Mondo

Operatori umanitari, un mestiere pericoloso

Nel 2014 ci sono stati meno attacchi contro gli operatori umanitari nel mondo, diminuiti del 30 per cento, ma rimane un anno record: 120 rimasti uccisi, 88 rapiti e 121 presi in ostaggio. L’Afghanistan il paese più pericoloso. A fare i conti Aidworkersecurity.org un progetto di Humanitarian Outcomes

di Donata Columbro

Nel 2014 gli attacchi contro gli operatori umanitari nel mondo sono diminuiti del 30 per cento. Ma i numeri rimangono altissimi: in 27 paesi sono 329 gli operatori coinvolti come vittime in episodi di violenza, sparatorie, sequestri, di cui 120 rimasti uccisi, 88 rapiti e 121 presi in ostaggio. Sono i dati dell’ultimo rapporto di Aidworkersecurity.org, un progetto di Humanitarian Outcomes, team di analisi e ricerca che dal 1997 raccoglie informazioni per monitorare lo stato della sicurezza dei lavoratori dell’umanitario nel mondo. Meno attacchi, ma cifre preoccupanti, rispetto al 2012, in linea con l’aumento dei migranti in fuga da violenze e conflitti.

Nel 2014 la maggior parte degli attacchi è avvenuta mentre gli operatori erano in viaggio, in strada, (28 per cento), o nelle sedi dei progetti come ospedali, scuole, villaggi, nel 16 per cento dei casi, in luoghi pubblici (12 per cento), mentre per un terzo delle violenze non si hanno informazioni di questo tipo.

Meno attacchi e meno vittime rispetto al 2013 sono una conseguenza dell’aumento delle misure di sicurezza da parte delle ong e delle agenzie dell’Onu, ma in molti casi anche una riduzione della propria presenza nelle zone più a rischio. Quindi meno aiuti e sostegno per la popolazione locale, che al tempo stesso è la prima vittima di violenze e attentati, Gli operatori locali subiscono il 90 per cento di tutti gli attacchi, a fronte di una scelta delle ong e delle agenzie di diminuire il personale internazionale.


L’Afghanistan rimane il paese più pericoloso, un paese che ha visto aumentare l’insicurezza dopo che gli Stati Uniti hanno lasciato il paese, nel 2011, con 54 attacchi e 127 operatori rimasti coinvolti. Seguono la Siria (dove prima del 2011 non c’erano mai stati attacchi contro gli operatori umanitari) e il Sud Sudan come paesi più pericolosi. E per la prima volta in lista c’è la Repubblica Centrafricana, con 27 operatori coinvolti in attacchi, la maggior parte personale locale, una presenza dovuta alla crisi politica del 2012, poi esplosa in conflitto nel 2013 e nel 2014.

Irin network e Humanitarian Outcome hanno sviluppato un progetto che raccoglie gli attacchi subiti dal personale umanitario e le singole storie in una mappa interattiva, dal 2000 a oggi, con un approfondimento sui conflitti che hanno causato più vittime. Dal 2003 a oggi nel Darfuf ci sono stati più di 200 attacchi contro operatori umanitari, e tra il 2006 e il 2007, con l’aumento delle attività terroristiche di Al Shabaab, la Somalia è diventato il paese con il più alto numero di attacchi, dopo il Sudan, in quindici anni.

La mappa interattiva è navigabile qui: Security Map

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