Famiglia

Le promesse di Silvio sotto i tacchi di Giulio

Aveva annunciato riforme fiscali e legislative per il non profit. Ora però i fatti disegnano un altro volto dell’esecutivo. Come nel caso della legge sull’immigrazione

di Gabriella Meroni

Addio anima sociale, vincono i tecnocrati. Potrebbe essere questo il titolo dei secondi cento giorni di questo governo, almeno analizzando uno dei provvedimenti più attesi messi a punto dall?esecutivo: la nuova legge sull?immigrazione. Presentata il 14 settembre, approdata in Senato per il primo esame giovedì scorso, la cosiddetta legge Bossi-Fini (dal nome dei due primi firmatari) appare a molti come un segnale inviato in una precisa direzione. Che non è quella preferita dal non profit, dai cattolici della maggioranza e anche dalle intenzioni annunciate dallo stesso Polo delle libertà. Così decine di organizzazioni, tra cui Caritas e Cei, ma anche la Conferenza Stato-Regioni e perfino l?università Ca? Foscari di Venezia, hanno inviato a Berlusconi appelli e petizioni affinché riesamini il testo, che già il cardinale Ruini a settembre definì «piuttosto restrittivo e fortemente discusso». Le critiche, tuttavia, non arrivano solo dalla società civile: venerdì 16 è stato un componente del governo, il sottosegretario agli Interni Carlo Taormina, a sparare a zero sul progetto di legge, definendolo «un clamoroso errore». Il Ccd non si sbilancia I punti più criticati, che modificano l?attuale legge 40/98 conosciuta come Turco-Napolitano, sono cinque. Si introduce un inscindibile abbraccio tra permesso di soggiorno e lavoro, per cui l?immigrato che perde l?occupazione deve lasciare il nostro Paese; si limitano di molto i ricongiungimenti familiari, restringendoli solo a coniugi, genitori e figli; si abolisce la figura dello sponsor; si aumentano gli ostacoli per i richiedenti asilo e, infine, si dilata fino a 60 giorni il periodo massimo di permanenza nei centri di detenzione temporanea. Insomma, ce n?è abbastanza per scatenare un diluvio di proteste, anzi di più: in molti infatti, come Edo Patriarca, presidente dell?Agesci e portavoce del Forum del Terzo settore, chiedono di azzerare completamente la legge. «È da buttare. Così com?è non risolve nulla, anzi aggrava i problemi», dice Patriarca, che per Agesci ha firmato, assieme a Focsiv, Acli, missionari Scalabriniani e associazione Nessun luogo è lontano, una petizione al governo perché ritiri il testo. «La sensazione è che una certa parte del governo, che fa capo a Lega e An, abbia voluto accontentare il proprio elettorato senza riguardo per il cittadino immigrato. Quello che mi dispiace, semmai», continua Patriarca, «è constatare il silenzio della componente cattolica dell?esecutivo, soprattutto di Ccd e Cdu, con cui erano in corso contatti per arrivare a modifiche sostanziali del provvedimento». In effetti, questa estate il presidente del Ccd Marco Follini aveva assicurato, anche dalle pagine di questo giornale, che si sarebbe opposto alla Bossi-Fini. E aveva usato argomenti simili a quelli del non profit. «Le norme sui ricongiungimenti familiari sono preclusive, la figura dello sponsor dovrebbe essere conservata», aveva dichiarato Follini non più tardi di settembre. E sull?equazione immigrato-disoccupato uguale clandestino-delinquente, aveva ribadito: «Siamo per diffondere una cultura dell?accoglienza». A due mesi di distanza, Follini sembra aver cambiato idea. Interpellato da Vita ha preferito, cortesemente ma fermamente, non prendere posizione: «Stiamo valutando se e quando presentare degli emendamenti», ha dichiarato. «Nessun testo che passi dal Parlamento è rigido, tutto è modificabile». Quanto al contenuto delle modifiche, nebbia fitta. «Non vorrei fare dichiarazioni programmatiche», ha concluso. «Devo ristudiare la materia, ne parleremo più avanti». Quale concertazione? L?impressione che il testo della nuova legge sull?immigrazione sia praticamente ?blindato? è forte. Non si spiegherebbe altrimenti il tono, insolitamente duro, usato dalla Caritas per criticare la normativa. «L?intera impostazione del disegno di legge proietta un?immagine strumentale dello straniero, ridotto a soggetto utile solo se e fino a quando produce ricchezza», dice il presidente, don Vittorio Nozza. «Questo ci preoccupa perché fa cadere l?esigenza di salvaguardare comunque il valore della persona umana, ancor più se si trova in situazioni di precarietà. Eppure il rispetto della persona umana è anche valore di riferimento della Carta costituzionale vigente». Un altro segnale è dato dal metodo con cui la legge è stata elaborata: in solitudine, senza interpellare la Consulta sull?immigrazione né aprire un tavolo di coordinamento con le organizzazioni che si occupano di immigrati. Un atteggiamento che ha irritato perfino i vescovi: «Sarebbe stato opportuno da parte del governo confrontarsi con chi lavora da anni con gli stranieri», sottolinea monsignor Luigi Petris di Migrantes, l?organismo Cei che si occupa di immigrazione. «Invece per compiacere aspettative elettorali si è andati contro la realtà e gli interessi del Paese. Spero che ci sia spazio per ottenere modifiche del testo», conclude Petris, «anche se è difficile trovare interlocutori in questo governo proprio perché sfugge al confronto diretto». Delusione per l?assenza di un valido interlocutore è espressa anche da Fabrizio Molina, presidente di Nessun luogo è lontano: «Spero che il governo ritrovi quell?anima sociale che aveva fatto intravedere all?inizio, o se non altro che le componenti più critiche al suo interno si facciano sentire». La visione liberale Carlo Taormina ci ha provato, esprimendo il suo dissenso nei confronti della Bossi Fini durante un convegno della San Vincenzo de? Paoli. «I centri di permanenza temporanea sono vere e proprie galere», ha tuonato il sottosegretario, che detiene la delega all?immigrazione. «Un assurdo esempio di disumanità. Il disegno di legge è un clamoroso errore che si limita a fotografare l?esistente, l?ennesimo rattoppo a problemi esplosivi, senza una chiara linea politica. Servirebbe invece più cooperazione con i Paesi fonte dei nuovi arrivi in Italia». Ma quali possibilità ha questa posizione di far breccia all?interno del partito di Taormina, Forza Italia? Per ora, l?opinione del sottosegretario incassa due sì, uno convinto, e uno con riserva. Quello con riserva è di Tiziana Maiolo, oggi assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, ieri componente della pattuglia garantista dei deputati azzurri. Per lei la Bossi Fini ha alcuni aspetti positivi. Se infatti da un lato «è giusto che la legge ridimensioni i ricongiungimenti familiari e lo sponsor, che hanno fatto lievitare il numero degli ingressi», la Maiolo riconosce che «oggi il mercato del lavoro è così flessibile che legare il permesso di soggiorno al mantenimento del posto è un invito a rifugiarsi nel lavoro nero». Quanto ai centri di detenzione temporanea, «sarebbe meglio chiuderli». Critica invece la posizione del vicepresidente della Camera Alfredo Biondi che, dopo aver definito i centri di permanenza una «forma di carcerazione preventiva mascherata», osserva: «Spesso norme che obbediscono a esigenze politiche, come limitare le immissioni di clandestini, danno luogo a rischi di ulteriori violazioni del diritto, come nel caso di quei centri. La visione liberale dovrebbe indurre a fare il contrario, cioè ad anteporre i principi generali all?utilità immediata».


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