Welfare
Inail, la riforma toglie tutele ai lavoratori
Con l’applicazione della recente riforma del danno differenziale l'ente previdenziale sarà autorizzato a riscuotere somme "a qualsiasi titolo e indistintamente" pur di recuperare la somma pagata all'infortunato. Risultato: a perderci saranno i lavoratori. A guadagnarci: datori di lavoro, assicurazioni e lo stesso Isituto nazionale
La legge di Stabilità cambia – in peggio – la vita di chi ha subito un incidente sul lavoro. Nel testo approvato a fine anno infatti è stato cambiato il meccanismo attraverso il quale l'Inail si rivale sui responsabili di un incidente sul lavoro (o sulle assicurazioni): da quest'anno l'ente previdenziale sarà autorizzato a riscuotere somme "a qualsiasi titolo e indistintamente" pur di recuperare la somma pagata all'infortunato. Significa che, pur di recuperare quanto erogato, Inail potrà pretendere anche cifre che non ha mai versato, come quelle relative ai danni morali. Il risultato? La vittima dell'infortunio potrebbe non riscuotere mai quel denaro. Una norma che secondo diversi esperti è incostituzionale: il danno alla salute infatti è tutelato in più punti della nostra Carta.
I cambiamenti della legge
L’art. 1, comma 1126, legge 145/2018 ha modificato gli artt. 10 e 11 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124 (testo unico sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro).
I commi 6, 7, 8 dell’art. 10 T.U. sono stati così modificati:
a) non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo complessivamente calcolato per i pregiudizi oggetto di indennizzo, non ascende a somma maggiore dell'indennità che a qualsiasi titolo ed indistintamente, per effetto del presente decreto, è liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto» (comma 6);
b) «quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti e per le somme liquidate complessivamente ed a qualunque titolo a norma dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38» (comma 7);
c) «agli effetti dei precedenti commi sesto e settimo l'indennità d'infortunio è rappresentata dal valore capitale della rendita complessivamente liquidata, calcolato in base alle tabelle di cui all'art. 39 nonché da ogni altra indennità erogata a qualsiasi titolo» (comma 8).
Analizziamo gli effetti concreti di questa modifica partendo da due casi già decisi con sentenza (in allegato):
- I° caso: Sentenza n. 108/2018 del Tribunale di Varese: una lavoratrice in data 9.2.2005, all’età di anni 46, viene investita in azienda da un muletto in manovra riportando gravi lesioni.
L’INAIL riconosce una rendita periodica di sedici punti percentuali. La consulenza tecnica d’ufficio riconosce 14/15 punti di danno biologico permanente, un’inabilità temporanea di giorni 20 al 75%, giorni 60 al 50% e giorni 90 al 25%. Il Giudice del Lavoro quantifica il danno subito dalla lavoratrice in euro 46.425,00 secondo le tabelle del danno biologico del Tribunale di Milano.
Dall’importo così indicato, il Giudice detrae euro 25.196,18 somma che corrisponde alla sola la quota di danno biologico della rendita Inail rappresentata dai ratei di rendita incassati e dalla capitalizzazione della rendita percepita dalla lavoratrice.
Il datore di lavoro viene, quindi, condannato a pagare l’importo di euro 21.228,82, oltre interessi e spese legali a favore della vittima dell’investimento. - II° caso: Sentenza n. 66/2014 del Tribunale di Varese: un lavoratore subisce un grave danno alla colonna vertebrale a causa del ribaltamento di un autocarro all’interno di una cava di estrazione di materiale inerte.
Anche in questo caso è stata liquidata una rendita periodica e la consulenza tecnica ha riconosciuto 22,5 punti di invalidità e la temporanea in giorni 45 al 75%, giorni 60 al 50%, giorni 90 al 25%. Sulla base delle tabelle milanesi, il risarcimento spettante al lavoratore è stato quantificato in euro 93.679,50.
Il Giudice nel calcolo ha detratto l’importo capitalizzato per la rendita, per la sola voce del danno biologico, pari ad euro 43.199,45, ed ha condannato, quindi, l’azienda al pagamento di euro 59.384,31 quale danno differenziale.
Come si vede dal prospetto INAIL (in allegato), con l’applicazione della recente riforma, il lavoratore non avrebbe avuto diritto ad alcun risarcimento perché il totale del valore capitale della rendita di euro 115.490,44, avrebbe superato il danno civilistico.
Conseguentemente, è praticamente impossibile, con l’applicazione della nuova norma che mischia le diverse voci di danno, che residui un benché minimo importo al lavoratore. In pratica, il legislatore è come se avesse stabilito l’abrogazione del danno differenziale: cioè, quanto indennizzato da INAIL copre integralmente il danno e non può più essere chiesto alcun ulteriore importo né in sede civile, né in sede penale.
Questo a chi giova: ai datori di lavoro a cui non sarà più chiesto alcun danno, alle compagnie di assicurazione private che pagheranno importi minori pur avendo incassato premi su un rischio diverso, e l’INAIL che, in caso di surroga o regresso, va ad incassare anche le somme originariamente spettanti al lavoratore.
Un altro aspetto non di facile interpretazione, è capire se la riforma si applichi solo a partire dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero, si applichi anche ai casi pendenti.
Sebbene qualcuno ritenga che valga anche per i casi pendenti, vi sono già sentenze di merito di segno opposto (cfr. sentenza Tribunale di Como n. 54/2019).
I problemi di incostituzionalità
La nuova disciplina determina una commistione tra danno alla persona e danno patrimoniale che proprio la legislazione INAIL del 2000 (ispirata ai dettami della Corte Costituzionale sul danno alla persona) aveva consentito di ben delineare.
Il concetto di unitarietà del complessivo risarcimento dovuto, riporta in evidenza la violazione di un principio di intangibilità del danno biologico (o lesione del bene salute di valenza costituzionale) nonché del danno non patrimoniale di natura morale.
Come hanno già osservato autorevoli giuristi, la ratio della legge è reperire le risorse per ridurre i premi assicurativi, ed i premi assicurativi vengono ridotti per favorire – si afferma – la competitività delle imprese.
Ciò che appare confermato rispetto a quella che era stata la prima impressione (e, purtroppo, il primo timore) è che “questo obiettivo viene scaricato, di fatto, sulle spalle della vittima dell’infortunio. Alla fine dei giochi è solo questa che vede annullarsi il risarcimento dovutole in caso di infortunio”.
Ed ancora, mentre in passato il lavoratore infortunato poteva pretendere dal responsabile il ristoro di tutti i danni effettivamente patiti, ma non indennizzati dall’Inail (danno biologico temporaneo, danno morale, personalizzazione, danno patrimoniale diverso dall’incapacità lavorativa), oggi i crediti per tutti questi danni verranno ad annullarsi per effetto del meccanismo dello scorporo integrale, sopra descritto.
Come scrive il giurista Marco Rossetti, l’effetto pratico della novella, sarà questo: «che l’Inail avrà regresso nei confronti del datore di lavoro anche con pregiudizio del credito del lavoratore per il risarcimento di danni che non hanno formato oggetto di copertura assicurativa. Ma questa possibilità venne ritenuta già due volte costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale (Corte cost., 6 giugno 1989, n. 319, in Foro it., 1989, I, 2695, e Corte cost., 18 luglio 1991, n. 356, in Assicurazioni, 1991, II, 2, 109)”. La ragione, infatti, per la quale la Consulta dichiarò costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli articoli 2, 32 e 38 Cost., prima l’articolo 28 legge 24 dicembre 1969 n. 990, e poi l’articolo 1916 Cc, fu l’impossibilità di comprimere il diritto al risarcimento d’un danno da lesione d’un diritto fondamentale, non altrimenti risarcito. E poiché l’Inail continua a non assicurare il danno morale, la personalizzazione del danno biologico, il danno biologico temporaneo, non pare conforme a Costituzione ammettere che il diritto della vittima al risarcimento di tali pregiudizi possa essere sacrificato per effetto dell’esercizio del diritto di regresso da parte dell’Inail nei confronti del datore di lavoro».
*Mauro Dalla Chiesa è avvocato e consulente legale Anmil
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