Volontariato

De Rita: Silvio? Una foto dell’Italia asimmetrica

E' l'analisi del presidente del Censis Giuseppe de Rita, formulata durante la presentazione al Cnel del 35esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2001

di Paolo Manzo

Silvio Berlusconi? E’ il tipico esempio dell’Italia ”asimmetrica”, alle prese con nuove alleanze, certezze e forme di partecipazione, emersa dalle ceneri della Prima Repubblica e inserita oggi in uno scenario completamente mutato dopo lo ”shock” globale imposto al mondo occidentale dal terrorismo fondamentalista islamico con gli attentati dell’11 settembre.

E’ l’analisi del presidente del Censis Giuseppe de Rita, formulata durante la presentazione al Cnel del 35esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2001. ”Il mio non è un giudizio politico sul premier -precisa De Rita- ma una constatazione di chi osserva la Storia”.

”Basta ripercorrere la storia di Berlusconi per capire in che senso intendo dire quanto sia ‘asimmetrico’ -aggiunge- Quando faceva il ‘palazzinaro’ ha creato una struttura originale come ‘Milano 2’.

Poi è entrato nel mondo del calcio e ha costretto la Juventus di Boniperti a rinunciare alla sua egemonia. Ha fatto il suo ingresso nel mondo dei media e ha ridimensionato senza troppi complimenti il monopolio radiotelevisivo pubblico. Alla fine è sceso in politica e anche in questo campo ha ‘spiazzato’ gli avversari, costringendo quelli che erano fino a poco prima nemici a fare alleanze ed alleandosi lui stesso con quelli che erano considerati nemici”.

“Qualcuno direbbe che l’asimmetria è immorale” ha suggerito con un sorriso de Rita, conversando con i giornalisti. ”In realtà, direi che oggi è e basta: è un tratto del Paese”.

Ma il presidente del Censis è andato anche oltre con la sua analisi. Secondo de Rita infatti ”tutta l’instabilità politico-istituzionale vissuta dal Paese deriva dall’asimmetria introdotta nella classe dirigente dall’attuale presidente del Consiglio. Perché gli altri non lo capiscono? Perché vengono da una cultura di storiche contrapposizioni e lotte di classe e sono stati costretti a cambiare approccio culturale”.

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