Mondo
Cara America, non sbagliare nemico
Dopo l11 settembre. Il caso della Somalia. In seguito agli attentati gli operatori umanitari sono stati evacuati, facendo un gran regalo ai terroristi. di Pierangelo Ferrari
di Redazione
La Somalia è nel mirino degli Stati Uniti d?America. Lo Stato africano, a parte i conti in sospeso con gli Usa (l?operazione Restore Hope è stata un fallimento) sembra essere uno degli obiettivi della lotta al terrorismo. Nel mirino, dunque, anche se non come l?Afghanistan, anche perché sarebbe difficile stabilire a chi fare la guerra. Ma questa certezza, riportata alcuni giorni fa dal Washington Post, sembra essere in contraddizione con ciò che sta accadendo nel Corno d?Africa. Dall?11 settembre, tutti gli operatori umanitari occidentali sono stati evacuati,compresi gli italiani. Delle scorse settimane, invece, è la decisione della Ue di far tornare tutte le ong straniere. Sembra esserci una contraddizione.
La Somalia, in quanto tale, non è un Paese a rischio e non può temere nulla da questa ventata di terrorismo internazionale, anzi, è un Paese dove qualsiasi terrorista islamico amerebbe rifugiarsi. E non vi è dubbio che vi si nascondano. Il caos è il vero governo. A Mogadiscio i fondamentalisti hanno preso il sopravvento su qualsiasi visione ?umanizzante? della religione islamica. Mogadiscio, infatti, è governata da regole che sfuggono a ogni regola del diritto, almeno così come lo concepiamo noi occidentali.
La Somalia è un mercato libero, un duty-free a cielo aperto dove tutto funziona benissimo, i collegamenti telefonici sono efficienti, chiunque voglia ricevere denaro o mandarlo, lo può fare in tranquillità e in tempi rapidi. Mandare denaro o riceverlo, da Mogadisco a Londra o viceversa, è come chiedere alla propria banca di Milano di fare un bonifico a Torino, né più né meno, con la differenza che in Somalia la valuta è immediata.
Esiste un pericolo: nel caos organizzato ci si nasconde meglio. I cooperanti occidentali, anche per questo, sono stati ?invitati? a lasciare il Paese. Ora possono rientrare, con tutte le cautele del caso. Ma cosa in realtà è in gioco? I progetti di sviluppo. Molte ong italiane lo lamentano. «In Somalia», spiega Cinzia Giudici, presidente del Cosv, «si è cominciato a fare progetti di sviluppo. Si inizia a lasciare alle spalle l?emergenza, ma questo stand by rischia di far regredire il lavoro. Fuori da Mogadiscio c?è tanta gente che sta creando entità territoriali che superano la divisione in clan del Paese». Davide Martina, responsabile dei progetti di Coopi per l?Africa dell?Est, dice che fuori Mogadiscio i progetti funzionano al 50 per cento. «L?ospedale psichiatrico di Berbera, in Somaliland», spiega Martina, «gestito da noi e dal Grt, riaprirà a gennaio, ma i malati, tranne quelli più gravi, sono tornati nelle loro case». Ci sono voluti anni per rendere un ospedale psichiatrico tale: prima era una vera prigione dove i malati, rifiutati dalla comunità, erano legati come animali. Il Grt, ong milanese, ha fatto un lavoro straordinario che ora rischia di essere vanificato. I progetti che stanno soffrendo di più sono quelli sanitari, agricoli e della diffusione della acqua potabile.
L?Unione europea ha detto che si può rientrare, anche se gradualmente e solo, per ora, con il personale essenziale. I voli umanitari sono ripresi. Ciò significa che vi è la volontà, valutati i rischi, di far proseguire i progetti a favore della popolazione. Altra, invece, è la situazione di Mogadiscio, terra dei fondamentalisti. Qui non c?è scampo. Eppure, questa vicenda deve insegnare. Fermare i progetti ha un solo significato: rendere il terreno fertile ai fondamentalisti. «Se gli unici che aiutano la popolazione in certe zone sono i fondamentalisti», spiega la Giudici, «si capisce perché la gente accetta le loro regole». O è così o si muore.
La Somalia, se si vuole, è affascinate nei suoi tormenti. E se le autorità occidentali hanno deciso che si può rientrare, o sono pazze oppure il rischio è commisurato a quello che qui si vive dall?epoca della guerra civile. Gli americani, forse, vogliono riparare a qualche errore che brucia ancora nei corridoi del Pentagono.
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