Non ci volevo credere, e invece è vero. Il glorioso, monumentale stadio di Madrid, il Santiago Bernabeu, che ospiterà il 22 maggio prossimo la finale di Champions League fra Bayern Monaco e Internazionale Milano, è assai scarsamente accessibile alle persone con disabilità. Lo deduco da un paio di link trovati in questi giorni di assidua ricerca di informazioni e di passaparola su facebook. I posti accessibili sono pochi, scomodi, e addirittura pericolosi da raggiungere.
Inutile dire che io, da tifoso dell’Inter e da persona disabile incosciente, vorrei proprio andarci, a Madrid, per vivere assieme agli altri tifosi nerazzurri un momento epico della nostra storia calcistica, che arriva, a dire il vero, con qualche decennio di distanza dall’ultima occasione analoga (ero davvero giovane, allora…). Non nego dunque il conflitto di interessi, ma so bene che nel nostro Paese questo non è un gran problema, e forse neanche in Spagna.
Assai più grave è che la Uefa decida di assegnare la finale di Champions League a una città senza inserire – lo deduco, non ne sono sicuro, ma a questo punto mi pare assai probabile – fra i requisiti essenziali la piena e adeguata accessibilità dell’impianto a tutti. Il risultato è che entrambe le tifoserie – bavaresi e milanesi – si vedono negato un diritto sancito dalla Convenzione Onu all’art.30 . Inutile, ma mica tanto, ricordare che la Spagna è fra i primi Paesi a ratificare la Convenzione, e in effetti molte cose nel Paese iberico funzionano bene, stando alle informazioni in possesso delle associazioni delle persone con disabilità. Ma qui davvero non ci siamo.
Io vado spesso a San Siro, e anche se contesto la filosofia dell’accessibilità di questo come di tutti gli altri stadi (parliamo comunque di spazi “dedicati”, il che impedisce la libera scelta del posto, della visuale, delle amicizie, e così via…) bisogna pur dire che Inter e Milan consentono a moltissime persone con disabilità di accedere a spazi dignitosi, con ottima visibilità, in posizione centrale, tribuna arancio, e anche gratis (cosa sulla quale dissento da sempre: poco ma farei pagare, in modo da essere sicuri che si va allo stadio per passione… autentica!).
Pensavo dunque che la mia balzana idea di partire e andare in auto a Madrid, via Barcellona (per passare dal luogo del delitto, ovviamente…) sarebbe stata fattibile, se non addirittura banale. E invece così non sembra. Presto per rinunciare, anzi, cerco una mobilitazione bipartisan (Inter e Bayern) con l’aggiunta di spiriti liberi di ogni bandiera, perché sono convinto che dietro la banalità di un diritto apparentemente minore (ovviamente non paragonabile ai servizi essenziali alla persona) si celi un sentire comune, una bandiera che tutti comprendono e possono sventolare con foga. Non chiedo di tifare Inter, ci mancherebbe, ma semplicemente di garantire a me, e a tutti i tifosi con disabilità, di poter scegliere se andare o meno a vivere un grande evento sportivo, in un tempio del calcio moderno.
Tutto qui. Ce la faremo tutti insieme a vincere questa piccola grande battaglia? Ci proviamo…
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.