Sostenibilità

A caccia di speranze nel cuore dell’Amazzonia

di Redazione

Oltre che il polmone verde del pianeta, la foresta amazzonica è anche la farmacia più ricca e variegata dell’universo visto che custodisce più della metà della biodiversità globale. Di fronte ad un patrimonio del genere la scienza, però, solo adesso comincia a muovere i primi passi. Basti pensare che su un numero di piante superiori (quelle che hanno fusto, radici e foglie) stimato tra le 200mila e le 250mila specie, soltanto il 20% è stato finora studiato dal punto di vista farmacologico. Eppure per secoli gli indigeni hanno fatto ricorso ai segreti dell’Amazzonia per curarsi dalle malattie. Per ogni sintomo una pianta era a portata di mano, una conoscenza tramandata di generazione in generazione. Da qui l’interesse degli scienziati per capire se da queste stesse piante non sia possibile isolare con criteri scientifici nuovi principi attivi per sconfiggere malattie incurarabili. L’Università Paulista ha creato la prima banca dati al mondo di semi provenienti dall’Amazzonia, raccolti direttamente dai ricercatori nel corso di ripetute spedizioni scientifiche a bordo di una nave scuola che percorre il Rio Negro.

Tesori da scoprire
«È un piccolo tesoro costituito da ben 7mila esemplari di piante raccolte e 2.200 estratti individuati», spiega Ivana Suffredini, una delle studiose che partecipano al progetto, insieme al suo fondatore, l’oncologo Dráuzio Varella. «Di questi ne sono stati testati già 1.300 di cui 120 lasciano ben sperare. È su questi 120 che si concentrerà la ricerca dei principi attivi».
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