Non profit

Seattle? In provincia di Porto Alegre

Parla Tarso Genro, il mitico sindaco della città brasiliana, vero palcoscenico no global.

di Carlotta Jesi

Fisicamente, Tarso Genro è una delusione. Niente baffoni da vichingo e pugno chiuso che brandisce il cielo alla Josè Bové. Niente ghigno beffardo alla Casarini. Niente aria da maestrino dell?antiglobalizzazione alla Susan George. Contro le multinazionali e lo squilibrio fra Nord e Sud del mondo, lui si scaglia in camicia azzurra e pullover a girocollo. E, preferibilmente, senza violenza. Le più grandi bordate contro un sistema che antepone gli interessi dell?economia a quelli delle persone, questo 54 enne brasiliano le ha tirate nelle aule dei tribunali difendendo i diritti dei lavoratori. O nei comizi del Pt, il Partito dei lavoratori per il quale, il 31 ottobre 2000, è stato rieletto sindaco di Porto Alegre, capitale dello stato brasiliano del Rio Grande do Soul, sede del World social forum e, soprattutto, prova vivente che un mondo diverso è possibile. Già, perché a dispetto del look e dei modi pacati, Tarso Genro governa la città più no global che esista. Fondata su una democrazia partecipata in cui sono i cittadini a decidere come spendere il denaro pubblico e premiata dalle Nazioni unite per miglior qualità della vita, del rispetto dei diritti umani, del traffico e perfino dei rifiuti urbani. Un capolavoro di sviluppo sociale, politico ed economico cui, a due anni dal vertice di Seattle, guardano tutte le anime della società civile. Vita: In molti sostengono che esportare il modello di Porto Alegre potrebbe essere il primo passo per creare una globalizzazione partecipata. È d?accordo? Tarso Genro: Penso che una globalizzazione positiva sia possibile solo se viene fondata su un nuovo ordine internazionale in cui anche i diritti democratici sono globalizzati e i rapporti fra le nazioni sono regolati dal principio della cooperazione. Vita: Come quella che, dopo l?11 settembre, molti Paesi hanno dimostrato appoggiando la lotta americana al terrorismo? Genro: No. La risposta degli Stati Uniti al terrorismo in realtà si basa sugli stessi principi che dichiara di combattere, e cioè ammazzare, in generale, per ottenere un fine politico o militare. La strada da seguire per costruire un nuovo ordine mondiale è un?altra: radicalizzare la fratellanza, la tolleranza e il diritto. Dobbiamo creare un mondo in cui anche i poveri possano inserirsi nel processo di globalizzazione in una forma non subordinata. Vita: È lo slogan lanciato dal World social forum di Porto Alegre a gennaio 2001. Da allora ci sono stati progressi importanti. Al vertice del Wto di Doha, per esempio, i Paesi poveri guidati dal Brasile hanno vinto la battaglia sui brevetti farmaceutici. Che sia giunto il momento, per l?Occidente, di andare a lezione di democrazia dai Paesi in via di sviluppo? Genro: Il mio Paese è senza dubbio un palcoscenico di esperienza democratica. Dove si può imparare a liberare la politica dalle leggi di bronzo dell?economica che degradano gli uomini e fanno diventare scettici sulla possibilità che esista un futuro di uguaglianza fra le persone. Vita: Il presidente della Repubblica del Brasile, Fernando Henrique Cardoso, si è spinto un po? più in là. In una recente intervista rilasciata al settimanale francese l?Express International, ha dichiarato che «il Brasile è un esempio per l?avvenire dell?umanità». Che ne pensa? Genro: Che, quando è all?estero, il presidente Cardoso fa discorsi moderni e democratici a uso e consumo dei Paesi stranieri. Ma sono solo discorsi di facciata: in realtà, impone una politica economica conservatrice con risultati drammatici per le fasce più deboli della popolazione. Il modello di sviluppo subordinato che ha adottato in Brasile ha fatto sì che il Paese diventasse schiavo dell?instabilità dei mercati e portato milioni di cittadini a una condizione di miseria assoluta. Vita: Qual è, allora, la lezione che Porto Alegre può dare al resto del mondo? Genro: Semplice: la solidarietà non nasce spontaneamente dalle leggi dell?economia, né dall?integrazione finanziaria, né dai calcoli dei capi di Stato. Nasce solo dal desiderio di uguaglianza trasformata in progetto politico e democratico. Vita: Tra due mesi si terrà nella sua città il secondo Forum sociale mondiale. Cosa si aspetta da questo summit e quali sono le prossime sfide per la società civile? Genro: Spero che il Social Forum contribuisca a porre le basi di una riforma radicale delle relazioni Stato-società. Il nostro obiettivo è reinventare una politica oggi sottomessa alle logiche del capitale finanziario. Quanto alla prossima sfida della società civile, non ho dubbi: iniziare un processo di riforma dello Stato.


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