Welfare

A lezione di buoni pasto

di Flaviano Zandonai

I beni sono completamente diversi: da una parte panino, acqua, caffè e dall’altra assistenza sociale, formazione, asili nido, colonie estive, ecc. Il meccanismo però è lo stesso. Solo che nel primo caso è molto più rodato, mentre nel secondo siamo alle prime, timide sperimentazioni. Sono i titoli di acquisto vincolati: il pranzo con i ticket restaurant e i servizi di welfare con i voucher sociali. Essendo da qualche tempo un “fortunato possessore” di buoni pasto sperimento in prima parsona l’evoluzione del mercato. E, con tutte le precauzioni del caso, ne traggo qualche utile indicazione per il nuovo che avanza, ovvero un welfare che finanzia la domanda di servizi, dotando i beneficiari di risorse economiche che possono spendere presso unità di offerta accreditate. Cominciamo proprio dalle unità di offerta della ristorazione: dopo una fase in cui con i ticket ci potevi comprare praticamente di tutto, ora le maglie si restringono: solo in certi orari, solo fino a scadenza (non un giorno di più), solo un ticket alla volta grazie (si fa per dire) alle carte elettroniche che scalano un pasto al giorno. E basta al credito riportato sullo scontrino se non si consuma tutto il ticket. Altra tendenza da analizzare meglio è la formazione del prezzo. E’ solo un’impressione, ma i prezzi dei beni alimentari sembrano proprio tarati per coprire il costo di un ticket medio più un margine (sempre più consistente) per un’integrazione “out of pocket” (un paio di euro in media). Emerge poi in modo molto chiaro l’insofferenza di bar e ristoranti verso le società di gestione dei ticket, visto che un numero crescente ne rifiuta alcuni perché poco affidabili e/o perché richiedono commissioni eccessive. Infine, poco o nulla sul versante qualità: nessuno dei ticket restaurant più in voga “screma” le unità di offerta guardando a quel che si mangia e tanto meno alle caratteristiche del contesto. Basta siano rispettati – forse – gli standard minimi. Risultato: sul blog di Dario Di Vico – che da qualche giorno segue la vicenda – si propone addirittura di eliminare i ticket versando i soldi direttamente in busta paga. Un pò come come è successo con la sperimentazione inglese del personal budget dei servizi sociali. Sta a vedere che alla fine c’è poco, o nulla, da imparare.


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