Salute

A Lecce l’innovazione nasce in sala parto

L'altro Sud

di Redazione

Per i ricercatori del Sud Italia è tempo di riscossa. Altro che fannulloni: sia per quantità che per qualità, i primi della classe provengono dalle regioni meridionali. Non è un caso che a vincere il Pni 2010, Premio nazionale per l’innovazione (il concorso più blasonato del suo genere, dedicato all’imprenditoria giovanile e organizzato dall’Università di Palermo e dall’associazione Pnicube), siano stati tre giovani ricercatori di Lecce, con un progetto rivoluzionario dedicato al parto sicuro. E che più della metà delle 32 proposte pervenute alla giuria di un’altra competizione, la Start cup Cnr-Il sole 24 ore, arrivino dal Meridione.
«È un chiaro segno: a Sud le teste ci sono, sono più intraprendenti e s’industriano a cercare soluzioni nuove anche per superare la carenza di lavoro», ragiona Manuela Arata, responsabile Trasferimento tecnologia del Cnr e ideatrice della Start cup. «I loro progetti sono molto buoni, ma ora hanno bisogno di qualcuno che ci investa su», aggiunge l’esperta, che promuove ogni anno lo spin off di almeno cinque nuove aziende di giovani ricercatori.
Proprio “Amolab”, il progetto che ha vinto i 50mila euro del primo premio Pni, è stato messo a punto dai fratelli Ernesto e Sergio Casciaro con Francesco Conversano, tutti e tre dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Lecce. «Si tratta di un congegno elettronico che cerca di risolvere il problema del monitoraggio del travaglio e degli errori che si verificano in sala parto», specifica Sergio Casciaro, 39 anni, responsabile dell’équipe di Amolab. «È uno strumento che viene posto sul ventre della donna e che controlla, tramite algoritmi applicati all’ecografia, il corretto andamento del travaglio», prosegue Casciaro, laureato in ingegneria a Torino, che prima di ritornare nella sua Lecce nel 2003, si è specializzato negli Stati Uniti ed è stato ricercatore al Cern di Ginevra e docente all’università di Losanna. «Ma ora voglio rimanere qui, anche se fare oggi ricerca a Sud è complicato: ci sono le competenze e c’è tanta voglia, ma mancano i mezzi, la nostra produttività è sfruttata al minimo da imprenditori e politici. I pochi fondi che arrivano vengono soprattutto dalla Ue e dalla Regione Puglia».

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