Volontariato

A futura memoria/2. Annotazioni nonviolente per preparare una fase nuova

di Pasquale Pugliese


Come avvenuto in marzo, anche in aprile ho annotato sulla mia pagina Facebook, quasi quotidianamente come in un taccuino personale, pensieri suscitati dell’evoluzione dell’epidemia da covid-19. Che ne punteggiano alcune ricadute sociali e culturali, proponendo un punto di vista disarmato e nonviolento. Li raccolgo qui, come personale diario della quarantena sociale e piste di lavoro non per il passaggio alla “fase due”, ma ad una fase del tutto nuova

2 aprile

La fragilità e la follia del sistema nel quale viviamo sono rappresentate dal fatto che gli Stati spendono, complessivamente, più di 1.800 miliardi di dollari all’anno per gli armamenti. Un terzo di queste risorse sono spese dai soli Stati Uniti, soprattutto per la loro enorme flotta armata intercontinentale. Ora, accade che sulla portaerei Roosevelt – la corazzata simbolo della potenza statunitense nei mari – centinaia di marinai siano contagiati dal covid-19 e non possano scendere a terra per non diffondere l’epidemia, in un Paese che non ha un sistema sanitario pubblico ed universale.
Armati fino ai denti, ma totalmente indifesi

3 aprile

Calcola il New York Time che la vendita di pistole negli USA in marzo ha avuto un boom (è il caso di dirlo) con la cifra record di due milioni di armi acquistate in un mese, per affrontare i pericoli dell’epidemia. Oltre alla stupidità della cosa in sé, è il segno della cultura del nemico – interno ed esterno – fortemente inculcata dai governi di quel Paese. Come l’uomo col martello che vede il mondo come un chiodo, l’americano medio è educato ad affrontare ogni crisi, di qualunque natura, con un’arma in mano. E le vittime da armi da fuoco negli Stati Uniti sono quasi 40.000 all’anno: un’epidemia virulenta che non prevede nessun lockdown

p.s.: in Italia, nello stesso periodo, le merci maggiormente vendute pare siano state lievito e farina

4 aprile

“O impareremo a vivere insieme come fratelli
o periremo insieme come stolti”

Il 4 aprile del 1968 veniva ucciso Martin Luther King jr, ma noi non ne abbiamo ancora appreso la lezione più importante

5 aprile

L’ingresso quotidiano nelle nostre case, attraverso tutti i media, del bollettino aggiornato delle vittime da covid-19 ha riportato prepotentemente e insistentemente sulla scena pubblica la grande rimossa dalla società dello spettacolo: la morte. Da fatto strettamente privato la morte – quella vera, non la sua rappresentazione abusata nelle fiction – è tornata ad essere un fatto pubblico, esposto, analizzato e commentato. Ma la morte, come insegna Aldo Capitini, uno dei pensatori italiani del ‘900 che maggiormente si è interrogato su questo tema, significa i morti. E la loro compresenza con i vivi. Per questo può essere utile – proprio in questi giorni – rileggere i densi scritti di Capitini sulla “compresenza dei morti e dei viventi”. Eccone qualche passaggio introduttivo….

7 aprile

Se si chiama “guerra” l’impegno collettivo e solidale per curare le persone e “missioni di pace” le guerre in giro per il mondo; se si chiamano “spese sanitarie” l’investimento per gli ospedali e la difesa della salute e “investimenti sulla difesa” la spesa pubblica per l’acquisto di costosissimi armamenti, il vero inganno è nell’uso delle parole. Che definiscono l’immaginario e le relative priorità

9 aprile

Oggi sono arrivati alla cifra, fortemente simbolica, di 100 i medici italiani morti per l’epidemia di covid-19. La quale – lo abbiamo scritto più volte – non è una guerra. E tuttavia la salute è un bene primario e costituzionale che bisogna seriamente difendere. E invece i governi continuano a declinare la “difesa” solo in modalità militare e spesa per gli armamenti, svuotando le casse dello Stato di risorse indispensabili per le altre forme di difesa, civile e sociale. Lasciandoci sostanzialmente indifesi.
Un pensiero di gratitudine ai 100 medici morti per difenderci e di vicinanza e cordoglio alle loro famiglie

10 aprile

Non ho competenze per valutare se, dal punto di vista dei rischi, sia opportuna o meno la riapertura delle librerie prevista nel nuovo dpcm, pur essendo i libri senz’altro beni essenziali. Ma ne ho a sufficienza per valutare che non ha nessuna ragione di opportunità la mancata chiusura delle fabbriche di armi. I primi ci difendono dalla più devastante delle epidemie, quella dell’ignoranza. Che, spesso, usa le seconde come mezzi di diffusione.

11 aprile

E così la più grande superpotenza mondiale, il Paese che spende da solo circa 800 miliardi di dollari all’anno in armamenti, che dispiega militari ed armi – anche nucleari – sui cinque continenti, piegato dall’epidemia di covid-19, seppellisce i morti poveri di New York in una fossa comune ad Hart Island.
Gli USA, armati fino ai denti, non difendono la salute dei cittadini, ma sconfiggono la civiltà

12 aprile

Mai come in questa Pasqua è importante ricordare che la festa cristiana è stata innestata sulla festa ebraica del Pèsach, che ricorda il passaggio del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto alla liberazione in “Terra promessa”. Anche noi stiamo vivendo un passaggio, che non è solo quello dalla quarantena sociale al momento in cui potremo riabbracciarci, ma – soprattutto – dovrà essere il passaggio da un modello economico predatorio, che con le deforestazioni e gli allevamenti intensivi agevola e favorisce le pandemie, ad un modello economico eco-sostenibile. Perché nessuno può illudersi di rimanere sano in un sistema malato. Lentius, profundius, soavius – più lento, più profondo, più dolce – definiva Alex Langer questo passaggio. Mi pare anche un buon viatico personale per ciascuno di noi

13 aprile

Come insegnano i filosofi del linguaggio, noi abitiamo la lingua che parliamo, perché il linguaggio costruisce e definisce gli elementi concettuali e simbolici del mondo in cui viviamo. La narrazione dell’impegno contro la pandemia in corso come una guerra – come fanno abitualmente i media e i governi di ogni Paese coinvolto – non è dunque solo un espediente metaforico ma, per le notevoli implicazioni culturali e politiche che questo racconto porta con sé, per il mondo di significati che costruisce, si configura come un vero e proprio paradigma interpretativo. Ma è il paradigma sbagliato, un errore epistemologico, per almeno dieci ragioni che provo qui ad elencare…

15 aprile

A proposito di uso appropriato delle parole, smettiamola di parlare di misure per il “distanziamento sociale”. Ciò che è necessario è il “distanziamento fisico”, perché di distanze sociali in questo Paese (e in questo pianeta) ce ne sono fin troppe. Quel che serve, al contrario, è il riavvicinamento sociale.
Non come misura provvisoria, ma strutturale

16 aprile

Quindi il Paese che spende di più al mondo in armamenti, con 800 miliardi di dollari in spese militari all’anno, ed è il più indifeso al mondo di fronte al covid-19, con 600mila casi e quasi 30mila morti ad oggi, anziché tagliare le risorse agli armamenti taglia quelle all’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Se non fosse una tragedia sarebbe una farsa. Ma si tratta degli USA di Trump, dunque sono entrambe le cose

17 aprile

In verità no, non voglio tornare come prima.
Non voglio tornare ad un mondo che taglia ovunque le spese sanitarie per la cura della vita ed aumenta quelle militari per la cura della morte.
Non voglio tornare ad un mondo inquinato e saccheggiato, usato come serbatoio e discarica inesauribili, come se non ci fosse un domani. Perché infatti così un domani non ci sarà.
Non voglio tornare ad un mondo dove si bloccano nel mare e nei lager i profughi che scappano da fame e guerre, mentre i virus viaggiano indisturbati in business class.
Non voglio tornare ad un mondo dove l’1 per cento della popolazione più ricca detiene il doppio della ricchezza degli altri 6.9 miliardi di persone.
Non voglio tornare ad un mondo nel quale questo momento obbligato di pausa non sarà servito a ripensare radicalmente le priorità globali.
No, non voglio tornare come prima. Perché il “prima” era profondamente sbagliato

20 aprile

Ci sono virus per i quali i governi fanno – giustamente – il lockdown globale e tengono i ragazzi lontani dalle scuole e i bambini lontani dai parchi. Poi ci sono altri virus – ben più contagiosi e distruttivi – che quegli stessi governi finanziano, producono e lasciano scorrazzare indisturbati; ai quali aprono anche i porti, chiusi invece a profughi e migranti. Come i carri armati approdati venerdì scorso al porto di Genova – come documenta il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – diretti a produrre ancora morti e distruzioni nelle tante guerre del pianeta.
La peggiore delle pandemie lasciata circolare liberamente

22 aprile – Giornata internazionale della Terra

Se con la messa in quarantena dell’umanità iper-industrializzata, predatrice e consumista la Terra ha ripreso a respirare, i fiumi a scorrere puliti e la natura a riprendersi le città, il messaggio mi pare chiaro, ancorché noto: il virus più distruttivo dell’ecosistema è l’umanità iper-industrializzata, predatrice e consumista. Quindi, o noi diventiamo sostenibili per la Terra o la Terra – in un modo o nell’altro, più prima che poi – si libererà di noi. Tertium non datur

25 aprile

Questa Festa della Liberazione – coincidendo temporalmente con la visione, finalmente, della luce in fondo al tunnel dell’epidemia e preparando la fine della costrizione in casa – acquista un significato ulteriore rispetto a quello specifico della liberazione dalla guerra e dal fascismo. Ed anche del tutto nuovo perché, insieme al virus, è necessaria la liberazione da molte di quelle condizioni che sono concausa della tragedia che stiamo attraversando e che con il fascismo hanno molto a che fare…

27 aprile

La frase “si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti”, contenuta nel dpcm del 26 aprile, avrebbe assunto un senso ben più inclusivo se la parola “congiunti” (fino a che grado di congiunzione? e i “congiunti” non formalizzati?) fosse stata sostituita dalla parola “affetti”.Le relazioni necessarie di affetto tra le persone vanno ben oltre il matrimonio e lo “Ius sanguinis”. Come quelle di cittadinanza, del resto.

28 aprile

Ieri il SIPRI, prestigioso Istituto internazionale indipendente, ha pubblicato l’annuale rapporto sulle spese militari globali. Ebbene i governi, che oggi si trovano indifesi di fronte alla pandemia, nel 2019 hanno speso complessivamente l’incredibile cifra di 1920 miliardi di dollari per la difesa militare. Una cifra mai raggiunta prima, con il più grande incremento registrato in un decennio. Ciò significa che ogni giorno (ogni giorno!) i governi spendono in armamenti 5,2 miliardi di dollari, ossia una cifra ampiamente superiore al budget biennale (biennale!) di 4,8 miliardi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, anche questo fornito dai governi.
Quel che serve davvero dunque non è una “fase 2”, ma una fase totalmente nuova. Di uscita dalla follia

29 aprile

Non stupisce che il tema della scuola, e dei giovani in generale, non sia al centro delle comunicazioni governative in relazione alla cosiddetta “fase due” dell’emergenza. Non è una dimenticanza specifica del governo Conte, ma una trascuratezza strutturale che viene da lontano. Per esempio dal fatto che il nostro Paese è stabilmente tra i primi quattro in Europa in quanto a spesa militare (dati SIPRI) ed ultimo in quanto ad investimenti per l’istruzione, in riferimento percentuale alla spesa pubblica (dati Eurostat). Non a caso – al contrario delle scuole, per le quali non si sa ancora quando potrà avvenire la ripartenza in sicurezza – le fabbriche nazionali di armamenti non si sono mai fermate.
Una fase davvero nuova dovrebbe ribaltare questi dati. E compiere finalmente un necessario salto di civiltà

1 maggio

Quando il primo maggio del 2015 raccoglievamo in tutto il Paese le firme per la campagna Un’altra Difesa è possibile avevamo ben chiaro che le risorse spese in armamenti – e quindi sottratte agli investimenti civili e sociali – non ci avrebbero difeso dalle vere minacce. Per esempio dalle epidemie.
Cinque anno dopo, gli arsenali sono sempre più pieni ma le piazze sono vuote. Buon Primo maggio

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