Economia

Quei due nobel al fianco di Tsipras

Paul Krugman e Joseph Stiglitz, entrambi americani e premi nobel per l'economia, rispettivamente nel 2008 e nel 2001, non perdono occasione per schierarsi apertamente con la Grecia e con il suo governo. Ecco perché

di Lorenzo Maria Alvaro

«Non lasciatevi ingannare dalla presunzione che i dirigenti della troika siano soltanto dei tecnocrati che spiegano agli ignoranti greci cosa va fatto. Questi presunti tecnocrati sono in realtà dei fantasisti che hanno fatto scempio di tutto ciò che è dottrina in macroeconomia, e hanno preso ogni decisione nel modo piu’ erroneo possibile». Così spiegava l'affaire greco Paul Krugman, premio Nobel per l'Economia nel 2008, in un suo articolo del 29 giugno sul New York Times.

A fargli eco anche Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia nel 2001 che scrive: «…la vera natura della disputa sul debito greco è tra il potere e la democrazia molto più che tra il denaro e l’economia».


I due Nobel sono più o meno sulla stessa linea su tutto. A partire dalla ricetta europea per i mali greci. «È sorprendente che la troika abbia rifiutato di assumersi la responsabilità o ammesso quanto siano state pessime le sue previsioni e i modelli da essa adottati. Ma è ancora più sorprendente che i leader europei non abbiano ancora capito la lezione. La troika sta ancora chiedendo che che la Grecia realizzi un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) del 3,5% del PIL entro il 2018», sottolinea Stigliz. A cui fa eco Krugman: «La Troika ha utilizzato una sorta di metodo Corelone alla rovescia hanno fatto a Tsipras un’offerta che non poteva accettare».

La Troika ha utilizzato una sorta di metodo Corleone alla rovescia hanno fatto a Tsipras un’offerta che non poteva accettare

Paul Krugman

Anche sugli ultimatum europei c'è sinergia. Per Krugman «era, in effetti, una mossa per sostituire il governo greco. E anche se non si è dei sostenitori di Syriza, questo dovrebbe essere inquietante per chiunque creda negli ideale europei». Stigliz addirittura vede svelata, in queste scelte di fermezza dell'Ue «la vera natura dei leader europei e i loro interessi reali».

La scelta della via del referendum, salutata da quasi tutti i commentatori, come una follia incassa invece l'approvazione dei due illustri economisti. Entrambi si sono schierati apertamente per il “no”. Ma su questo quello che ha spiegato in modo più esaustivo il perchè del sostegno è certamente Krugman che ha scritto: «messo davanti ad un ultimatum della Troika, ha programmato un referendum per decidere se accettare o meno. Tutto questo sta portando a molti dibattiti sulla sua correttezza e a molte dichiarazioni in cui si afferma che egli sia un irresponsabile. Ma, al contrario, egli sta facendo la cosa giusta, e questo per due motivi. In primo luogo, se vince il referendum, il Governo greco avrebbe il potere di una forte legittimazione democratica, che ha ancora parecchia importanza in Europa, a mio avviso. In secondo luogo, fino ad ora Syriza si è trovata in una posizione politicamente molto scomoda. Gli elettori, seppur furiosi per le sempre maggiori richieste di austerità, non vogliono al contempo lasciare l’euro. E’ sempre stato molto difficile capire com’è che questi due desideri possano essere conciliati, ma ora lo è ancora di più. Il referendum, in effetti, servirà per chiedere agli elettori di scegliere la loro priorità e per dare a Tsipras il mandato per “fare quello che deve”, se la troika dovesse spingere fino in fondo. Nel caso me lo chiedeste, ritengo che spingere la situazione fino a questo punto sia stato un atto di mostruosa follia da parte dei Governi Creditori e delle Istituzioni. Ma l’hanno fatto, e non posso biasimare in alcun modo Tsipras per essersi rimesso alla volontà degli elettori, invece di decidere sulla loro testa». Per Stigliz, «nessuna alternativa è semplice. Il voto positivo porta alla depressione quasi senza fine. Al contrario, un voto negativo almeno apre la possibilità che la Grecia, con la sua forte tradizione democratica, possa riafferrare il destino nelle sue mani. I greci potrebbero riappropriarsi dell’opportunità di costruire il proprio futuro, di prefigurarlo in modo tale che almeno apra ad una speranza, piuttosto che piegarsi alla tortura del presente. Io so come voterei».

I greci potrebbero riappropriarsi dell’opportunità di costruire il proprio futuro, di prefigurarlo in modo tale che almeno apra ad una speranza, piuttosto che piegarsi alla tortura del presente. Io so come voterei

Joseph Stiglitz

Ma cosa dovrebbe fare l'Unione Europea? Stigliz non ha dubbi. «Occorre mettere la Grecia in grado di pagare 1,6 miliardi di euro al Fmi. Bisogna permettere uno swap del debito con titoli della Bce dovuti in luglio e agosto in cambio di bond dal fondo di salvataggio, con scadenze più lunghe e tassi di interesse più bassi, che riflettano gli inferiori oneri finanziari dei creditori. Bisogna ricominciare le trattative tenendo, in primo luogo, in considerazione che le politiche restrittive di austerità richieste alla Grecia sono state screditate dallo stesso dipartimento di ricerca del Fmi. In secondo luogo, non bisogna dimenticare che i leader di Syriza si sono impegnati a intraprendere in Grecia riforme di ampia portata, se avranno lo spazio di manovra per farlo». Più fatalista Krugman: «La Grecia voti “no” e si prepari ad uscire dall'Euro».

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