Cultura

È scoccata l’ora dei presidi sceriffo?

Per mesi li hanno chiamati Presidi Sindaco, Manager, Presidi Sceriffo. La Buona Scuola ha puntato su di loro. Ora il ministro ha annunciato di essere riuscito a garantire anche l'esonero dall'insegnamento per un loro vicario. Ma cosa fanno davvero i dirigenti scolastici? Abbiamo chiesto a loro di raccontarci la loro estate di lavoro, alle prese con le novità della riforma. Sulle stelle, giudicate voi.

di Sara De Carli

«Mi preoccupa tantissimo la questione degli esoneri dall’insegnamento in aula per i nostri collaboratori: la legge di stabilità li ha aboliti in vista dell’organico dell’autonomia previsto dalla legge, che però non entrerà in vigore subito. Questo è un problema, perché il preside da solo non ce la può fare»: così ci diceva Antonio Fini, dirigente dell’Istituto Comprensivo di Arcola-Ameglia, in provincia di La Spezia, dieci plessi, 1.050 alunni dai 3 ai 14 anni, 140 insegnanti. La stessa preoccupazione veniva da Irene Baldriga, dirigente del liceo Virgilio di Roma, 1.400 studenti e cinque indirizzi di studio.

Ieri sera il Ministro Giannini ha annunciato che il nodo dell'esonero dall'insegnamento per i vicari dei dirigenti scolastici è stato risolto. «Si tratta di una buona notizia che accompagna l'avvio ufficiale del nuovo anno scolastico – ha detto – d'accordo con il Ministero dell'Economia consentiremo di confermare l'esonero dall'insegnamento a un vicario per attività di supporto ai dirigenti scolastici alle scuole che lo avevano lo scorso anno».

Ma è tanto importante per un dirigente avere un vicario? E ancora prima: cosa fa effettivamente un dirigente scolastico? Pochi lo sanno. Eppure l’osservazione empirica è sufficiente per dire che spesso sono proprio i dirigenti a fare la differenza tra una scuola inerziale e una scuola vitale. Basta mettere il naso dentro le scuole d’Italia per capire che il dirigente gioca davvero un ruolo enorme nel definire il grado di qualità e innovatività della scuola. La Buona Scuola – ora più correttamente legge 107/2015 – ha puntato su di loro, dandogli più poteri, nella convinzione che per realizzare davvero l’autonomia e non lasciare che essa resti (come è stato per quindici anni) quasi solo sulla carta, ci vuole una persona che possa fare delle scelte, assumendosene la responsabilità. Li hanno chiamati Presidi Sindaco, Manager, Presidi Sceriffo… Noi bbiamo chiesto a cinque dirigenti di raccontarci la loro estate di lavoro, alle prese con tutte le novità di una riforma entrata in vigore solo il 16 luglio, con davanti la necessità di avere altri 24 provvedimenti amministrativi per diventare operativa. Qui ne riproponiamo uno. Sulla stella da sceriffo, giudicate voi.

Lorenzo Caputo, Bollate (MI)

Luglio. Il silenzio delle aule vuote dell’ITCS Primo Levi di Bollate fa una certa impressione. Solitamente questi corridoi brulicano di 1.300 studenti: quattro indirizzi (due liceali e due tecnici), 60 classi. L’alternanza qui si fa già, anche nei licei. All’autovalutazione i docenti sono abituati da almeno quindici anni. Tutti i docenti, ad esempio, hanno alcune ore sul liceo e altre sui tecnici, cosa che aumenta l’abitudine allo scambio di buone prassi. Il «capitano della nave», per sua definizione, è Lorenzo Caputo: 57 anni, per trent’anni insegnante di educazione fisica, è dirigente dal 2007.

Come è iniziata oggi la sua giornata di lavoro?

Con la contestazione per una boccatura di un ragazzo di terza. Io non credo che la buona scuola sia quella che boccia, no, la buona scuola è quella che forma, che tira fuori il meglio dello studente, però se la scuola è un luogo formativo ha anche il diritto di dire che un ragazzo non ha fatto tutto quello che poteva fare. Il problema è che si è incrinato il rapporto di fiducia tra le famiglie e la scuola, molti genitori trattano la scuola come un supermercato dove prendere ciò che serve. L’altra questione che devo affrontare oggi è che ho alunni originari del Nord Africa o dell’Est Europa che vanno in vacanza dai nonni e le famiglie mi hanno avvisato che tornano il 10 settembre: la prima settimana però ci sono gli esami di riparazione e non c’è alcuna normativa che consenta di spostarli… Cosa faccio? Faccio perdere l’anno ai ragazzi?

Suona il telefono…

L’Università di Bologna ha fatto uno studio, dice che un dirigente scolastico non riesce seguire lo stesso argomento per più di 5 minuti consecutivi, perché è continuamente sollecitato da input e richieste. È un lavoro ad alto tasso di stress, lo sa che in Lombardia una trentina di nuovi dirigenti ha mollato il colpo dopo il primo anno? L’amministrazione si fa domande? Forse nessuno li ha aiutati. Alcuni di noi sono talmente stanchi o stressati che effettivamente era rischioso affidare a una sola persona tanti poteri, come faceva una prima versione della legge… Certo, di contro, questa smussatura pone dei limiti alla possibilità di una gestione più snella.

Lei quanto prende?

C’è sul sito, 2.500 euro netti, la metà di altri dirigenti della Pubblica Amministrazione, che hanno molte meno responsabilità di me.

Andrà in ferie o con la riforma, che a metà luglio ha cambiato le regole del gioco per il prossimo anno scolastico, la obbligherà a un lavoro extra?

Sto partendo per una settimana ma temo di dover rientrare. Ieri è arrivata una circolare che ci chiedeva di rivedere alcuni aspetti organizzativi in base alla nuova legge e di farlo entro domani: due giorni. Certo, è un problema che la legge sia arrivata così a ridosso dell’avvio del nuovo anno scolastico: gli uffici scolastici regionali ci chiedono risposte al massimo entro la stessa settimana, ma io in questo periodo ho il personale in vacanza.

Che problemi vede nella traduzione pratica della legge?

Tutte queste misure devono essere tradotte in circolari applicative e norme di funzionamento. A mio giudizio l’organico dell’autonomia è facilmente assimilabile nei compresivi, ma nella secondarie è più complicato perché c’è una specificità delle discipline. Ho perplessità anche sulla chiamata diretta: se io ho tre posti e si presentano in trecento, come faccio a gestirli? È un lavoro che una singola scuola non può affrontare.

Siamo partiti facendo una riflessione sulla funzione educativa della scuola…

Ed è rimasta appesa là. Succede così anche nella realtà, la scuola è uno tsunami organizzativo che ti trasfigura: parti animato dalle migliori intenzioni, poi le incombenze ti risucchiano.

Come se ne esce? Perché si sente che lei si appassiona quando parla dei ragazzi.

Devi avere la capacità di costruire un team e questo è un aspetto davvero interessante della Buona scuola. Lo stesso l’esperienza del Rapporto di Autovalutazione che stiamo chiudendo, è stata l’occasione di un confronto utile con alcuni docenti che hanno più attenzione gli aspetti valutativi. Molte famiglie contestano la mancanza di coerenza nella valutazione, fanno i confronti fra compagni, però se tu ti metti dinanzi alla persona per quello che è, se la tua attenzione è per il futuro di quella persona e non per i suoi voti, allora devi ammettere che ci sono variabili che fanno sì che ogni situazione sia a se stante. È questo che mi appassiona del mio lavoro: le scuole sono corazzate, la macchina burocratica va avanti a prescindere dal dirigente, la sfida invece è quella di gestire il cambiamento, di dare una risposta adeguata alle esigenze formative delle giovani generazioni. Davvero pensiamo che la scuola sia ancora il luogo dove si passano i contenuti? Ma se i ragazzi apprendono fuori dalla scuola più di metà delle loro conoscenze! La scuola deve essere il luogo dove l’adulto dà un criterio di giudizio su quello che succede.

A questo punto diventa ancora più difficile la valutazione del merito degli insegnanti, no?

Non sono spaventato dalla valutazione in sé, il problema è che non è facile misurare il merito di un docente, perché non c’è solo la performace. Comunque, come ogni scuola avrò 11/12mila euro per premiare i docenti migliori, li individuerò e lo farò con piacere, perché sarà un momento di crescita per l’istituto.

Photo Getty Images

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