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Turchia, l’odissea di centinaia di profughi: sopravvissuti al naufragio, respinti e ora trattenuti

Succede ad Adana, in un centro in cui per la prima volta vengono trattenute intere famiglie di rifugiati, che avevano tentato invano nei giorni scorsi la traversata verso la Grecia, perdendo tragicamente in mare 15 connazionali: ora stanno arrivando video, foto e telefonate agli attivisti italiani che denunciano una situazione sempre più drammatica, con l'arresto, tra l'altro, dei promotori delle proteste pacifiche. "Intervenga subito l'Onu, vediamo qui le loro macchine", chiedono i profughi a gran voce

di Daniele Biella

Prima il naufragio in mare davanti agli occhi della guardia costiera turca, in cui hanno perso la vita almeno 15 profughi, siriani (e testimoni, ripresi anche dalla stampa internazionale, parlano addirittura di spari verso il barcone prima del naufragio, per disincentivare il viaggio verso la Grecia). Poi la stessa autorità che riporta indietro i superstiti, in Turchia, fino alla città di Adana, dove li tiene in stato di fermo da 5 giorni. Pochi minuti fa, la notizia, confermata con il video che trovate poco più sotto, dell’arresto di uno dei promotori delle manifestazioni pacifiche – compresa una preghiera congiunta tra cristiani e musulmani presenti – in atto da quando i rifugiati sono detenuti.


“Si tratta di un signore di mezz’età che viene prelevato dalle forze dell’ordine e condotto altrove”, specifica l’attivista per i diritti umani Nawal Soufi, alla quale arrivano da giorni le chiamate d’allarme, le immagini e i video degli stessi superstiti al naufragio. “Tutt’attorno, le altre decine di siriani, comprese le donne e i bambini, che gridano ‘UN, UN’, la sigla della Nazioni Unite, dato che vedono sul luogo delle macchine con quella scritta. Macchine da cui secondo i loro racconti sono scese delle persone che però non sono intervenute per fermare l’arresto”, specifica Soufi. Fonti affidabili segnalano che il personale dell'Unhcr stia chiedendo proprio in queste ore, per ora senza successo, l'autorizzazione alle autorità turche per entrare nel campo.

La situazione è molto tesa e i rifugiati, dopo essere fuggiti dalla guerra in Siria, vogliono tutt’altro che rimanere in Turchia: come decine di migliaia di altri connazionali, stanno cercando la fuga in Europa per iniziare una nuova vita. “Sanno i loro diritti: hanno esposto cartelli (vedi foto, ndr) con la scritta in arabo ‘Noi siamo rifugiati e non criminali. Nessuno può toglierci la libertà’”, sottolinea Soufi, “oltre ad aver trascritto l’intero articolo 33 della Convenzione di Ginevra”, che riguarda il divieto d’espulsione per i profughi. “Spero che preso si pronunci sulla situazione l’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, per sbloccare tale situazione insostenibile. Tra le varie segnalazioni, ci sono arrivate anche foto di prodotti scaduti consegnati ai detenuti che hanno fatto stare male più bambini, e quella di un grosso scorpione che sono riusciti a schiacciare appena in tempo”.

Nota: nella foto di apertura un momento della preghiera collettiva dei rifugiati, avvenuta poco tempo prima che uno dei promotori venisse portato via dalle forze dell'ordine

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