Mondo

A Kabul il burka è una salvezza

Massimiliano Fanni Canelles è medico. Ora è a Kabul con la sua associazione, la Spes. Lavora per combattere una malattia che assomiglia alla lebbra.

di Paolo Manzo

L?Afghanistan? È l?unico Paese in cui esiste la leishmaniosi, un parassita infracellulare trasmesso all?uomo da una zecca volante chiamata mosca del deserto. Un parassita che può far due cose: entrare negli organi interni uccidendo la persona, o restare localizzato sulla cute. L?allarme lo lancia a Vita Massimiliano Fanni Canelles, uno di quei medici coraggiosi che, per sentirsi vivi, decidono di spendere le ferie nei Paesi poveri, dove la morte è una costante. Lui, assieme al collega Pietro Negro, è partito all?inizio di settembre per Kabul con la Spes (Solidarietà per l?educazione allo sviluppo), una onlus che ha creato dal nulla assieme ad altri friulani coraggiosi: giornalisti (tra cui Fausto Biloslavo), medici, assistenti sociali e volontari. A Kabul per sentirmi vivo Tutti accomunati dal voler sentirsi vivi, “perché un conto è vedere la felicità sul volto di un bambino di Bagdad a cui porti acqua potabile, altro è avere tra i problemi le liti col vicino, o la raccolta punti delle merendine. Da noi il superfluo la fa da padrone, lì no. E, come medico, a Kabul mi sento utile”. Massimiliano, per sentirsi vivo, si è giocato un mese di ferie perché, come accade a tanti volontari, l?aspettativa non è stata concessa dalla Ass 4 Alto Friuli di Udine, presso la quale Fanni Canelles è dirigente, specializzato in medicina interna. Misteri italiani. “La forma benigna della leishmaniosi, chiamata bottone d?Oriente o Kal-Azar, crea dei crateri enormi, sia per diametro che per profondità, nella zona in cui è stato inoculato il parassita. Quindi, se la mosca punge il viso, il cratere deturpa la persona in modo devastante”. La piaga senza vaccini Una malattia, la leishmaniosi, che se non curata assomiglia maledettamente alla lebbra e che colpisce quasi tutti gli afghani. Ma solo uomini. Le donne, infatti, si salvano grazie a uno dei motivi per cui la guerra all?Afghanistan è stata fatta: il burka. “Infatti il burka, che esiste per tutti i tristemente noti motivi religiosi e che possiamo contrastare in tutte le maniere, è l?unico metodo di prevenzione. E, per questo motivo, le donne lo indossano ancora oggi, che i talebani non comandano più”. Nessuno che lo abbia mai spiegato, il motivo per cui va di moda il burka a Kabul, anno domini 2003. Ed è logico, a pensarci bene, perché qualsiasi obbligo religioso ha sempre avuto la sua brava base sanitaria, dal divieto di consumare la carne di maiale per i musulmani alla circoncisione per gli ebrei. “Già, e lo stesso vale per il burka, che svolge la funzione di una zanzariera perenne sul volto e su tutto il corpo. Certo, poi ci deve essere libertà di scelta d?indossarlo o meno, ma di sicuro la donna che in Afghanistan porta il burka ha la cute integra”. Provoca senza accorgersene Massimiliano, ma è certo che né la Bonino né lady Bush, quando avevano appoggiato l?intervento Usa contro i talebani, si erano sentite in dovere di parlare di leishmaniosi. Una malattia che non ha vaccino ma che può essere curata, per ridurre le ferite, o “i crateri”, come li chiama Massimiliano. “C?è una medicina. Si chiama Pentostam. Con un flacone da tre euro si curano 50 bambini. Un costo irrisorio in Italia, mentre in Afghanistan non esiste. Perciò la portiamo ogni volta con noi, e curiamo personalmente i bimbi o la consegniamo ai militari, perché continuino a trattare in ambulatorio i piccoli malati. Anche dopo la nostra partenza”. Ma la Spes di Massimiliano fa anche altro. Energia pulita a Khowst Con il progetto ?Diamo la luce agli afghani? quest?estate ha fatto tornare la luce a Khowst, una desolata provincia dell?Afghanistan orientale. Con dieci impianti fotovoltaici, e grazie a dei pannelli solari, si è passati dalle lampade a olio all?energia pulita. “Ogni casa ha la sua corrente elettrica. Gli impianti fotovoltaici permettono una completa illuminazione e l?uso di tutti i macchinari a corrente continua, come computer e tv. Dopo la carica, la batteria dura anche un paio di giornate e con il pannello non ci sono costi aggiuntivi. Adesso tutti ascoltano la radio nella provincia di Khowst”. Massimiliano in Afghanistan valuterà anche le ristrutturazioni fatte dai militari nella cucina dell?orfanotrofio di Tahe Maskan, a Kabul. Una piccola oasi che ospita 850 bambini rimasti senza genitori per la guerra, e la cui ristrutturazione è stata finanziata dai soldi raccolti dalla Spes. Che, non a caso, in latino vuol dir speranza. Proprio quella che porta a Kabul a ogni viaggio Massimiliano Fanni Canelles, il medico friulano che, per sentirsi vivo, deve fare spedizioni in Afghanistan.


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