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Concord Italia chiede il lancio di un’operazione “Mare Comune” dell’UE
A lanciare l’appello il portavoce Francesco Petrelli, «salvare vite è il primo imperativo umano previsto da tutte le leggi internazionali. Triton ha fallito e va sostituito con una nuova operazione»
di Eva Donelli
All’indomani del naufragio nel Canale di Sicilia, il più grave dal dopoguerra, dove un barcone partito dalle coste libiche con circa 950 migranti a bordo, tra cui 200 donne e 50 bambini è affondato, il Portavoce di Concord Italia, Francesco Petrelli, lancia un appello e chiede all’UE l’istituzione di un “Mare Comune”, un’operazione europea analoga a Mare Nostrum, con la stessa efficacia e con lo stesso mandato, quello di prestare soccorso e salvare vite umane. In questa intervista rilasciata a Vita.it, Concord Italia chiede anche la sospensione per 12 mesi del Regolamento di Dublino, che non fa altro che mettere “una pressione intollerabile sui paesi della riva Sud del Mediterraneo”.
Oggi è stato confermato che il vertice straordinario UE sull'immigrazione richiesto da Matteo Renzi si terrà questo giovedi'. Quali sono le sue attese?
L’appello di Concord, che si unisce alle voci di tante altre associazioni, mette l’accento su tre questioni fondamentali. Come prima cosa chiediamo che Mare Nostrum diventi un’operazione europea con il mandato principale del soccorso in mare, per salvare la vita a decine di migliaia di persone che stanno tentando di attraversare il Mediterraneo e che continueranno a farlo nei prossimi mesi e settimane. Salvare vite è il primo imperativo umano previsto da tutte le leggi internazionali. Mare Nostrum lo ha fatto con efficacia, così come l’operazione si è rivelata efficace nella lotta al traffico e ai trafficanti di esseri umani: le operazioni in mare erano protette dalla marina militare italiana e questo ha consentito in diverse occasioni di sequestrare le barche dopo aver salvato le persone, e a volte anche di arrestare i trafficanti. Con Triton, non solo il raggio operativo è limitato a 30 miglia al largo delle coste, ma il dispiegamento di forze civili e militari non è più previsto. Triton ha fallito e va sostituito con una nuova operazione che si potrebbe chiamare “Mare comune”. Perché le tragedie del Mediterraneo riguardano tutti. Bisogna costruire relazioni con i paesi della riva Sud, che si devono assumere la loro parte di responsabilità. Il secondo punto riguarda i processi di reinsediamento dei migranti: si tratta di riuscire a garantire luoghi sicuri in cui i richiedenti asilo possano chiedere assistenza a terra senza mettersi nelle mani dei trafficanti di esseri umani in mare. Anche in questo caso, il dialogo con paesi come la Tunisia, il Marocco o l’Egitto è fondamentale. Il terzo punto, non meno importante, riguarda la necessità di sospendere per 12 mesi il Regolamento di Dublino. Le regole di Dublino, che obbligano i migranti a richiedere asilo solo nei paesi in cui sbarcano, oggi hanno un effetto di calamita e di pressione intollerabile sui paesi che si affacciano sulla sponda Nord del Mediterraneo, in particolare l’Italia, ma anche Malta, la Grecia, la Spagna, etc.
Di fronte al caos libico, cosa si può fare?
La Libia è il paese più vicino geograficamente all’Italia ed è totalmente fuori controllo. La sua stabilizzazione è un problema che deve riguardare l’UE, ma non solo l’UE. Va coinvolta l’intera comunità internazionale. C’è una trattativa in corso condotta dall’inviato speciale del Segretario Generale dell’ONU, Bernardino Leon. Bisogna capire che cosa si riesce ad ottenere: se effettivamente la stabilizzazione si può raggiungere attraverso una mediazione in vista di un accordo tra le parti della guerra civile libica, oppure no. Attualmente la Libia è un territorio che i trafficanti hanno trasformato in un terminal di partenze per l’UE. Bisogna farla finita.
Ma per creare un operazione Mare Comune” servono fondi e la Commissione Ue ha ammesso in questi giorni di non disporre né dei fondi né del supporto politico (degli Stati membri) necessario per lanciare operazioni di pattugliamento e di salvataggio nel Mediterraneo…
Per quanto riguarda i finanziamenti, è chiaro che le spese non possono essere solo a carico dell’Italia. La carenza di fondi lamentata dalla Commissione è un problema che fa ridere, è grottesco: Mare Nostrum costava 9 milioni e mezzo al mese, Triton ne costa 3. La differenza è di 6 milioni, moltiplicati per un anno fanno 72 milioni di euro. Si parla di un’UE che investe, giustamente, migliaia di miliardi di euro in soluzioni per la crisi economica, e quantitativo easing. Puo’ davvero essere un problema sborsare 100 milioni di euro per affrontare un’emergenza drammatica che mette in discussione la sicurezza dell’UE? E’ semplicemente incredibile che l’Europa tutta insieme non riesca a trovare quelle poche decine di milioni di euro di risorse necessarie per garantire collettivamente una Mare Nostrum comune, europeo, una missione che abbia quelle caratteristiche ma che sia gestita e sostenuta organizzativamente e finanziariamente dall’UE intera.
L’UE sta lavorando alla nuova strategia sull’ immigrazione attesa per metà maggio, che appello lanciate a chi sta decidendo?
E’ ora di discutere seriamente in Italia e nell’UE: questa è una sfida per l’intera UE e per il suo futuro, l’UE si gioca la sua reputazione, deve dimostrare la sua capacità di dare risposte ad un problema gravissimo che la interpella tutta. Voltarsi dall’altra parte e pensare che gli sbarchi siano un problema dei paesi del mediterraneo, è un atteggiamento che ci ha portati alla situazione attuale che rischia di diventare del tutto ingestibile e di creare reazioni incontrollabili. Il dibattito deve invece concentrarsi su analisi concrete invece di partire per la tangente con proposte surreali come il blocco navale o quella di affondare i barconi. L’UE e Frontex non si possono limitare a prevedere che forse alcune centinaia di migliaia di persone potrebbero voler raggiungere le costa UE. E’ ora di capire come la situazione va affrontata. Noi lo dicemmo già a novembre quello che sarebbe accaduto, “quando scadrà Triton rischiano di verificarsi situazioni fuori controllo” perché il mandato e le caratteristiche dell’operazione non sono adeguate all’entità dell’emergenza, che continuerà ad aumentare con l’avvento delle stagioni più calde. Quello che abbiamo predetto a novembre e per cui abbiamo ricevuto solo risposte vaghe, si è tragicamente concretizzato.
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