Un modello di consorzio che apre ad altri soggetti, pubblici e privati, per diventare agenti di sviluppoC’è chi la scelta verso il consorzio di comunità l’ha già fatta da tempo, la pratica sul territorio e la racconta pure, nel proprio bilancio sociale. Recentemente il Consorzio Solidarietà sociale Forlì-Cesena (11 coop, 3 associazioni, una fondazione, 750 soci, 520 lavoratori di cui 71 svantaggiati) ha presentato un rendiconto in cui la dimensione dell’apertura a collaborazioni con altri attori, pubblici, del terzo settore e dell’imprenditoria for profit è messa nero su bianco. La svolta la spiega il presidente, Fabio Magnani: «Il primo quindicennio della nostra storia (cominciata nel 1985) è stato caratterizzato dalla dimensione del consorzio che rappresenta, associa e coordina una serie di realtà, quindi da una dimensione più associativa. Dal 2000 in avanti c’è stata un’esigenza di maggiore investimento sulla dimensione imprenditoriale, superando la sola dimensione associativa non più adatta alle sfide di questi tempi. Il consorzio ha cercato una svolta imprenditoriale, puntando a diventare agente di sviluppo, il luogo della coprogettazione imprenditoriale». Un cambio di passo che, spiega Magnani, comporta un rapporto più «caldo con la comunità, un maggiore coinvolgimento degli interlocutori, basi sociali multistakeholder. Il che significa un’apertura agli altri soggetti del terzo settore, ma anche il coinvolgimento delle realtà profit su progetti di sviluppo, nei quali la cooperazione sociale può diventare un partner affidabile nella costruzione di nuove dimensioni di impresa».
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