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Muore 15enne migrante. Save the children: “Migliaia di minori picchiati in Libia”
Il ragazzo, etiope, ha avuto un collasso cardiaco subito dopo essere stato salvato in mare dagli operatori di Medici senza frontiere. L'ong che tutela i bambini: "In aumento ed evidenti i segni dei maltrattamenti sui minorenni arrivati nelle ultime settimane"
di Redazione
“La terribile morte del ragazzo di 15 anni somalo che, secondo le prime testimonianze, sarebbe stato oggetto di violente percosse il Libia e costretto a lavorare pesantemente anche senza cibo e acqua, è la drammatica conferma della violenza efferata alla quale migliaia di minori soli vengono sottoposti ripetutamente nel corso dei loro viaggi e della permanenza in Libia,” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Dall’inizio dell’anno sono arrivati almeno 7.600 minori non accompagnati, in maggioranza eritrei, somali e di altri paesi dell’Africa sub-sahariana o occidentale, in condizioni quasi sempre critiche a causa delle violenze e degli abusi di ogni tipo subiti e assistiti. Nelle ultime settimane, stiamo constatando con maggiore frequenza nei minori non accompagnati che incontriamo nei porti di sbarco e nelle strutture di prima accoglienza, condizioni di particolare deprivazione fisica, con segni evidenti di malnutrizione, percosse e gravi ferite.”
Nel corso del viaggi dai paesi di origine, e poi in Libia, la necessità di reperire il denaro per la traversata verso l’Europa, espone i minori soli, a volte anche molto piccoli, di 11, 12 o 13 anni, ad ogni tipo di violenza, sfruttamento e abuso, come raccontano le testimonianze raccolte dagli operatori di Save the Children. A., 16, è partito dal Senegal, attraverso Mali, Burkina Faso e Niger, ha raggiunto la Libia, dove ha lavorato per 6 mesi: “Nei campi ero costretto a raccogliere per tutto il giorno una pianta spinosa che mi ha lasciato ferite ovunque nelle mani e nelle braccia. La notte eravamo rinchiusi e ci picchiavano perché non scappassimo, mi hanno picchiato così forte che mi hanno rotto un braccio.” Anche I.B., 16 anni, è del Senegal, e arrivato in Libia è stato subito arrestato e rinchiuso dove lo picchiavano bastonandogli i piedi due volte al giorno, e volevano un riscatto di 1000 dinari per liberarlo. M., 15 anni, del Gambia, lavorava in un magazzino in Libia, ma quando ha chiesto i soldi della paga gli hanno frantumato due dita con un martello, ed è dovuto scappare, come ha fatto anche D., 15 anni, della Costa d’Avorio, che faceva il muratore con orari massacranti ma non è stato mai pagato.
“E’ indispensabile innanzitutto tutto che questi minori vengano accolti, assistiti e protetti con la massima attenzione, e ricevano il supporto necessario per essere curati, ristabilirsi e superare i gravi traumi subiti per mesi o anni durante il loro terribile viaggio. Ma è altrettanto urgente che l’Europa attivi al più presto, ed espanda ulteriormente, il programma di re-insediamento, per consentire, in particolare ai più vulnerabili tra i profughi in fuga da guerre e violenze, di raggiungere i paesi di destinazione senza essere costretti a consegnarsi nelle mani di trafficanti e sfruttatori capaci di ogni efferatezza”, conclude Milano.
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