Mondo

Lanciata per il 2002: “Liberiamo la pace”

L'edizione 2002 dell'azione internazionale "Anch'io a Bukavu" avrà luogo a Kisangani, lo ha annunciato don Albino Bizzotto dei Beati Costruttori di Pace

di Redazione

L’edizione 2002 dell’azione internazionale di pace “Anch’io a Bukavu” avrà luogo a Kisangani (Provincia orientale) perché è questa la città simbolo delle sofferenze e delle privazioni delle quali è vittima la popolazione della Repubblica democratica del Congo (Rdc). L’iniziativa, come confermato questa mattina durante la presentazione ufficiale tenuta presso la Sala stampa di Montecitorio – riferisce l’agenzia Misna – , si intitolerà “Liberons la paix” (Liberiamo la pace) e si svolgerà dal 4 e al 7 aprile 2002 articolandosi in appuntamenti culturali e politici. Sarà inoltre preceduta, ha dichiarato Eugenio Melandri responsabile di Chiama l’Africa e direttore del periodico “Solidarietà internazionale”, da un incontro internazionale dedicato all’Africa e in programma dal 22 al 24 febbraio ad Ancona. Tra le motivazioni che hanno portato a ripetere a Kisangani l’esperienza compiuta la scorsa primavera a Butembo (Nord Kivu, est dell’Rdc), ha spiegato don Albino Bizzotto di “Beati i costruttori di pace”, vi è la volontà di “tenere i fari accesi sui più poveri”. È inoltre necessario, ha aggiunto don Bizzotto, promuovere la pace e l’instaurazione di uno Stato di diritto nell’ex Zaire. Nell’Rdc la “guerra la fa da padrona” nonostante la popolazione abbia una profonda coscienza civica e politica. “Kisangani è diventata una città simbolo del travaglio della popolazione congolese” ha poi ribadito François Jean d’Othée, Coordinatore europeo della “Concertation Chrétienne pour l’Afrique Centrale/Great Lakes Advocacy Network”, dopo che due eserciti stranieri si sono scontrati tra di loro facendo morire circa mille civili congolesi. Per quanto riguarda l’approccio europeo al dramma congolese, si registrano dei netti miglioramenti anche grazie ai gruppi di pressione sempre più attivi nei vari Paesi dell’Unione. Una tappa importante, ha rimarcato d’Othée, è stato il varo di una dichiarazione congiunta di 12 europarlamentari eletti in quattro diversi Paesi: Belgio, Francia, Gran Bretagna, e Paesi Bassi. Nel documento si sono impegnati in favore della promozione dei Grandi laghi e chiesto all’Ue, fra l’altro, di realizzare un approccio veramente comunitario alle problematiche della subregione africana. Hanno poi chiesto che l’area non venga in alcun modo trascurata, nonostante i fatti dell’11 settembre scorso abbiano spostato altrove l’attenzione mondiale. La priorità rimane comunque la pace, ha quindi affermato il missionario comboniano padre Renato Kizito Sesana. In proposito ha portato ad esempio i generi di prima necessità distribuiti in Sudan a partire dal 1989 attraverso un’operazione internazionale. Si tratta di una forma di aiuto che “costa un milione di dollari al giorno” senza con questo produrre miglioramenti a lungo termine. Ciò dimostra, ha aggiunto padre Kizito, come non vi possa essere sviluppo senza la pace. Il vero aiuto, ha continuato il missionario, è quello di affiancarsi nel cammino delle nazioni collaborando con le iniziative locali, ad esempio per superare le pastoie burocratiche che possono portarle al fallimento. La cooperazione con le nazioni subsahariane è in effetti anche un problema di priorità, ha concordato l’ex ambasciatore italiano in Uganda, Luigi Napolitano. Il diplomatico ha plaudito alle iniziative come “Anch’io a Bukavu” e “Liberons la paix” proprio perché in grado di ridare il giusto ordine agli interventi da effettuare in favore dei Paesi più poveri o travagliati da conflitti. La necessità di partecipare in modo nonviolento ma fattivo al cammino verso la giustizia e la pace è in effetti alla base dell’adesione all’iniziativa di Kisangani da parte dell’Associazione guide e scout cattolici italiani (Agesci) e di Pax Christi, rappresentati alla conferenza stampa da Gigi Ontanetti e don Gianni Novelli. Esprime inoltre, come concluso da Melandri, la necessità da parte dei cittadini del mondo di riprendere in mano la politica e operare come una vera “diplomazia dal basso”.


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