Non profit

Caro Maroni, che c’entra la sussidiarietà con l’arbitrio?

La strategia della sussidiarietà ha il suo fulcro nella promozione attiva di progetti e nell'assunzione di responsabilità da parte delle iistiituzioni

di Livia Turco

Caro ministro Maroni, anche lei ha fatto della sussidiarietà un punto cardine dei suoi discorsi. Ma, evidentemente, sussidiarietà è una parola che ognuno la intende come vuole. La sussidiarietà in cui credo, e che ho imparato ad apprezzare attraverso l?ascolto delle esperienze del volontariato e del non profit, è quella che sollecita le istituzioni ad assumersi le proprie responsabilità in merito alla promozione della solidarietà e della giustizia sociale così come prevede la nostra Costituzione. La sussidiarietà impone alle istituzioni di esercitare questa responsabilità praticando una sana ?cultura del limite? capace di riconoscere i giacimenti di sapere, competenze, capacità progettuali che possiedono i tanti soggetti che operano nella società. Ed allora la strategia della sussidiarietà ha il suo fulcro nella promozione della partecipazione attiva dei soggetti dentro un progetto e un?assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni. Non è solo la cessione della gestione di servizi al non profit, ma il coinvolgimento attivo nella elaborazione delle politiche. Questo comporta un metodo di governo basato sull?ascolto e sull?assunzione della pluralità di tanti punti di vista; comporta la costruzione di tavoli di lavoro in cui chi governa deve fare la fatica di ascoltare e di costruire mediazioni e sintesi; per poi decidere (altro che sparare sulle consulte). Ho visto negare questa pratica della sussidiarietà in due atti da lei compiuti. Il primo è l?annuncio della svolta dell?approccio del Governo sulla droga. Svolta dai contorni nebulosi. Ma, a di là del merito, ciò che più ha colpito è che la svolta è stata accompagnata da un fatto simbolico molto forte: la scelta esclusiva come interlocutore di uno solo dei soggetti che ogni giorno lavorano sulla droga: San Patrignano. Quel fatto simbolico così roboante ha oscurato e offeso una grande pluralità di pratiche, di esperienze tutte preziose e che il soggetto pubblico dovrebbe tutte conoscere e tenere in considerazione. L?altro episodio riguarda il decreto applicativo dell?articolo 80 della Finanziaria 2001 relativa ai miliardi stanziati per i progetti del ?Dopo di noi?. Progetto che prevede servizi cruciali che sono stati inventati da quegli straordinari genitori di ragazzi e ragazze speciali, portatori di disabilità gravi e gravissime. Per questo hanno inventato e proposto, loro, le famiglie e le comunità, servizi innovativi. Quei 100 miliardi dovevano finanziare progetti promossi direttamente dalle associazioni non profit. Il regolamento attuativo era stato elaborato con molta cura insieme alla Consulta dell?handicap. Perché ha cambiato quel regolamento dando i soldi alle Regioni? Questa scelta ha un doppio effetto negativo: la prima è la negazione della capacità progettuale del non profit, l?altro è di efficacia. Cento miliardi gestiti direttamente sarebbero stati molto meglio utilizzati se fossero stati gestiti direttamente dalle associazioni, anziché finire nel calderone generale dei bilanci regionali.


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