Non profit

La realtà in pasto ai rotweiler della tv

La strategia di comunicazione della cultura oggi dominante alza il livello dello scontro

di Giuseppe Frangi

“Culattoni raccomandati”. Questi sono, per il sottosegretario Vittorio Sgarbi, gli obiettori di coscienza. Non entriamo nel merito, raccapricciante sotto ogni punto di vista, del giudizio: Sgarbi è nato provocatore e quando va in overdose di narcisismo, non c?è regola né buon gusto che tenga. Fa impressione che a un uomo di governo, praticamente ministro ombra di un ministro fantasma, sia permesso di dire cose di questo tipo senza che nessuno non dico chieda le dimissioni, ma lo obblighi formalmente a delle scuse (agli obiettori e, ancor di più, agli omosessuali). Se ai tempi un qualsiasi ministro democristiano avesse detto un decimo, sarebbe finito nel tritacarne delle polemiche uscendone ovviamente tritato. Non accadrà così a Sgarbi, come non accadrà ai mille altri che in queste settimane giocano ad alzare a livelli intollerabili i toni dello scontro ideologico. La settimana scorsa il titolare unico delle serate di Raiuno, Bruno Vespa, aveva invitato un fantomatico rappresentante dell?Unione musulmani d?Italia. Nel corso della trasmissione questo tale, Adel Smith, si era lasciato andare a valutazioni ingiuriose sulla presenza dei crocefissi nelle scuole. Prima domanda: il titolare di una trasmissione di tanta importanza non dovrebbe vagliare gli ospiti che invita? Seconda domanda: perché tra tanti ultras occidentali così pronti a scaraventarsi contro ogni obiettivo islamico, non si è levata una parola per deplorare le cose dette e la leggerezza del conduttore? In realtà abbiamo un terribile sospetto: che ormai la strategia di comunicazione della cultura oggi dominante sia quella di alzare il livello dello scontro, di affogare nella rissa e nella confusione generale qualsiasi tentativo di esprimere un?opinione ragionevole. Se ci fate caso, la televisione italiana nelle ultime settimane ha subito un rapidissimo processo di ?biscardizzazione?. Il modello (simpatico se resta al suo posto) del Processo del lunedì è stato esportato ovunque. Ingrediente obbligato in ogni dibattito è l?ospite incendiario che scateni la rissa, o il maestro di cerimonia che da moderatore si trasfigura in provocatore. Fosse solo una questione di audience, sarebbe comunque uno spettacolo disgustoso ma meno inquietante. Invece la logica non è quella dell?audience, ma quella del teatrino, dove ogni questione grande, drammatica e vera viene divorata e banalizzata dai soliti rotweiler dell?informazione mediatica. Con l?obiettivo di mandare in tilt la ragione, di distruggere ogni tentativo di scovare soluzioni, dettate dall?amore o dall?intelligenza. E di lasciar galoppare un qualunquismo demenziale e devastante. Come ha detto Livia Ravera nell?intervista che pubblichiamo a pagina 4, «viviamo un momento di grande sofferenza e di grande angoscia collettiva, e da Vespa tutti pensano a mettersi in mostra e a dare vita a uno spettacolo indegno». Per fortuna una buona fetta d?Italia tiene duro, sull?esempio concreto e straordinario di questo piccolo esercito che è in prima linea in Afghanistan per costruire la pace.


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