Mondo

Enrico Baj. L’Apocalisse non è solo un quadro…

Intervista ad uno degli artisti italiani più popolari e più conosciuti nel mondo. Negli anni 60 i suoi generali furono simboli della cultura antimilitarista e della non violenza.

di Giuseppe Frangi

Avrebbe mai immaginato Enrico Baj di organizzare la più grande e importante mostra della sua vita, proprio mentre nel mondo si fa sempre più forte la voce dei generali? I Generali si chiamava la serie di opere che alla fine degli anni 50 lo consacrò all?attenzione del mondo artistico. Una serie aspra, distruttiva di ogni mentalità militaristica, giocosa e insieme aspramente drammatica. Baj, come un giullare, si divertì in un?infinità di varianti di quei quadri che, nell?Italia di dieci anni dopo, sarebbero diventati i vessilli di tanti ribaltoni sociali e di tante rivolte giovanili. Passati quarant?anni, la sfida si è fatta molto più difficile. I Generali hanno lasciato sul campo quel tanto di grottesco che aveva permesso a Baj di costruirne delle caricature fulminanti e si presentano davanti alle telecamere come personaggi eleganti e civili, saggi e persuasivi, gentili e a volte persino sorridenti. Una vittoria o una sconfitta per Baj? Lui, anarchico e contadino, non si nasconde: è una sconfitta. «La coscienza collettiva è addormentata dal benessere», spiega con il piglio battagliero e divertito di sempre. «Oggi si fa indigestione di bombe, senza percepirne il male, il dramma. Anzi le bombe sono diventate dei simboli del bene. Attraverso le bombe addirittura si portano avanti cause umanitarie. La realtà è scappata via dalle nostre coscienze». Vita: Anche la sua arte ha dovuto fare i conti con questo appiattimento? Enrico Baj: Certamente. Da oltre vent?anni sto realizzando un?opera che ho chiamato Apocalisse. La presento sempre montata in modo differente a seconda del luogo, con i nuovi pezzi che si aggiungono. Ma è il frutto della mia riflessione sulla nostra condizioni di uomini narcotizzati dal benessere che non abbiamo più percezione degli orrori che il modello di vita sta producendo. Vita: Lei come artista si chiama fuori? Baj: No. Ho sempre ammesso di non essere una verginella e di aver fatto anch?io le mie belle concessioni al mercato. Ma per il resto con le mie opere ho sempre cercato di seguire l?unico criterio che ritenessi sano: è la realtà che ci comanda. Vita: In che senso? Baj: Anche nel senso più banale dell?attualità. Nel passato io sono stato anche giornalista e quindi il rapporto con ciò che accade e ciò che ci circonda è sempre stato decisivo per la mia arte. Il rapporto con la realtà lo intendo nella dimensione più semplice e quotidiana: i fatti, i volti e le suggestioni che la realtà ci propone a ogni istante. è un rapporto molto cronachistico, non filtrato da filosofie, come potevano essere il naturalismo o il verismo. I fatti della vita sono determinanti per ogni vita. Vita: C?è un artista del secolo passato che è emblema di questo modo di guardare la realtà? Baj: Senz?altro il Picasso di Guernica. Da un fatto di cronaca a lui contemporaneo ha tratto un?opera che è il ritratto di un?epoca. Vita: Perché, Guernica dura ancora? Baj: Sì, Guernica ha inaugurato la stagione delle bombe, cattive o buone che vengano percepite. In questo senso ha mostrato il disastro a cui porta la ragione elevata a divinità intoccabile. è la ragione innalzata a fede cieca e quindi che si rovescia nel suo contrario: diventa irragionevole. è quel che vediamo ancor oggi, con tutto ciò che sta accadendo nel mondo. Il progresso tecnologico sotto l?apparenza di uno straordinario miglioramento delle condizione di vita di una fetta dell?umanità, nasconde in realtà minacce immense. Se si fosse ragionevoli le si guardarebbe in faccia. Ma poiché guardarle in faccia mette paura e costringe a conversioni di rotta radicali, l?uomo d?oggi preferisce rifugiarsi nella ragione irragionevole. Vita: In lei convivono due anime, quella giocosa e quella apocalittica. Non sono anime in conflitto? Baj: No. Perché io agisco secondo un istinto molto primitivo, che porta l?uomo a scovare gli strumenti per sopravvivere. Personalmente non ho mai accettato di entrare nel grande circo della civilità tecnologica: me ne sono sempre stato ai margini, rifugiandomi nella campagna vicino a Varese, perché il rapporto con le cose e i ritmi della natura è troppo importante per me. Vita: E a livello creativo, come convivono quelle due anime? Baj: Mi sento un po? un primitivo anche da quel punto di vista. Non nel senso idiota che va di moda oggi: dove l?uomo cerca rifugio nell?esotismo di facciata. Io cerco il tempo perduto, mio e della civiltà cui appartengo. Per questo in questi ultimi anni ho lavorato attorno al ciclo dei Guermantes di Proust. Il primitivo per me non è fuga da se stessi, non è solo visione naif. Vita: Ma nelle sue opere non prevale un senso apocalittico? Baj: Sì, io vivo in un permanente big bang, anche perché ritengo che il big bang si verifica in ogni rapporto d?amore. Sono diffidente nei confronti del design e dell?architettura perché tutto è stato largamente condizionato da quella definizione di Le Corbusier, ?maison, machine à abiter?, la casa come una macchina d?abitazione. Ecco, io sinceramente sono contro un mondo in cui si abita in delle ?macchine? e io non abito in una ?macchina?. Vita: E quali sono le forze che possono aiutare l?uomo a uscire dall?incubo di questa apocalisse? Baj: All?uomo non resta che la memoria. è vero che la memoria di un computer è molto più potente e capace di immagazzinare dati a tutti i livelli, sia a livello di quantità che a livello di profondità. Ma è anche vero che il computer è un tipo di intelligenza accumulativa, non propositiva. Ecco l?uomo deve far leva sulla capacità di memoria come capacità di selezione. Faccio sempre il paragone con il medico di una volta che palpava il paziente: c?era un rapporto fisico, che faceva leva su un concetto di memoria molto esperienziale. La memoria è fondamentale in quanto è unita a un?esperienza e a un potere critico, di scelta, di mantenimento di certi dati e di rifiuto di altri. è un?operazione che la macchina ubbidendo ai parametri per cui è concepita, non può fare. Vita: Insomma, contro l?astrazione dei computer, la memoria concreta dell?uomo? Baj: è così. L?uomo è ricco dei cinque sensi. Sono quelli che determinano anche la potenza della sua immaginazione. Quando guardo la mia mano, mi meraviglio della perfezione del pollice, senza del quale non potrei fare nulla, anche come pittore. Dobbiamo stupirci di queste potenzialità che abbiamo addosso, e allora anche l?immaginazione potrà rimettersi in moto. Vita: Perché, oggi l?immaginazione dell?uomo si è fermata? Baj: No, ma è un?immaginazione negativa. Dettata da un vento di guerra, di odio e di competizione continua. L?uomo nella condizione di benessere arriva a una paralisi della fantasia, così resta facilmente prigioniero di fantasmi distruttivi. Lo stato di bisogno invece suscita reazioni positive. Vita: A proposito di guerre, come si spiega il conflitto tra Occidente e Islam? Baj: Mi sono fatto un?idea molto semplice. Che l?Occidente abbia un conto aperto con l?Islam perché è rimasta l?ultima cultura a resistere all?americanizzazione. Hanno ceduto russi e cinesi; invece per i musulmani il peso della tradizione è ancora più forte rispetto all?attrazione del consumismo e del profitto. Questo non giustifica assolutamente il terrorismo, ma spiega le tensioni che di tanto in tanto esplodono. Vita: Ma la civilità occidentale non è superiore a quella islamica? Baj: Mi rifiuto di considerare la storia dell?arte come una corsa ciclistica, dove conta chi arriva primo o chi va più veloce. Per l?arte non vale il concetto di progresso che vale per la scienza. Io non so sinceramente dire se sia più grande un graffito di un uomo primitivo o il Giudizio di Michelangelo. Questa necessità di confrontare le civiltà e di farne la classifica mi sembra che risponda a una mentalità molto americana, in cui conta vincere. Invece, grazie al cielo, i percorsi sono molto più imprevedibili e sorprendenti. Vita: Poi lei è anche molto attratto dalla cultura africana? Baj: In questo secolo chi non lo è stato? Vita: Ma questo culto del primitivo non rischia di essere un po? antistorico? Baj: Lo è se si trasforma in esotismo. A me invece contagia forza e anche allegria. E, come artista, non chiedo altro.


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