Cultura
A Milano va in scena il cibo Halal
Il 23 ottobre una conferenza su iniziativa di Link2007 con la DG Cooperazione allo sviluppo e Assaif, sulla possibilità di scegliere il “proprio” cibo, secondo opzioni culturali e religiose autonome
di Nino Sergi
Il diritto al cibo per ogni essere umano è il primo fondamentale messaggio di Expo 2015. Un diritto che riguarda la quantità ma anche la qualità del cibo e il suo valore sociale e culturale, la sostenibilità dei processi produttivi, l’accesso alla terra e alle risorse idriche, la tutela del territorio e la preservazione dell’ambiente, la lotta agli sprechi. La Carta di Milano, che rappresenta una delle eredità di Expo 2015 e gli Obiettivi 2030 per uno sviluppo sostenibile adottati dall’ONU esplicitano in modo inequivocabile tali principi e pratiche.
Anche la possibilità di scegliere il “proprio” cibo, secondo opzioni culturali e religiose autonome, è riconosciuta dalla dottrina come appartenente alla sfera dei diritti individuali della persona.
Il cibo islamico (halal = preparato secondo i dettami islamici; tayyeb = con criteri bio) riguarda circa un quinto della popolazione mondiale e può rappresentare un elemento unificante sotto l’aspetto alimentare, sociale ed economico: “un confine che non divide”. La conferenza intende evidenziarlo, anche per contribuire a cogliere le positività e l’interesse del rapporto con i paesi musulmani e a rafforzare la cultura del dialogo e della cooperazione.
La produzione di cibo halal/tayyeb, certificato dagli organismi competenti, è anche un elemento essenziale per una filiera di approvvigionamento globale che sia sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Il mercato halal equivale a circa il 18% del mercato globale e vale (2013) US$ 1,3 trilioni. È una delle industrie emergenti nel mercato internazionale, con tassi di crescita importanti. Quasi il 10% di tale mercato si situa all’interno dei paesi europei, coinvolgendo sia consumatori musulmani che non musulmani, compresa l’Italia con una fetta che sta raggiungendo il 5% del mercato europeo. In molte città sono ben visibili le macellerie e i negozi alimentari halal. In Francia, Germania e Regno Unito più del 30% dei consumatori di prodotti halal non è di fede islamica.
Vi sono grandi opportunità per le aziende alimentari italiane lungo tutta la filiera: (i) nello sviluppo di tecnologie e nella logistica; (ii) nella declinazione in chiave halal dei giacimenti gastronomici italiani, unici al mondo, la cui domanda è crescente ma rimane ancora non soddisfatta; (iii) nella macellazione. Basti pensare che oggigiorno sette paesi non-musulmani sono tra i primi 10 esportatori di carni halal verso il Golfo: Brasile, Australia, USA, Francia, Nuova Zelanda, Olanda e Germania.
D’altro canto, ci troviamo talvolta di fronte ad atteggiamenti e movimenti politici xenofobi che stanno prendendo spazio nei paesi europei rispetto all’islam e alle comunità islamiche, basati perlopiù sull’ignoranza e la paura e sull’errato abbinamento di identità entiche e religiose con bellicosi fanatismi e entità terroristiche. Per organizzazioni come quelle aggregate in “LINK 2007 – Cooperazione in rete”, che intervengono anche in paesi a prevalenza musulmana con programmi di cooperazione basati su partnership fruttuose, è un imperativo favorire occasioni di conoscenza e di dialogo, evidenziando valori e interessi comuni sia nelle nostre società, in Italia e in Europea, che nei rapporti internazionali. È la via che porta alla convivenza, all’integrazione, alla cooperazione, alla realizzazione di partenariati per uno sviluppo comune e a reciproco vantaggio, alla pace.
Anche la recente legge sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, approvata dal Parlamento italiano nel 2014 in modo quasi unanime, indica che l’azione italiana “contribuisce alla promozione della pace e della giustizia e mira a promuovere relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui principi di interdipendenza e partenariato ”.
La presenza musulmana in Italia è pari a circa 1,5 milioni di persone. Nel continente europeo, dall’Atlantico agli Urali, i musulmani sono 56 milioni, di cui 15 milioni nell’Unione europea (quasi 5 milioni in Francia, 4 milioni in Germania, 3 milioni nel Regno Unito). Nel mondo sono circa 1,6 miliardi, più di un quinto della popolazione mondiale (circa un miliardo in Asia, 240 milioni nell’Africa sub-sahariana, 320 milioni nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente). Come è possibile continuare a non conoscere una realtà così diffusa e che fa ormai parte delle nostre realtà nazionali?
La conferenza sul cibo halal intende situarsi pienamente in questa finalità culturale, di maggiore conoscenza e integrazione, di dialogo e cooperazione con paesi e culture differenti, a reciproco vantaggio, senza dimenticare le opportunità per l’economia italiana e per il settore alimentare e agro-industriale in particolare. L’interesse che tali opportunità suscitano, sia in termini di cooperazione che di sviluppo economico-commerciale è uno dei principali fattori che favoriscono il superamento di pregiudizi e paure e un approccio culturale sano, di collaborazione e di dialogo.
Occuparsi del cibo halal può rappresentare un contributo all’inclusione sociale in Italia e in Europa, alla mutua conoscenza e comprensione, al dialogo interculturale, alla cooperazione per lo sviluppo particolarmente in paesi a maggioranza musulmana, alla costruzione di partenariati internazionali e di business in quei mercati islamici che desiderano ampliare il prodotto di qualità italiano.
Qui tutte le info della conferenza
Nino Sergi è presidente emerito di Intersos
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