Mondo

A casa Segabrh bombe a colazione

Storie della Palestina quotidiana da Gerusalemme, Alessandro Di Gaetano

di Redazione

L?hanno mandata in onda tutti i giorni, per più di un mese, simbolo dell?Intifada ormai ripresa a pieno ritmo. Una bella casa che un palestinese, residente a Panama, avrebbe voluto costruirsi sul suo pezzo di terra. Solo che il pezzo di terra era a Beit Jala, sul cucuzzolo di una collina di fronte ad un altra collina, questa volta abitata dagli israeliani dell?insediamento di Gilo. Da quella casa in costruzione Gilo era facile bersaglio per i palestinesi, e gli israeliani hanno perciò cominciato a colpirla, ripetutamente. La casa non è stata mai terminata, e giace in rovina tuttora bersaglio.
Bersaglio, forse per sbaglio, ma non per questo meno bersaglio è la casa dei vicini, a non più di dieci metri. Certo meno famosa dell?altra, ma tuttora abitata dalla famiglia Segabrh. L?ingresso è una porta di ferro con fori di schegge di una bomba esplosa sul muro a fianco. Nell?atrio c?è il volto della Madonna a dare il benvenuto, segue l?ennesimo foro di una bomba esplosa sotto le scale, con contorno di schegge impazzite conficcate nel muro.
La vita sembra scorrere tranquilla. Al primo piano la signora Segabrh sta facendo le pulizie e in uno stentato inglese racconta di quando i colpi di fucile hanno attraversato la casa per piazzarsi sopra il sofà, dove lei guardava la tv. O di quella volta che, sotto bombardamento, si era nascosta nella stanza opposta alla famosa casa, ma i colpi, o forse le schegge, sono arrivati lo stesso. È andata avanti così per settimane, tutti i giorni, ogni pomeriggio e anche la sera. Vive sola, il marito è morto undici anni fa e i figli sono in giro per il mondo, tranne Tony, che abita al piano di sopra.
Tony fa il tassista e passa tutto la giornata fuori a trasportare gente tra Beit Jala, Betlemme e al check-point con Gerusalemme. Di più non possono fare, come tutti i palestinesi sono obbligati a rimanere nelle loro zone, prigionieri nei propri villaggi. A Gerusalemme ci va solo chi ha il libretto di residenza rilasciato dopo lunghe ed estenuanti file che cominciano all?alba, in un ufficio israeliano apposito. Bisogna consegnare pacchi di documenti, ricevute di tasse pagate (dal telefono al gas) e dimostrare che non si hanno altri luoghi di residenza, altrimenti niente libretto. Qualche volta i tassisti si avventurano attraverso vie e viuzze verso Gerusalemme, evitando la fitta rete di check-point, ma se sono identificati dove non devono stare possono essere guai seri.
In casa c?è la bella moglie Faten con i figli e la sua matrigna Maddalena Giannini. Di inequivocabile origine italiana, è nipote di un prelato milanese di una branca cattolica che accettava il matrimonio, trasferitosi qui al tempo. Il figlio più grande di Faten si chiama Abraham, ha 15 anni ed è da poco tornato da tre mesi passati in Honduras dallo zio per rinfrescare il suo spagnolo. C?era già stato per cinque anni da piccolo, ma non avendo modo di praticarlo lo sta perdendo. Va alle scuole cattoliche, come cattolica è tutta la famiglia. Scorazza felice il terzogenito George sul suo monopattino. Nonostante fuori ci sia un bel terrazzo dove compiere piroette, è costretto ad andare avanti e indietro, dal balcone all?ingresso, attraversando a velocità folle il soggiorno.
Faten con sguardo malinconico mi assicura che fuori proprio non può stare, un colpo di fucile o, peggio, una bomba e si ritrova senza il figlio. La timida figlia Mays annuisce e mostra i resti della bomba che è finita in casa qualche giorno prima. Faten stringe tra le braccia l?ultima arrivata Rym, e ripete che grazie a Dio nonostante le cannonate ricevute in casa non si sono mai fatti nulla. Sparano quasi tutti i giorni, se si ha un po? di pazienza e si aspetta il tardo pomeriggio si può vedere e sentire, anche se non sono più bombe ma infidi colpi di fucile. Grazie a Dio. E sempre grazie a Dio si sono salvati dai colpi di mitra stampati una notte nelle mura della stanza da letto mentre stavano dormendo.
Da allora vanno a dormire in un?altra abitazione dove ci sono solo i letti, e poi di giorno tornano qui dove hanno tutto. I bambini sono spaventati, conferma Faten, le notti passate senza sentire un colpo sono pochissime. La sera che Sharon alla televisione approvava il rapporto Mitchell e dichiarava che non avrebbe più attaccato la Palestina, fermo restando che ne manteneva il controllo militare e che non avrebbe fermato la costruzione di insediamenti nei territori, qui cadevano le bombe. Ma grazie a Dio c?è la famosa casa, e finché il potente esercito di David non fallisce, loro possono solo avere l?incubo di essere colpiti per sbaglio, ma non essere bersaglio.
Va in chiesa assiduamente, la famiglia Segabrh. È il mese della Madonna e ci sono le messe della sera dedicate a Maria Vergine. Recitata in arabo la messa fa un certo effetto, e ancor di più l?usanza, da noi in parte andata perduta, di cantare. Una suora si scusa per il poco affollamento durante la funzione, di solito gremita, ma la gente ha paura e resta a casa. Ringrazia Dio invece Faten, ringrazia che la casa sua è ancora in piedi, che i figli sono vivi e ringrazia Dio che il marito ha ancora un taxi per guadagnare qualcosa.
Grazie a Dio.

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