Welfare

Moda: nasce l’etichetta contro il lavoro minorile

Nasce in Nuova Zelanda l’etichetta etica che garantisce quali sono i marchi che non utilizzano manodopera minorile. Eppure, secondo l’ Organizzazione Internazionale del Lavoro, questo non è abbastanza

di Ottavia Spaggiari

Sono 168 milioni i bambini vittime del lavoro minorile, un vero e proprio cappio che ruba l’infanzia e impedisce a tutti loro di raggiungere il proprio potenziale, di costruirsi una vita dignitosa e lo sviluppo fisico e mentale.

Una piaga tentacolare che colpisce minori in tutto il mondo e in tutti gli ambiti della catena di produzione, dalle coltivazioni di cotone in Uzbekistan, ai mulini in India, alle concerie, alle fabbriche in Bangladesh e che, in un’economia globalizzata è difficilissimo combattere. Fortunatamente però, c’è chi non si da per vinto, come Child Labor Free, una fondazione neozelandese che ha introdotto un sistema di etichette che punta a certificare gli abiti prodotti senza l’utilizzo di manodopera infantile.

I marchi che vogliono la certificazione, devono dare informazioni sulla manifattura dei capi, i materiali utilizzati, i fornitori e, alla fine, dare prove evidenti che, durante tutta la catena di produzione non vengono coinvolti minori. Il materiale è poi esaminato dalla società di consulenza Ernst & Young, che può anche raccomandare delle ispezioni sul campo a sorpresa, dove ritenuto necessario.

L’etichetta per ora è in fase pilota con 5 marchi neozelandesi che hanno fatto richiesta della certificazione. “Abbiamo iniziato a chiederci da dove venivano questi prodotti, come sono stati creati, chi le ha fatte e non siamo riusciti a trovare una risposta a questa domanda…volevamo creare uno strumento per i consumatori e i marchi per assicurare un dialogo trasparente e dei risultati migliori per i bambini.”

Eppure c’è chi rimane scettico sull’efficacia delle ispezioni, come Simon Steyne del Programma Internazionale per l’Eliminazione del Lavoro Minorile dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: “Il modo migliore per offrire garanzie contro il lavoro minorile è una presenza di sindacati indipendenti sul luogo di lavoro e un contratto collettivo.

Secondo il Guardian, nel 2011, il business delle ispezioni etiche ammontava a 80 milioni di dollari all’anno e non è comunque riuscito a impedire la tragedia del Rana Plaza o dell’Ali Enterprises a Karachi, in Pakistan, che prima di essere colpito dall’incendio del 2012 dove sono morte 254 persone e altre 55 sono rimaste ferite aveva ottenuto il certificato SA8000 dalla Social Accountability International.

Foto: ASIF HASSAN/AFP/Getty Images

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