Cultura

A lezione da Yunus

Perché il microcredito insegna anche ai grandi

di Francesco Maggio

Il 19 marzo Muhammad Yunus arriva a Milano. Il fondatore della Grameen bank, la più grande banca etica del mondo e il quinto istituto di credito del Bangladesh (oltre 1 miliardo di dollari di raccolta, tre quarti dei quali impiegati a favore dei 2 milioni di membri dislocati in 34mila villaggi) parteciperà a ?Il valore del microcredito?, convegno organizzato da Vita e dalla ong Cesvi.
Si tratta di un evento a dir poco straordinario. Non è la prima volta che il ?banchiere dei poveri? viene nel nostro Paese. Ma mai finora era accaduto che un convegno che prevedesse la sua partecipazione sin dalle prime fasi organizzative, incontrasse un così vasto consenso, soprattutto da parte di operatori del mondo bancario e finanziario. Come mai? Stiamo parlando pur sempre di un economista sui generis. Di uno che sostiene (coi fatti) che dalla povertà è possibile affrancarsi. Che critica senza mezzi termini le politiche del Fondo monetario internazionale. Che presta soldi a donne analfabete nullatenenti (che puntualmente li restituiscono fino all?ultimo centesimo). Insomma, che si rivolge a fasce della popolazione che, come emerge da una ricerca sul social banking della Fondazione Giordano dell?Amore (articolo a pag. 18) le banche tradizionali, non di rado escludono, sistematicamente, dall?accesso ai loro servizi. E invece? Già si registra il tutto esaurito al Centro congresso Cariplo dove si svolgerà l?evento. Ma perché è così forte l?ascendente di Yunus? Proviamo a dare una risposta guardando ad alcuni recenti fatti di cronaca finanziaria.
Lo scandalo Enron sta producendo ormai un effetto domino su tutto il sistema finanziario internazionale (ne sa qualcosa J. P. Morgan). Calpers, il più grande fondo pensione del mondo (150 miliardi di dollari di patrimonio gestito) ha deciso di disinvestire dalle Borse asiatiche perché non rispettano i diritti umani (ma forse anche per spostare i riflettori dal magma Enron nel quale pur esso è rimasto invischiato, al punto che il New York Times lo ha definito, al riguardo, «Il cane da guardia che non abbaiò»). Ha scritto qualche giorno fa su Il Sole 24 Ore l?ex rettore della Bocconi, Roberto Ruozi: «Le cronache quotidiane riportano continuamente notizie di banche in difficoltà per frodi o per crisi patrimoniali e/o economiche. Le Borse reagiscono male e gran parte dei titoli delle banche mostrano performance inferiori alla media dei listini». Il mondo finanziario, dunque, è alla disperata ricerca di una direzione di marcia. Che si traduca, quindi, in comportamenti coerenti messi in atto da personale preparato.
Quante volte, invece, ciascuno di noi entrando in banca non ha avuto l?impressione di trovarsi di fronte, per dirla con le parole dello stesso Yunus, a «consulenti che sembrano allenatori di calcio che non hanno mai visto un pallone o guardato una partita in vita loro, e conoscono, al più, le regole della pallacanestro»? Un ascoltatore della trasmissione Vivavoce di Radio24, primo sommelier di un grande albergo della costiera amalfitana, ha inviato una email alla redazione dell?emittente chiedendo come mai non riesca a ottenere dalla sua banca un mutuo per acquistare la prima casa. Nonostante abbia presentato il certificato di matrimonio, quello di residenza, le fotocopie dei documenti fiscali suoi, della moglie e anche della coppia che potrebbe vendergli la casa, il Cud dell?anno precedente, l?attestato di lavoro dell?albergo di proprietà di una multinazionale, le ultime due buste paga, l?attestato di lavoro in un noto ristorante da dicembre a gennaio (il periodo di fermo dell?albergo), la scrittura privata fra le parti, l?atto di provenienza dell?immobile, l?estratto conto degli ultimi tre mesi, la fideiussione di una coppia di amici e anche la fotocopia dei buoni fruttiferi postali intestati ai bambini.
Che dire? Naturalmente non tutto il sistema bancario è così sordo alle questioni reali. Da qui allora, forse, il così diffuso interesse per il convegno. Sempre Yunus scrive: «Quella che presentiamo qui è una visione del mondo». Quella stessa visione, qualunque essa sia, che tante banche hanno ormai smarrito, rendendosi in molti casi più simili a una zavorra per lo sviluppo dei sistemi economici che non a un volano di nuova imprenditoria (sociale e non), a un vero strumento di democrazia. Una visione che molti operatori finanziari sentono l?urgenza di ritrovare al più presto. Magari ripartendo dal basso. Dal microcredito, appunto. Ascoltando chi della materia davvero se ne intende.

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