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Elezioni: cosa vogliono dal Terzo settore i partiti britannici

In un clima di crescente tagli al welfare, il Terzo settore rappresenta un campo di gioco importante per le elezioni britanniche. Ecco un quadro delle promesse e delle aspettative relative alla società civile da parte dei partiti britannici in corsa alle elezioni

di Ottavia Spaggiari

Si sono aperti questa mattina alle 7 i seggi nel Regno Unito, si voterà fino alle 22 di questa sera, in quelle che sembrano essere delle elezioni estremamente incerte, i due partiti principali, Tory e Laburisti, sono rispettivamente, secondo i sondaggi del sito May 2015, al 33,8 per cento e 33,5 per cento, seguiti dal partito antieuropeo di destra Ukip, dai liberal democratici (9,1 per cento) e dai verdi, al 4,7 per cento.

E se le posizioni politiche sono diverse, quando si parla di Terzo settore, secondo l’omonimo giornale britannico di riferimento, Third Sector, in realtà i principali partiti avrebbero visioni e proposte apparentemente piuttosto allineate.  I conservatori, i laburisti e i liberal democratici, infatti nei loro programmi elettorali promettono alle organizzazioni non profit, un ruolo nella gestione e nell’offerta dei servizi. I conservatori di Cameron affermano, senza sorprese, che il governo “ha sviluppato soluzioni innovative nell’offerta di servizi pubblici di alta qualità”, promettendo di continuare la ricerca sperimentando nel campo di social impact bond e nella stipulazione di contratti basati su un sistema di pagamento su risultato.

I liberaldemocratici, nel loro programma elettorale affermano l’importanza delle non profit e delle imprese sociali nella delivery dei servizi e descrivono l’intenzione di favorire ulteriormente il public procurement.

Tra le proposte più interessanti dei laburisti, invece un nuovo “National Primary Childcare Service”, un’iniziative che promuoverebbe l’offerta di servizi extra-curriculari di alto livello da parte di organizzazioni non profit ai bambini.

Secondo Third Sector, i tre partiti principali e i verdi promettono sostegno all’economia sociale: i conservatori intendono rafforzare l’idea della Big Society, secondo cui i cittadini dovrebbero farsi più carico dei servizi pubblici, i laburisti affermano che le cooperative e le imprese sociali stanno sviluppando “nuovi modelli pioneristici di produzione che valorizza il valore sociale” e i liberaldemocratici hanno inserito nel programma la volontà di sostenere gli investimenti sociali.

Tutti e tre i partiti intendono, secondo i programmi, sostenere il National Citizen Service, una sorta di servizio civile, rivolto ai ragazzi dai 15 ai 17 anni. A voler invece eliminare l’iniziativa ideata dai conservatori, che vorrebbe diventare un vero e proprio rito di passaggio all’età e alla cittadinanza adulta, il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito, Ukip. Eredità del sogno della Big Society di Cameron, si trova anche nei manifesti di laburisti e liberaldemocratici. I primi si impegnano infatti ad “aiutare le persone ad aiutare sé stesse, per migliorare le proprie comunità e raggiungere i propri obiettivi”, mentre i secondi incoraggiano i cittadini ad attivarsi in azioni sociali concrete, vedendo insomma lo stato, non più solo come un erogatore di servizi ma, come un vero e proprio facilitatore. I conservatori continuano a sostenere la Big Society, criticata comunque da molti che, nel progetto di Cameron,  vedevano uno strumento per risparmiare soldi pubblici, facendo erogare servizi direttamente da volontari. Tra le iniziative proposte nel manifesto della maggioranza di governo: garantire ad ogni adolescente un posto nel servizio civile nazionale e 3 giorni di lavoro pagati da svolgere in attività di volontariato .

A decidere, per alcuni esponenti del terzo settore, dove andrà a pendere l’ago della bilancia elettorale, è la posizione tenuta sul Lobbying Act, provvedimento normativo, da qualcuno definito un vero e proprio bavaglio per la società civile britannica.  Approvato il 30 gennaio 2014, il Lobbying Act stabilisce che, in linea con le altre istituzioni apartitiche, le charities e le non profit che spendono più di 10mila sterline in campagne di sensibilizzazione durante la campagna elettorale, devono registrarsi alla Commissione Elettorale come attivisti non affiliati a nessun partito. A preoccupare la società civile, il processo burocratico complesso per la registrazione e la poca chiarezza intorno alla nuova legge che, secondo molti, potrebbero scoraggiare le non profit a partecipare al dibattito politico pubblico.

I laburisti hanno promesso l’eliminazione dell’atto, i socialdemocratici hanno affermato che prenderanno in considerazione una revisione, mentre i conservatori sostengono che, applicandosi anche ad aziende e privati, la nuova legge serve a promuovere la trasparenza dei finanziamenti delle iniziative politiche.

Foto: BEN STANSALL/AFP/Getty Images


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