cinese, le giocate di Michael Jordan, i miei amici da tutto il mondo.
Poche ore dopo aver parlato con il mio avvocato incontrai Noor, un’egiziana musulmana che sembrava una venezuelana e che credeva di essere la reincarnazione di Cleopatra. Fu Noor a rendere il mio Ramadan meno faticoso e malinconico. Ma soprattutto fece di più. Mi aprì il suo cuore e le porte di un mondo che non conoscevo, che non mi aveva mai interessato: il Medio Oriente. Oggi il mondo arabo, l’Islam e i media arabi sono il nutrimento della mia vita. Non digiunerò mai di mondo arabo.
Se non avessi conosciuto Noor, e se lei non mi avesse convinto con un ultimatum (vieni qua al Cairo e mi sposi o te ne trovi un’altra) ad andare in Egitto, oggi non mi alzerei tutte le mattine soddisfatto e felice di andare in ufficio. Dieci anni fa non sapevo nulla sull’Islam. Dieci anni fa non sapevo ancora come rispondere alla domanda di mio papà. Un pomeriggio di febbraio degli anni 90 sulla Lexington Avenue vicino a Gramercy Park, in un periodo della nostra vita familiare un tantino disorientata, papà mi chiedeva perché e che cosa ci facessimo a New York. Ora lo so: stavo cercando i miei Stati Uniti d’Arabia.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.