Economia

A Bergamo apre un negozio dove nulla è in vendita

Con il progetto "Dispensa Restore", la cooperativa Namasté di Bergamo, assieme all'azienda Foria Srl e al Comune, agisce contro lo spreco alimentare, sostenendo allo stesso tempo le persone in difficoltà economiche e formando chi ha delle fragilità per permettergli di entrare nel mondo del lavoro. Inaugurazione il prossimo 27 ottobre. Parla il coordinatore Raffaele Avagliano

di Veronica Rossi

Secondo i dati diffusi dal Centro comune di ricerca della Commissione europea (Jrc), in Italia nel 2021 sono stati sprecati – prima e dopo l’acquisto – quattro milioni di tonnellate di cibo ancora buono. Un numero enorme, soprattutto se confrontato con la quantità crescente di persone che non riescono ad arrivare a fine mese a causa delle crisi globali e del rincaro dei prezzi. Ci sono però alcune realtà virtuose che lottano contro gli sprechi, con progetti a favore delle persone più fragili. Uno di questi progetti è la Dispensa Restore – attività promossa dalla cooperativa bergamasca Namasté e dall'azienda Foria Srl e posta tra le azioni di Food policy cittadina del Comune, grazie al sostegno della Fondazione Cariplo e del Biodistretto dell'agricolutra sociale di Bergamo – che verrà inaugurata il 27 ottobre e che combinerà il recupero di cibo ancora buono con il sostegno a chi è in difficoltà economica e con la formazione lavorativa per chi fa più fatica a entrare nel mondo del lavoro. Abbiamo sentito il coordinatore di questa iniziativa, Raffaele Avagliano, che ne ha tratteggiato storia e obiettivi.

Da dove parte il vostro impegno contro lo spreco alimentare?

Una decina di anni fa la cooperativa Namasté ha dato avvio in una delle sue comunità per persone disabili a un progetto grazie al quale recuperava delle eccedenze e le ridistribuiva a tutte le famiglie che erano presenti nel condominio. Quattro anni fa, poi, è nata la Dispensa Sociale: abbiamo cominciato a pensare che la lotta allo spreco potesse essere anche uno strumento di inclusione lavorativa e sociale per coloro che assistiamo, che sono diventati protagonisti dell’attività e non più semplici beneficiari. La maggior parte del lavoro è svolto da volontari, per questo è nata anche un’associazione.

In che cosa consiste il lavoro che avete fatto sinora?

Recuperiamo eccedenze di cibo dall’Orto mercato, da una decina di supermercati e da aziende agricole e alimentari di Bergamo e hinterland e le portiamo nel nostro magazzino. Lì viene fatta una cernita; quello che può essere donato lo diamo ad associazioni e realtà solidali del territorio. L’anno scorso, per esempio, abbiamo ridistribuito 101 tonnellate di alimenti, che poi sono andati a sostenere gli indigenti e chi ha più difficoltà. Ma non solo. Abbiamo anche dato impiego a una persona con fragilità che mi aiuta in ufficio nella tracciabilità del cibo; anche per le consegne, ci sono alcuni utenti della cooperativa Namasté impegnati assieme ai volontari: per loro è un momento prezioso, in cui possono essere liberi dalla presenza costante dell’educatore e sentirsi utili per la comunità.

Com’è avvenuta l’evoluzione verso la Dispensa Restore?

L’anno scorso siamo entrati in contatto con Foria Srl, un’azienda che si occupa tra le altre cose di analisi microbiologiche sugli alimenti, grazie alla mediazione e al sostegno del Comune. Questa impresa, per necessità di lavoro, si trova spesso con delle eccedenze alimentari, che vorrebbe valorizzare. Da parte nostra, abbiamo fatto un ragionamento: con il nostro impegno in Dispensa sociale aiutiamo le organizzazioni che si occupano di dare un sostegno agli indigenti, che fortunatamente sono molte sul territorio. Chi resta fuori da questo sistema di solidarietà, però sono le famiglie, magari monoreddito, che fanno fatica ad arrivare a fine mese.

E come intendete raggiungere queste famiglie?

Passeremo da una distribuzione che potremmo definire “all’ingrosso” a una distribuzione al dettaglio, in un vero e proprio punto vendita, in cui i cittadini – chi ha bisogno, ma anche chi è più sensibile al tema dello spreco alimentare – possono entrare e prendere ciò di cui hanno bisogno, senza pagare.

Ci potrebbe essere qualcuno che prende più di ciò di cui ha bisogno.

Si e in questo modo non lotteremmo contro gli sprechi, che verrebbero solo spostati in casa invece che nella distribuzione. Per questo motivo ci sarà un’educatrice, che, tra le altre cose, sensibilizzerà i clienti, su questo e sulla bontà dei cibi, anche se non sono bellissimi o se è passata da qualche giorno la data indicata dal “Consumare preferibilmente entro”. Il compito di questa figura professionale, poi, sarà anche far conoscere il servizio nei quartieri limitrofi, che non sono particolarmente ricchi.

Ma a lavorare alla Dispensa Restore non ci sarà solo l’educatrice.

No. Ci saranno anche due utenti della cooperativa Namastè, che faranno i magazzinieri e i commessi. La Dispensa Restore sarà per loro un’isola formativa, dove impareranno il lavoro in negozio e il rapporto con i clienti. A seconda delle esigenze, potranno restare dai tre ai sei mesi. Poi, se il tirocinio andrà a buon fine, andranno in un altro esercizio commerciale vicino, per apprendere anche la gestione dei pagamenti e della cassa. In seguito, vorremmo, grazie alla collaborazione con Foria Srl, far assumere queste persone nella Gdo (Grande distribuzione organizzata, ndr), all’interno delle categorie protette. Ma, su questo, dobbiamo ancora prendere degli accordi formali.

Come scegliete le persone da inserire in questo percorso formativo?

Come cooperativa Namasté già facciamo inserimenti lavorativi e, in generale, c’è domanda da parte delle aziende; collaboriamo anche con altre cooperative del territorio su questo. In realtà, quando siamo partiti pensavamo solo alla disabilità in senso stretto, ora però nelle Dispensa Sociale le storie di vita possono essere le più varie. Per esempio, c’è una signora che ha fatto un incidente molto grave e che ora, dopo essersi ristabilita, vuole ricominciare a lavorare. Andiamo al di là delle etichette, c’è un bel miscuglio, che funziona meglio rispetto a un ambiente settoriale.

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