Volontariato

Moro: «Gassman ha ragione. Ma il Comune mantiene la responsabilità»

Il sociologo politico e delle organizzazioni Giovanni Moro, docente all’Università di Roma Tre, parla della campagna lanciata dell'attore: «Sono iniziative, queste di volontariato civico, meritorie ma che rischiano di scaricare responsabilità dagli anti locali ai cittadini. Come evidenzia il sostegno del sindaco Marino»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Daremmo un esempio di civiltà a chi ci governa ed a chi ci insulta, ne saremmo fieri ed obbligheremmo l'amministrazione a reagire. Roma è nostra io da settembre, appena in città, proporrò al mio condominio di dividerci i compiti, e scendo in strada, voglio vederla pulita. Diffondete questa iniziativa, fatelo anche voi, basta lamentarsi, basta insulti, Facciamo!». È questo il tweet postato da Alessandro Gassman con cui ha lanciato la campagna #Romasonoio con cui ha invitato tutti i romani a prendersi cura della città. Una proposta che ha riscosso un grande successo e ha fato molto discutere. Ne abbiamo parlato con Giovanni Moro, sociologo politico e delle organizzazioni e docente all'Università di Roma Tre.


Non è una novità. Già a Milano, lanciata dal sindaco Pisapia, una campagna simile aveva fatto un grande successo. Cosa pensa del grande seguito che hanno queste iniziative di volontariato civico?
Diciamo che non c'è nulla di particolarmente nuovo. In tutto il mondo una delle forme di attivismo civico, sia degli individui che delle organizzazioni, è quella di fare operazioni come queste. Uno degli esempi più evidenti, noti ma non discussi, è quella di “Puliamo il Mondo” di Legambiente. Stiamo parlando di qualcosa che esiste. Poi possiamo dire che è giusto o sbagliato, ma c'è. Di fronte all'inefficienza pubblica i cittadini reagiscono con pratiche di cittadinanza di interesse generale. È un dato di fatto che c'è in tutto il mondo

Eppure ogni volta si scatena il dibattito…
La discussione che si è sviluppata è interessata perché ci dice dell'incertezza con cui si vivono queste situazioni. Penso che le due posizioni alternative, quella della privatizzazione e quella dello statalismo, siano entrambe sbagliate. Ma illustrano bene i rischi che ci sono.

Quali rischi?
Prima di tutto diciamo che è vero che in linea di principio dovrebbe essere il pubblico ad occuparsi di certe questioni, che sono appunto di natura pubblica. Ma è anche vero che lo Stato è sempre più in difficoltà su certi temi, e l'intervento di privati può essere utile e positivo. Perché poi si dovrebbe vivere in una città sporca se c'è un'alternativa?

Ma dove sta la parte rischiosa?
Che la sussidiarietà non si capisce bene se sia una partnership tra enti pubblici e sociali per raggiungere risultati migliori oppure un modo per scaricare responsabilità. Quella che viene chiamata sussidiarietà strumentale. È un rischio. Per sgombrare il campo da questo dubbio bisogna sempre chiarire che le istituzioni continuano ad avere la responsabilità. Vedere Marino che sostiene con forza l'iniziativa di Gassman è grottesco. Sarebbe il caso di mettere i puntini sulle “i”. Marino rimane il responsabile.

Lei però ha parlato di rischi al plurale. C’è qualche altra questione da tenere presente?
Sì, un rischio connesso a quello precedente. E cioè che sulle materie urbane attività volontaristiche vengano considerate para amministrative. Quindi che il cittadino sostituisce i servizi del comune. Il problema è che queste mobilitazioni, se gli manca il senso di praticare la cittadinanza come responsabilità politica sulla vita della città rischiano di ridursi ad un servizio di spazzini di serie B. Il confine è molto labile. Rimane comunque importante valorizzare queste attività dando loro il giusto significato.

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