Famiglia

Turismo senza confini: i bisogni dell’accessibilità

Per la prima volta in Italia l’indagine dell’Osservatorio Doxa-Europcar sulle vacanze analizza le esigenze dei disabili motori o sensoriali, degli anziani e delle famiglie numerose e quantifica le potenzialità economiche del settore

di Marina Moioli

Quasi dieci milioni di persone, che rappresentano il 16% delle famiglie italiane, hanno problemi di accessibilità in vacanza. Un esercito di turisti che se trovassero servizi adeguati potrebbe generare un impatto diretto sul Pil di 11,7 miliardi di euro (0,74% di quello nazionale) e una spesa indiretta di 27,8 miliardi di euro (1,75% di Pil) incluso l’indotto che salirebbe a ben oltre 30 miliardi solo considerando gli accompagnatori per ogni turista con disabilità o senior con problemi di accessibilità. Sono i primi dati che emergono dall’undicesima edizione dell’Osservatorio Doxa sugli stili di vacanza degli italiani, commissionato da Europcar.

Per la prima volta in Italia nella ricerca “Turismo senza confini: i bisogni dell’accessibilità” sono state prese in considerazione non solo le persone con disabilità motorie o sensoriali e gli anziani, ma anche categorie come i malati cronici e le famiglie numerose o con bambini piccoli. Dalla ricerca risulta che il 16% delle famiglie italiane dichiara di avere in vacanza esigenze di infrastrutture per i bambini (31%), assistenza sanitaria (27%), mentre il 23% richiede una specifica accessibilità alle strutture e il 22% la richiede durante il viaggio o gli spostamenti. Spicca la richiesta di assistenza sanitaria, espressa da tutti i target, non solo da malati cronici, anziani e disabili.


Un altro macro-dato che emerge dalla ricerca Doxa per Europcar è il giudizio mediamente positivo sull’Italia, che si difende anche a livello internazionale. Sebbene l’offerta turistica sia ancora deficitaria sull’accessibilità, per quasi la metà degli intervistati (49%) nel nostro Paese è cresciuta l'attenzione su questi temi (solo il 15% dice il contrario) e il confronto con l'estero non ci penalizza: per il 20% l'Italia è meglio, per il 38% la situazione è più o meno uguale. I servizi specializzati sono cresciuti in qualità per il 55% delle famiglie con bambini piccoli, per il 52% delle persone con qualche disabilità e per il 50% degli anziani e dei proprietari di pet. Più severo il giudizio delle famiglie numerose che dicono che tutto è uguale al passato per un complessivo 61%.

Nel nostro Paese sta sicuramente aumentando attenzione all’accessibilità ma, a fronte di un miglioramento sui servizi dedicati ai vari target, persiste un problema di organizzazione che necessita di un sistema che coordini tutto e che non può essere affidato alla discrezione dei singoli operatori (anche se molto è ancora doveroso fare sulla formazione degli addetti delle imprese turistiche). È un tema di diritto alla vacanza per tutti ma anche di interesse strategico visto l’enorme potenziale per il nostro Paese.

A trarre le conclusioni della ricerca è Nicola Fabbri, Economista e Docente di Economia del Turismo presso l’Università Bocconi di Milano e membro del Comitato Scientifico Osservatorio Europcar-Doxa.

«L’Italia è un Paese ancora arretrato, è il solito Paese indietro rispetto ad esempio ai “civili” Paesi del Nord Europa, dove l’attenzione al “più debole” è molto alta? In realtà no: prima di tutto a detta di tutti gli intervistati l’attenzione al problema in Italia è cresciuta molto e non si sta peggio che all’estero», sottolinea Fabbri. «Vi è però un problema di organizzazione. La legislazione sull’abbattimento delle barriere architettoniche sta lentamente dando i suoi frutti a livello di singole strutture ricettive, musei, monumenti, chiese e risorse naturali, ma mancano gli elementi di “collegamento”. Non basta avere un albergo accessibile o un museo accessibile se non si sa come andare dall’uno all’altro. E spesso questo è una semplice questione di informazione: sapere come evitare percorsi con salite o gradinate, sapere quali mezzi pubblici hanno sistemi di agevolazione per persone con difficoltà, conoscere all’interno di ogni luogo dove sono collocati in bagni, perché i tempi di spostamento sono assai più lunghi, etc.)».

Le soluzioni sono due: descrivere dei “percorsi interni” ad ogni destinazione che siano fruibili da tutti i turisti con problemi di accessibilità e creare una adeguata comunicazione su di essi, primariamente sul sito web istituzionale del comune e fare brevi corsi di formazione per gli operatori locali, differenziati per tipologia di servizio, in modo da comprendere quali informazioni dare, come assistere una persona con disabilità.

Solo così nostro Paese potrà nel volgere di pochi anni allinearsi ai Paesi europei più avanzati in tema di accessibilità (Francia, Germania e UK) e cogliere un mercato potenziale che ha numeri di enorme portata a livello internazionale e che nel 2020 sarà uno dei driver assoluti della domanda turistica internazionale.

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