Formazione

A Educa Cacciari, è l’ora di una scuola plurale

A Rovereto il confronto tra Massimo Cacciari e Silvano Petrosino

di Redazione

I cambiamenti economici, geografici, politici, culturali della modernità hanno messo i crisi i modelli e le ideologie dominanti: la logica del mercato e del consumo e l’approccio tecnico-scientifico. Ma questa è una grande opportunità per chi ha il compito di educare le nuove generazioni. Su questo hanno concordato Massimo Cacciari, sindaco di Venezia e docente di estetica all’Università della città lagunare e Silvano Petrosino, docente di semiotica alla Cattolica di Milano. Per i due filosofi tutto esaurito al Teatro Rosmini di Rovereto, per uno degli appuntamenti più attesi di EDUCA.  
Fino ad oggi la scuola ha operato per  inserire i ragazzi nel paradigma sociale dominante. La modernità –  questo il senso dell’intervento di Massimo Cacciari – è l’occasione per tornare ad un modello di tipo  “platonico”  dove i ragazzi non sono vasi da riempire ma fuochi da accendere. Dove l’educatore  ha  il compito di liberare quello che c’è dentro il giovane, offrendo gli strumenti per interrogarsi e interrogare. La scuola deve educare alla libertà della persona, riconoscendo le specificità di ognuno.
“Per questo – ha sottolineato Silvano Petrosino – l’educazione richiede e significa passione nell’uomo”. Se gli adulti non insegnano alle nuove generazioni la capacità di ascoltare prima di parlare e di confrontarsi poi, ad ogni malessere e difficoltà la reazione sarà quella di considerare colpevole l’altro, alimentando così i conflitti.
Questi principi hanno, secondo Cacciari, precise ricadute politiche: serve una scuola plurale nella quale le persone abbiano la possibilità di confrontare e scegliere tra proposte diverse (ad esempio rispetto ai programmi).  Perché il confronto sia reale  lo Stato deve abolire il valore legale del titolo. 
In campo educativo uno Stato che voglia ancora avere il primato “è fuori dal mondo e perdente. Occorre come sta accadendo in questi giorni a Rovereto, dare spazio alla società civile e alimentare così una coscienza comune sull’educazione”.


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