Famiglia
A Genova in scena un dibattito vecchio, con conclusioni scritte in anticipo
A Genova si tiene la VI Conferenza nazionale sulle dipendenze, attesa per 12 anni. IL coordinatore dell'Area Giovani e dipendenze della Casa del Giovane di Pavia: «Abbiamo avuto la prova che il nostro sistema sociale, economico, di cura non regge. È fondamentale ridefinire modelli vecchi di anni e sono i giovani che possono svelarci gli itinerari giusti per uscire da questi boschi di malessere. Invece ho sentito solo proposte che si limitano alla conservazione dell’esistente, limitando i danni e creando meno fastidio possibile a chi sta intorno»
di Simone Feder
L’ abbiamo attesa 12 anni. 144 mesi in cui il nostro impegno e la nostra presenza nel mondo delle dipendenze sono stati costanti e totali. Siamo stati a fianco di giovani che lottano ogni giorno per riprendere in mano la loro vita, di famiglie distrutte da queste sostanze che promettono paradisi e regalano inferni, di madri di famiglia sorprese da conti correnti improvvisamente in rosso e costrette a lottare contro mostri invisibili, di adolescenti imprigionati in un mondo virtuale che non fa sconti…
Quanto sono cambiati i protagonisti di queste nostre battaglie, quanto siamo cambiati noi in questo percorso continuo di accompagnamento del dolore e della sofferenza di migliaia di persone che ogni giorno bussano alla nostra porta chiedendo solo una cosa: speranza.
Così questa mattina sono partito alla volta di Genova, città di porto e di accoglienza, aperta al nuovo che avanza e custode di tradizioni centenarie, luogo di mercanti di merci preziosi e conquistatori di nuovi mondi.
Dodici anni sono passati e la Conferenza nazionale sulle dipendenze doveva essere un punto di ripartenza, uno sguardo nuovo e stimolante che potesse consegnare agli addetti ai lavori, ma non solo, nuovi scenari di intervento e, soprattutto, prospettive e sguardi differenti di approccio all’altro.
Rabbrividisco, e non è l’inverno che arriva, al pensiero di dover ancora pensare al contrasto alle dipendenze associato a concetti legati a ‘riduzione’ e ‘accompagnamento al consumo’, quasi come se il nostro unico obiettivo debba essere limitare i danni di un cataclisma irrefrenabile, di una guerra persa in partenza, di un’esistenza segnata e irrecuperabile.
Rabbrividisco, e non è l’inverno che arriva, al pensiero di dover ancora pensare al contrasto alle dipendenze associato a concetti legati a ‘riduzione’ e ‘accompagnamento al consumo’, quasi come se il nostro unico obiettivo debba essere limitare i danni di un cataclisma irrefrenabile, di una guerra persa in partenza, di un’esistenza segnata e irrecuperabile.
Simone Feder
Questi anni trascorsi a fianco dei più sofferenti, dei dimenticati da tutti, mi hanno insegnato quanto sia necessario oggi, un modello di intervento totalmente differente, che si prenda carico dell’uomo nella sua totalità e, soprattutto, senza prescindere dalla sua dignità, sacra e inviolabile. Un approccio che parta dalla necessità di sentire l’altro come persona portatrice di potenzialità di cambiamento, risorsa per gli altri e, anche nelle situazioni più disperate, degna di proposte di vita, non di morte.
Ecco quanto ho provato a portare all’interno di un dibattito purtroppo limitato e le cui conclusioni sono state tristemente tracciate ancor prima del suo esistere da chi, in questi dodici anni, ha faticato a lasciare i suoi comodi uffici per provare a incrociare gli occhi e i passi di chi questa battaglia porta avanti sul campo.
Credo fortemente che sia fondamentale cambiare punto di vista, rivoluzionare un sistema che ancora oggi mette davanti alle sofferenze degli uomini il profitto, l’economico, l’apparenza. Contemplare il disagio umano oggi ci chiede sguardi attenti ai cambiamenti della società, al nuovo che avanza, ad un mondo in cui è fondamentale offrire proposte di senso ed esistenziali, ma non solo a parole. Essere per primi operatori portatori di un messaggio di speranza fatto di presenza concreta, che vada oltre la medicalizzazione di una fragilità oggi sempre più umana e diffusa, in una società del nulla che non ha tempo né sguardi per i più piccoli e per quelli messi ai margini.
Ho provato a portare l'urgenza di un modello di intervento totalmente differente all’interno di un dibattito le cui conclusioni sono state tristemente tracciate ancor prima del suo esistere da chi, in questi dodici anni, ha faticato a lasciare i suoi comodi uffici per provare a incrociare gli occhi e i passi di chi questa battaglia porta avanti sul campo.
Simone Feder
Dobbiamo crederci, farci promotori credibili di proposte che rendano i nostri giovani protagonisti fin da piccoli di circoli virtuosi che generino i necessari anticorpi ad un’apocalisse di indifferenza, apatia e assenza di senso che rischia di travolgerci senza fare prigionieri. Sono loro, i nostri ragazzi, quelli che più hanno sofferto nella vita, quelli che incontriamo e cerchiamo di abbracciare per portarli alla cura dai loro “non luoghi della perdizione” che possono svelarci gli itinerari giusti per uscire da questi boschi di malessere.
È però fondamentale uno sguardo attento, che sappia ascoltare, guidare e indicare nuovi sentieri, un approccio sostenuto e condiviso dall’intera società e dalla comunità educante in cui tutti siamo immersi. Un sistema che non può funzionare se le proposte si limitano alla conservazione dell’esistente, limitando i danni e creando meno fastidio possibile a chi sta intorno e non vuole essere infastidito dalla sofferenza.
Solo un radicale cambio di paradigma potrà rendere questi momenti spazi di confronto e vera riforma, ma dobbiamo partire da una concezione di Uomo che purtroppo ancora sento lontana e scomoda. Un Uomo che è prima di tutto risorsa e non problema, portatore di diritti e germoglio di soluzioni, destinato non alla sopravvivenza ma ad un futuro di speranza.
*Simone Feder è coordinatore dell'Area Giovani e dipendenze della Casa del Giovane di Pavia. In allegato le slides dell'intervento alla Conferenza
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