Non profit

A Londra il donatore ha nome e cognome

Modelli da imitare

di Valerio Melandri

Terza ed ultima puntata della serie dedicata al 5 per mille degli altri Paesi europei. Con questo articolo Valerio Melandri chiude la panoramica continentale e avanza tre proposte mutuate dallo studio comparato che ha approfondito in queste settimane. Sottolineando che ormai il 5 per mille ovunque è legge stabile, non da rinnovare ogni anno. Mentre in Italia deve essere rinnovato ad ogni Finanziaria.Ancora molto statalista e poco sussidiario è il caso della Spagna. Ogni contribuente può destinare lo 0,7% delle proprie tasse personali alla “Chiesa cattolica” o ad “organizzazioni non profit”. Ma la caratteristica spagnola è che questi soldi vanno a costituire un fondo (che nel 2008 ammontava ad oltre 500 milioni di euro) che è poi il governo a decidere come distribuire. In pratica il cittadino ha il potere di dire allo Stato «voglio aiutare le organizzazioni non profit», ma non è libero di dire a chi deve andare questo aiuto. E così nel 2008, il governo ha deciso di dare 7,5 milioni di euro a onp impegnate in “cause ambientali”, 51 milioni alle organizzazioni non governative impegnate nei Paesi in via di sviluppo, e 450 milioni alle organizzazioni non profit che operano in Spagna e per i bisogni spagnoli. Insomma una “onepercent” decisamente antisussidiaria…
La Germania vanta un caso curioso. Ogni contribuente che dichiari di appartenere ad una Chiesa è obbligato a pagare l’8% in più della propria tassazione per sostenere la Chiesa stessa. L’alternativa per non pagare è “sbattezzarsi”, andando a ritirare il proprio certificato, oppure fare una solenne dichiarazione di ateismo dal notaio. Sembra che mai come in questo periodo di crisi ci sia stata una esplosione di atei in Germania. Perdita della fede o semplice escamotage per non pagare la sovratassa? Ovviamente lo Stato, dopo essersi trattenuto una piccola percentuale del raccolto per il servizio svolto, trasferisce le cifre alle Chiese centrali.
Ma forse la cosa più interessante è sapere che in tre Paesi (Gran Bretagna, Irlanda e Romania) l’organizzazione non profit a favore della quale il contribuente ha firmato, può avere l’elenco dei nomi dei firmatari. In questo modo l’organizzazione non profit può rendicontare, ringraziare, iniziare un dialogo, insomma può iniziare un rapporto di “amicizia” con il proprio donatore. E il donatore viene informato sui progetti che sono stati realizzati grazie alla sua “devoluzione”.
Il meccanismo del 5 per mille è un meccanismo molto diffuso in Europa (ben 12 Paesi), ma anche nel mondo. Per esempio in Giappone (l’1% delle tasse comunali), in Corea del Sud (1%) e in uno Stato americano (il Colorado, 1%). Ma è probabile che il meccanismo sia diffuso in tante altre nazioni.

Tre proposte da discutere
Ecco allora tre proposte tratte dall’esperienza europea. Le metto in ordine dalla più economica alla più costosa:1. «Dateci i nomi di chi ha firmato il 5 per mille»: non costerebbe nulla allo Stato, e sarebbe di straordinaria efficienza per iniziare un rapporto positivo con un potenziale donatore!2. «Dateci una legge stabile»: non costerebbe quasi nulla in più allo Stato, ma permetterebbe di pianificare meglio un eventuale investimento pubblicitario per raccogliere più firme. Oggi senza una stabilità della manovra e soprattutto senza sapere il plafond disponibile è davvero difficile pianificare!3. «Dateci il 5 per mille anche sulle imprese»: costerebbe qualcosa, ma sarebbe una chiave di ingresso per iniziare un rapporto con le imprese. E tutti sappiamo che le imprese si conquistano un po’ alla volta: dal 5 per mille dell’impresa alla vera e propria donazione, il passo è breve.

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