Non profit

A Kreuzberg tra pomodori e lattuga nascono nuove reti sociali

Berlino gli orti urbani Princess Garden

di Ottavia Spaggiari

Gli ci vorrebbe una bella zappa in mano!». Era questo l’auspicio che i nostri nonni rivolgevano ai giovani coi piedi poco per terra, nella speranza che si dedicassero ad attività concrete. I berlinesi Marco Clausen, 37 anni, e Robert Shaw, 34, storico il primo e cineasta il secondo, sembrano aver raccolto proprio questo auspicio, lasciando le proprie ben avviate professioni per così dire “concettuali” e lanciandosi in una nuova avventura proprio nel settore dell’agricoltura. Con un però. Nonostante infatti i due abbiano scelto di dedicarsi alla coltivazione della terra, non hanno voluto rinunciare agli stimoli e all’energia della vita berlinese e, invece di trasferirsi, hanno deciso di portare in città un po’ di campagna.
Nel 2009 Clausen e Shaw hanno fondato l’associazione non profit Nomadisch Grun dando vita a “Princess Garden”, un grande progetto di riqualificazione urbana che ha trasformato i seimila metri quadri di Moriplatz, una piazza dismessa nel quartiere berlinese di Kreuzberg, in un gigantesco orto urbano, dove vengono coltivati diversi tipi di frutta e verdura, tutti seguendo processi scrupolosamente bio e tutti rigorosamente su supporti mobili (cassette, sacchi e carretti), così da non dover dipendere dal terreno non proprio fertile della piazza.
L’idea è nata durante un viaggio a Cuba, dove Shaw si era recato per studiare gli orti urbani allestiti in città, una realtà molto diffusa e altrettanto poco pubblicizzata. Ciò che lo colpì maggiormente – al di là della qualità dei prodotti agricoli coltivati – fu il potere di aggregazione di queste zone verdi, che diventavano luoghi di incontro e di scambio di conoscenza. Realtà interessanti, insomma, nella terra di Fidel.
Ed è proprio questo, cambiando latitudine e contesto, il modello applicato da Clausen e Shaw a Berlino, dove l’orto non solo ha cambiato le abitudini alimentari di una comunità ma ne ha anche modificato le dinamiche di relazione sociale. Oltre ai bambini delle scuole coinvolti in percorsi educativi, centinaia di volontari contribuiscono infatti alla vita dell’orto. «Questo era considerato un quartiere difficile», ricorda Clausen, «oggi l’orto dà alle persone la possibilità entrare a contatto con la natura, ma soprattutto di conoscersi».


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