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Kiron, la prima università on line per profughi in Germania
«Ogni individuo sulla terra è in grado di apportare benefici alla società in cui vive quando gli viene data l'opportunità di farlo». È questa la filosofia cui si sono ispirati i fondatori. L’obiettivo è facilitare l’integrazione sul mercato del lavoro e nel tessuto sociale
«Ogni individuo sulla terra è in grado di apportare benefici alla società in cui vive quando gli viene data l'opportunità di farlo». È questa la filosofia cui si sono ispirati i fondatori di KironUniversity, dal nome del personaggio di Chirone, che nella mitologia greca era considerato il più saggio e benevolo di tutti i centauri. La prima università on line per profughi nasce in Germania, il paese europeo che si prepara ad accogliere circa 750 mila rifugiati entro il 2015. Il cancelliere Angela Merkel in un'intervista ha dichiarato che le ondate di migranti verso l'Europa "preoccupano di più rispetto alla questione della Grecia e della stabilità dell'euro”.
Così mentre parte della popolazione, si dice ormai intollerante nei confronti del”problema rifugiato”, tanto da organizzare numerose marce di protesta, da nord a sud, un gruppo di studenti di Berlino ha deciso di offrire, dalla fine di ottobre 2015, corsi on line a chi costretto dalla guerra a sospendere gli studi intrapresi nel paese di origine, non vuole abbandonare il progetto di ottenere un titolo accademico. Il diploma rilasciato dalla Kiron sarebbe riconosciuto a livello internazionale, assicurano i suoi fondatori. E questo senza bisogno di pagare una retta o di fornire tutta la documentazione richiesta. Per iscriversi, gli studenti avranno bisogno solo di un documento che attesti il loro status di rifugiato o che almeno testimoni che è stata presentata la richiesta.
Come spiega Markus Kressler, tra i fondatori di Kiron, i profughi sono nella maggioranza dei casi persone motivate che hanno raggiunto l’Europa per costruirsi un futuro. Invece sono condannati a vivere nell'incertezza per uno, due o anche più anni, aspettando di ottenere i permessi e poter ricominciare. Lo sa bene Odai Al Hashmi, un siriano fuggito in Germania nel 2013 e cofondatore di Kiron.
L’obiettivo della nuova istituzione è quello quindi di facilitare l’integrazione dei nuovi arrivati tanto sul mercato del lavoro che nel più ampio tessuto sociale del paese che li ospita. Il programma di studi è della durata di tre anni e coprirà cinque aree specifiche: economia, ingegneria, architettura, informatica e studi interculturali. Settore che in Germania, secondo i fondatori di Kiron, si prevede dovranno affrontare in futuro un’enorme carenza di lavoratori qualificati.
Agli studenti che riusciranno ad arrivare al terzo anno, sarà consentito di trasferirsi in una delle università partner di Kiron, per concludere i loro studi nel campus come studenti “regolari”. Ed è solo a quel punto che saranno tenuti a presentare tutti i documenti richiesti. Finora, più di venti università, anche al di fuori della Germania tra cui le statunitensi Harvard, Stanford e Yale, si sono impegnate ad accettare gli studenti della Kiron quando sarà il momento.
Senza voler togliere nulla al valore sociale dell’iniziativa, i fondatori della Kiron sembrano aver ben appreso la teoria manageriale del win to win, dove a vincere, sono tutti i partecipanti al “gioco”. In questo caso, l’economia tedesca, i rifugiati e le università locali che a causa del calo degli iscritti, rischiano di perdere i finanziamenti delle autorità locali.
Che ne pensa la Merkel di un’università on line per profughi sul suolo tedesco? I fondatori rivelano di non essere interessati ai finanziamenti statali per troppa burocrazia. Invece hanno preferito lanciare una campagna di crowfunding nella speranza di raggiungere gli 1,2 milioni di euro necessari a garantire la laurea ai primi mille richiedenti asilo. Finora sono stati raccolti più di 146mila euro, sufficienti per 122 borse di studio. Ma sono già 150.000 i profughi, per lo più proveniente dalla Siria, che hanno presentato domanda di iscrizione alla Kiron University. Tra questi c’è Fatuma Musa, una giovane ragazza somala di 25 anni. “A casa ero un assistente sociale. Un anno fa mi sono trasferita in Germania. Da allora giro il paese per incontrare i rifugiati e motivarli ad integrarsi nella nuova società, a capirne la cultura, a non lasciarsi andare perché si sentono abbandonati. Voglio iscrivermi alla Kiron per tornare a fare il mio lavoro”.
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