Non profit

A Barberi i conti non tornano da 5 anni

I miracoli del volontariato, lo scandalo della Protezione civile. Ecco i numeri che nessuno ha mai scritto.

di Riccardo Bonacina

Che il responsabile attuale della Protezione civile, il professor Barberi (61 anni), fosse diverso dagli altri tecnici dei disastri, e, a suo modo, persona davvero eccezionale lo si capì fin dal lontano febbraio 1992, quando coordinò gli interventi per deviare la lava che dalla bocca dell’Etna scendeva verso Zafferana Etnea. I marines Usa, l’esercito italiano, i pompieri, e molti altri, eseguivano; lui, il vulcanologo, comandava. Lui non aspettava il disastro, lo combatteva sul campo. Riuscì l’esperimento? Nessuno lo seppe mai chiaramente: gli oscurantisti riconobbero nell’arrestarsi della lava la mano della provvidenza. I laici ringraziarono la buona sorte. Gli illuministi invece diedero il merito a lui, al professore, che aveva osato sfidare il vulcano con la sola forza della ragione. Nessuno comunque potè scordare il suo grido di gioia, pervenuto a valle tramite un ponte radio e andato in onda su tutte le tv del mondo: «È straordinario, si sta gonfiando come un soufflé, ecco sta tracimando», né fu possibile cancellare l’immagine da divo dei kolossal del professore, con su l’elmetto da pompiere, che coordinava le operazioni sotto il nevischio, col fiume di lava fumante che alle sue spalle incombeva.
Fu chiaro fin da allora che la Protezione civile del nuovo corso, l’avrebbe guidata lui. Allora nessuno, invece, poteva pensare che quella sedia non l’avrebbe più lasciata. A lui dopo l’Etna bastò punzecchiare a suon di polemiche (quelle che oggi non sopporta) il Dipartimento finché nel 1995, il 9 marzo, scattò la nomina: Franco Barberi, l’insigne vulcanologo di fama internazionale, diventò sottosegretario alla Protezione civile. Addio professionisti del dopo, ora arriva il Professor Prevenzione. Ma pur possedendo un alto profilo tecnico, Franco Barberi si dimostrò subito diverso dai tecnici a cui si era abituati quelli che guardano l’orizzonte attraverso la lente d’ingrandimento. No: lui usava il cannocchiale. Il terremoto, la lava, i fiumi di fango, le masse di profughi, qualsiasi Apocalisse vista da lontano col binocolo al professore appariva chiara, risolvibile, se non altro deviabile, come la lava dell’Etna. I suoi piani sono sempre perfetti sulla carta.
Quello che si è man mano scoperto è che Barberi usa il binocolo anche per vedere a un metro da sé. I collaboratori stretti da lui scelti, i suoi capi missione (Simonelli), i suoi responsabili del volontariato (Bernardi), appena c’è un guaio pare non riconoscerli più, dice addirittura di averli raramente frequentati. Gioco forza la realtà gli si annebbia di fronte e gli riesce incomprensibile. Fu così che il Professor Prima di fronte alla prima scossa in Umbria e Marche, parlando alle tv, azzardava una previsione: «Non si prevede che ci possa essere nessuna scossa che raggiunga l’energia della prima». Poco dopo un’altra scossa più forte della prima faceva crollare la volta della basilica superiore di Assisi. Il sottosegretario, per cui non esiste mai la dimensione del “Dopo” dichiarava: «Io l’avevo previsto». Salvo poi constatare che a Nocera Umbra l’intervento della Protezione civile si era rivelato un fallimento. «A volte scattano» si scusava Barberi il 29 settembre ‘97, «meccanismi strani, non ci sono morti e allora ecco, si ha la sensazione che tutto sia a posto». Altro tema, il freddo. «La neve non è come il terremoto», dichiarava «possiamo prevederla. Quando arriverà tutti dovranno stare al coperto. E i posti ci saranno, questo lo giuro». Quando la neve cadeva davvero sui terremotati il sottosegretario si giustificava così: «Chi poteva prevedere un inverno così anticipato?». Inutile prendersela e ricordargli che 10 mila persone stanno trascorrendo il terzo inverno in improbabili seppur costosissimi container……di fronte al caos Barberi oppone indefesso l’orizzonte del suo cannocchiale: io ho previsto tutto con esattezza, sembra affermare, «se poi la realtà è imprecisa, se poi i miei più stretti e fidati collaboratori mi tradiscono io che ci posso fare?».
Fu così a Sarno quando la Protezione civile da lui guidata approntò il primo centro operativo solo due giorni dopo che il 5 maggio ‘98 un milione di metri cubi di fango si erano riversati sul paese facendo 48 vittime. A causa dei ritardi le vittime salirono a 161. Ma il generoso e instancabile Professor Prima ebbe buon gioco, nell’Italia giacobina, a gettare la croce addosso agli speculatori edilizi e a chi avava abusato del territorio. Cosa volete che gli importasse di un dossier di Legambiente che in 40 pagine ricordava che toccava proprio alla Protezione civile monitorare il territorio e i guasti che si stavano producendo. Per il Professor Prevenzione non esiste il dopo e quindi la dimensione delle proprie personali responsabilità. Gioco forza che da cinque anni continui a proclamare la propria innocenza e il proprio sdegno di fronte alle sue stesse colpe. Così è andata anche per l’emergenza profughi in Albania e Kosovo, Barberi non ha rinunciato al binocolo. Prepara i suoi piani, sulla carta. Non ha tempo di consultare il generale Angioni, Commissario capo della Commissione mista governativa per tutte le operazioni in Albania. A lui basta l’architetto Simonelli: il mandato è assoluto, accogliere il maggior numero di profughi e trattarli bene. Senza badare a spese. Le spese, i rendiconti, le fatture appartengono alla dimensione del dopo. Per questo a Barberi i conti non tornano mai, e men che meno quelli d’Albania.
Ma tant’è. Chi scrive ha voluto precisare ai giornali che il tanto citato “Gruppo Masise” da cui sono stati espulsi due volontari per aver testimoniato davanti ai magistrati non era un’associazione di volontariato ma il gruppo di volontari di Protezione civile dei Comuni di Mara Calagonis, Sinnai, Settimo San Pietro (dalle cui sillabe iniziali il nome MaSiSe) alle dirette dipendenze di un uomo di fiducia di Barberi, Bernardi che ha firmato la lettera di espulsione, e quindi alle dipendende ultime del Professor Prevenzione. Una precisazione dovuta e ben soppesata perché non vorremmo che la dimensione del dopo ricadesse ora, grazie a Barberi sull’associazionismo italiano. Non ci aspettavamo che il Professore si assumesse tale responsabilità. Quando mai le ha assunte? Ci aspettavamo però che almeno stesse zitto. Invece no, ha voluto dettare qualche insulto alle agenzie.
Ma che volete dire a un uomo che a Repubblica del 30 gennaio scorso ha così risposto alla domanda se non avesse mai pensato di dimettersi: «Ci avevo pensato. Ma poi ho capito che a subire un danno irreparabile sarebbe stata proprio la Protezione civile».

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