Famiglia

A destra, a sinistra anzi dappertutto

Il 13 maggio in lizza molti candidati musulmani. E migliaia di elettori che possono pesare sopratutto nelle amministrative.

di Giampaolo Cerri

In una mattina luminosa di primo aprile, da poco arrivato nel suo quartier generale di Lungotevere Marzio 3, Valter Veltroni ha un sussulto. Esaminando il report accuratamente predisposto dai suoi collaboratori ha scoperto che all’anagrafe di Roma risultano oltre 4.500 cittadini di origine araba o provenienti da paesi islamici. Secondo l’estensore della nota, considerando i congiunti, possono rappresentare almeno 20 mila persone. «Però», si lascia scappare il segretario diessino, candidato sindaco dell’Urbe, «per chi votano?». Inconsapevolmente o no, riecheggia un altro celebre interrogativo sul rapporto fra religione e potere, quello sulle divisioni del Papa che inquietava Stalin. Già, per chi votano – e non solo alle comunali di Roma – i cittadini italiani di fede musulmana? Che le elezioni del 13 maggio siano percepite come importanti dall’Islam italiano – stranieri naturalizzati o italiani che hanno abbracciato la fede del Profeta – lo si intuisce da un segnale, piccolo ma chiaro: la presenza di alcuni candidati musulmani in alcune liste. Pochi, ma come mai ce n’erano stati. Il fatto che Mansur Tantush, “tripolino de Roma”, membro influente della World Islamic Society, accetti la proposta di Clemente Mastella di candidarsi a Milano, nel collegio di Corvetto, la zona più musulmana della città, non può essere classificata semplicemente come un’azione di disturbo. Lo fa infatti con grande dispiegamento di forze: dal sito Internet (www.tantush.it), al volantinaggio massiccio. Se la vedrà con un professore universitario di An e con uno sconosciuto dipietrista. E non è del tutto velleitaria, vista la presenza di altri cinque candidati, a L’Aquila, la candidatura di Domenico-Mahmud Srur, ingegnere di origine siriana e sindaco popolare di Sant’Eusanio Forconese (Pescara), che corre sotto le insegne di Democrazia europea. Buone possibilità di elezione per Khaled Fouad Allam, algerino che insegna sociologia a Trieste: è secondo (in quota Verdi) nel proporzionale per il Girasole in Toscana ma chi lo precede, il socialista Boselli, candidato in molti altri collegi, dovrebbe essere eletto altrove. L’appello al voto Ma a rendere più attuale l’interrogativo di Veltroni c’è una lettera aperta ai “fratelli”che Hassan Abdallah, al secolo Stefano Tavaglione, sta diffondendo in questi giorni negli oltre 1.500 centri islamici e moschee italiane. «La prossima tornata elettorale è un evento di grande significato per la nostra fede e per il nostro impegno sincero di proposta e collaborazione con tutti i partiti, che Dio premi i nostri sforzi», scrive Abdallah-Tavaglione. «L’Islam è un messaggio di armonia individuale e sociale che deve arrivare a tutti gli uomini e donne di tutte le classi sociali e culturali perché ogni cuore umano possa essere toccato dalla gioia della fede nell’unico Dio». Tavaglione, cinquant’anni, è nativo di Peschici, nel foggiano, da trenta a Milano dove fa il professore di liceo, ha abbracciato l’Islam da molti anni e fa parte della Comunicazioni islamiche interculturali. «Questa volta», scrive, «la realtà è diversa e noi siamo in condizione, se Dio vuole, di partecipare attivamente ai grandi appuntamenti di una società che si va finalmente convincendo del peso, anche elettorale, della nostra presenza, e dobbiamo condividere quindi la responsabilità di scegliere le persone più adatte a realizzare il bene collettivo». Garantisce che il suo appello alle urne è politicamente ecumenico: «Si tratta solo di sensibilizzare i fratelli a scegliere persone che abbiano a cuore i bisogni di questa comunità e a questa cultura», dice a Vita. E a dimostrazione del carattere super partes dell’appello segnala un paio di nomi di fratelli candidati alle amministrative in opposti schieramenti: come l’avvocato Rosario Pasquini Abdurrahman, segretario del Centro islamico di Milano, candidato dal Comune di Milano con i Ds, e Omar Farid-Alfredo Novelli, commercialista meneghino, in lizza, sempre alle municipali, con Democrazia europea. Secondo questo cortese islamico della Puglia, i musulmani votanti in Italia «potrebbero anche essere più di 300 mila». E almeno 30 mila vivrebbero a Milano. «Auspichiamo e ricerchiamo rapporti con candidati non islamici, ovviamente», aggiunge Tavaglione, che conferma contatti con lo staff del ministro della giustizia Piero Fassino e con Di Pietro. Il partito degli scettici Cifre sulle quali è assai scettico Omar Camiletti, rappresentante della sezione italiana della Lega islamica mondiale, quella che fa base alla grande Moschea di Roma. «Il dato realistico dei musulmani italiani è 60-70 mila, di cui solo la metà in età di voto». I candidati? «Lo fanno a titolo personale», tiene a precisare, «è un atto di buona volontà, nessuno ha chiesto loro di prendersi questo impegno. Se saranno eletti, gli augureremo buon lavoro». L’appello di Tavaglione a ricercare persone sensibili? «Sono di opinione opposta», risponde d’acchito, «non c’è alcun ordine di scuderia: non ci sfiora l’idea di fare lobby elettorale. Ci sono musulmani che voteranno per il Centro-sinistra, altri per il Centro-destra, altri per il Centro». Intanto Mario Scialoja, della stessa Lega mussulmana mondiale, e Dachan Mohamed Nour dell’Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia hanno lanciato, con esponenti delle altre confessioni minoritarie (dai buddisti ai valdesi, dagli ortodossi ai testimoni di Geova), un appello ai candidati dei vari schieramenti, per «un impegno preciso» in favore di una «legge che riconosca il pluralismo religioso e tuteli la libertà religiosa». Inshallah. Voci dall’Islam Servirà per il concordato Hassan Abdallah Stefano Tavaglione «Il nostro è un invito a votare con la consapevolezza del nostro ruolo», spiega, «perché sono molti i problemi da risolvere». In cima alla lista c’è sicuramente il raggiungimento di un’Intesa con lo Stato italiano: «Riconoscere l’Islam sarebbe fondamentale per l’integrazione dei musulmani che», dice Tavaglione, «giova ricordarlo, sono circa un milione». Secondo l’estensore dell’appello al voto, il concordato potrebbe essere l’inizio di un dialogo fondamentale sulla via dell’integrazione di migliaia di immigrati. «Noi siamo per la regolamentazione dei flussi», chiarisce, «siamo contro l’immigrazione clandestina, ma è chiaro che ci poniamo il problema della convivenza civile: ad esempio sarebbe importante destinare una quota di case popolari a questi lavoratori». E ricorda allo Stato italiano che «un musulmano praticante è un cittadino modello, rispettoso dell’autorità e delle leggi». Manca la cultura Mamud Salem El Sheik «I musulmani in Italia non potranno mai esprimere dei rappresentanti prima di costituirsi uno spessore culturale», dice Mahmud El Sheik, dottore di ricerca del Cnr, filologo, nonché membro della Commissione governativa per la politica di integrazione. «Senza spessore culturale, non continueranno niente mai». Egiziano e fiorentino di adozione, ha curato a lungo per la Rai il programma Islam, cultura e civiltà, «che Zaccaria ha tagliato». Per El Sheik, «se non si scioglie il nodo culturale, è prematuro pensare ad altro». E guarda realisticamente agli islamici del futuro: «Come in Francia, occorrerà aspettare la terza generazione per ottenere questi sviluppi, saranno i figli dei marocchini a costruire questo soggetto». E gli appelli al voto? «Mi sembrano abbastanza velleitari: occorrono prima rappresentanti qualificati che a livello culturale svolgano la rappresentanza. La partita è a questo livello, non a quello religioso». Il radicamento prima Omar Camiletti Convertito famoso, fa parte della Lega musulmana mondiale in Italia. L’appello non lo scalda: «Prima di parlare di discorsi elettorali c’è bisogno di un radicamento maggiore nella società italiana. Non credo che dalla politica possa uscire qualcosa che influenzi questo rapporto con l’Islam», dice. E ci tiene a far notare che la questione «deve riguardare tutti i politici o aspiranti tali e non solo i musulmani, elettori o eleggibili che siano». Vede anche un «altissimo rischio di strumentalizzazioni». Secondo Camiletti, agli islamici d’Italia serve una presenza «che ha bisogno di maggiore capacità di comunicazione, prima di declinarsi nel voto o nel non voto». Insomma i destini elettorali lo lasciano piuttosto indifferente: «Più che la politica, mi sembrano prioritari altri problemi come l’Intesa con lo Stato, un nodo il cui scioglimento potrebbe accelerare molte dinamiche». Sull’argomento Immigrazione ed elezioni – “La Puntina: Immigrati, i desaparecidos elettoraliRoma: aggredita immigrata impegnata nel sociale


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