America Latina

A 50 anni da Allende, qui i militari comandano ancora

L'11 settembre del 1973, il presidente socialista democraticamente eletto del Cile, preferiva la morte all'esilio mentre il colpo di stato del generale Augusto Pinochet instaurava una feroce dittatura che sarebbe durata 17 anni. Oggi i militari nel Latino America continuano a contare moltissimo e, in alcuni casi, a garantire la sopravvivenza di regimi autoritari quando non vere e proprie dittature: come a Cuba, nel Salvador, in Nicaragua e in Venezuela

di Paolo Manzo

11/09/73, gli ultimi attimi di vita di Salvatore Allende, nel Palazzo de La Moneda, assaltato dai golpisti di Pinochet

Domani si celebrano i 50 anni del golpe che l’11 settembre 1973 destituì il presidente Salvador Allende ma il Cile rimane diviso in due. Lo dimostra un recentessecondo il quale oggi il 36% dei cileni dà un giudizio positivo della dittatura di Pinochet. Ma lo dimostra anche lo Stadio Nazionale di Santiago, usato dalla polizia segreta per «sopprimere i sovversivi» e ancora là al suo posto. Da quello stadio scomparvero centinaia di cileni poi uccisi. Alcuni furono massacrati nei tunnel e sugli spalti ma della maggior parte non si seppe più nulla. Tra loro anche due reporter statunitensi la cui tragica fine venne narrata da Costantin Costa-Gavras nel film Missing, oggi da rivedere. In tutto furono più di 40mila le vittime di Pinochet e 3.200 tra morti e desaparecidos.

Il paradosso Pinochet

Il paradosso fu che Allende aveva scelto Pinochet il 24 agosto 1973. Dopo neanche tre settimane il suo «generale più fedele» fece bombardare la Moneda. Allende si tolse la vita. A parte parole di fuoco di circostanza, l’Urss non mosse un dito, a differenza di Fidel Castro. Allende rifiutò però l’aiuto cubano e Pinochet ebbe gioco facile a fare il golpe che avrebbe cambiato la storia di molte nazioni che vedevano nel Cile un modello possibile. Una terza via socialista con un focus maggiore sulle fasce più deboli della popolazione.

Cambiò anche la storia dell’Italia. Per rendersene conto è sufficiente andarsi a rileggere quanto scritto da Enrico Berlinguer sul settimanale Rinascita il 28 settembre 1973. Sotto il titolo Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, «il golpe di Pinochet», scriveva Berlinguer, dimostrava chiaramente come fosse «del tutto illusorio» pensare che la sinistra potesse governare con il 51 per cento dei voti. Allende nel 1970 aveva vinto per una manciata di voti, nasceva così la necessità del «compromesso storico». 

Insomma la «lezione cilena» fece capire a Berlinguer che l’unico modo per arrivare al governo era l’alleanza del Pci «con le forze popolari d’ispirazione cattolica». Ovvero con la Dc di Moro. Il golpe cileno con annesso bombardamento della Moneda teletrasmesso in mondovisione scosse il mondo e diede un potere enorme ai militari. Oggi in Cile, dove è tornata a governare la sinistra con Gabriel Boric, non lo hanno più ma ci sono altri paesi dove sono imprescindibili.

Credits di Matteo Riva

Cuba, militari e comunisti

Il primo è Cuba, ennesimo caso di eterogenesi dei fini e dove da quasi 64 anni esiste un solo partito, quello comunista. Salito al potere con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della popolazione, oggi riesce a mantenere il controllo solo grazie alla repressione. E ad una élite militare che è tutt’uno con quella politica.

Oggi il direttore dell’Intelligence e del Controspionaggio dei Servizi di Sicurezza dello Stato della Repubblica di Cuba che comanda anche il Consiglio Nazionale di Difesa e Sicurezza, è Alejandro Castro, il figlio di Raúl Castro, che controlla anche quello degli Interni. Inoltre Gaesa, il gruppo statale d’impresa che si intasca l’80% del Pil cubano e da cui si deve passare per fare business all’Avana, è controllato al 100% da militari. E che le forze repressive siano fondamentali perché sia mantenuto lo status quo politico, lo si è visto l’11 luglio del 2021. Quel giorno migliaia di persone scesero in strada per chiedere pane e libertà e come risposta ottennero solo migliaia di arresti. Da allora la migrazione via Nicaragua (dove ai cubani non è richiesto alcun visto) o verso altri paesi, è esplosa, superando ampiamente il record dell’esodo di Mariel, nel 1980.  

La dittutura di Maduro

Al secondo posto come importanza dei militari c’è il Venezuela, dove i principali ministeri sono controllati da generali o da alti gradi delle forze armate. Dopo il siluramento con relativa scomparsa dell’ex poderoso Tareck El Aissami, a fine marzo il presidente de facto Nicolás Maduro ha nominato nuovo ministro del Potere Popolare per il Petrolio il colonnello Pedro Rafael Tellechea Ruíz, già presidente della statale Petróleos de Venezuela, la Pdvsa. Oggi il governo di Maduro è composto per il 43% da militari, con sei ministri alti esponenti dell’Esercito, tre della Marina, tre della Guardia Nazionale Bolivariana e due dell’Aeronautica. «È un’egemonia militare e l’ultima riorganizzazione», spiega Daniel Varnagy dell’Università Simón Bolívar del Venezuela «è una rotazione di potere tra i gruppi economici dominanti, per garantire la continuità del regime».

Nicaragua, c’era una volta la Rivolucion

Il terzo paese latinoamericano dove i militari sono imprescindibili per conservare «l’ordine costituito» è il Nicaragua. Dal suo ritorno al potere nel 2007, Daniel Ortega ha promosso 34 membri dell’esercito a generale di brigata. 19 di loro (su 20) sono sotto l’autorità del generale dell’esercito Julio Cesar Aviles. Tra questi spiccano due, il capo di stato maggiore, Bayardo Rodríguez, e l’ispettore generale, Marvin Corrales. Con Aviles sono loro il fulcro repressivo della dittatura di Ortega.

El Salvador, conflitto infinito

Il quarto paese è El Salvador, dove grazie all’appoggio di esercito e polizia, il presidente Nayib Bukele ha imposto dal marzo dello scorso anno uno stato di eccezione per combattere le «maras», le gang del paese centroamericano, ma anche per accentrare il suo potere. Da allora Bukele ha fatto arrestare oltre 70mila presunti criminali, almeno 139 dei quali morti in prigione come denunciato dalle ong Cristosal, trasformando El Salvador nello stato con la maggiore percentuale di popolazione carceraria al mondo. 

Gli altri due paesi latinoamericani dove i militari hanno molta importanza sono il Messico e la Colombia, dove condizionano fortemente gli equilibri politici interni e sono spesso accusati di collusione con i cartelli della droga.  

Foto in apertura, LaPresse.

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