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Accordo Israele-Rwanda: migranti in cambio di soldi

Israele pronta ad espellere oltre 50.000 mila migranti eritrei e sudanesi verso paesi africani, tra cui Rwanda e Uganda. In cambio, i governi africani riceveranno fondi per accogliere gli espulsi. Le Ong parlano di “rimpatrio forzato” in paesi dove i diritti dei migranti non sono rispettati. Le prime espulsioni sono previste nei prossimi giorni.

di Joshua Massarenti

Nei prossimi giorni, Israele prevede di espellere dal suo territorio centinaia di migranti irregolari provenienti dall’Eritrea e dal Sudan, rimpatriandoli in Rwanda. A confermare la notizia che stava circolando sui media israeliani sono stati ieri il Presidente rwandese, Paul Kagame, e oggi il ministro degli Interni israeliano, Gilad Gerdan. Secondo quanto riporta il sito del settimanale The East African, entrambi i governi starebbero finalizzando un accordo che consentirebbe a Kigali di ricevere “forti somme di denaro” (si parla di milioni di dollari sotto forma di sovvenzioni).

L’operazione rientra in un piano molto più vasto che prevede l’espulsione di oltre 50mila eritrei e sudanesi dal territorio israeliano verso paesi del continente africano.

“Ci sono delle discussioni in corso tra Israele e Rwanda”, ha dichiarato Kagame nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Kigali. Più loquace è stato Gerdan: “Offriamo ai migranti un pacchetto che include il volo e 3500 dollari, il che non è poco in questi paesi (africani, ndr). Avranno inoltre un visto e saranno autorizzati a cercarsi un lavoro”, ha dichiarato il ministro degli Interni israeliano, citato dal sito d’informazione Ynet.

Ma le sue dichiarazioni non convincono numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani, che da anni denunciano la politica migratoria del governo israeliano definendo l’ultima decisione presa da Tel Aviv “illegale”. Sei di queste organizzazioni assicurano che il Rwanda e l’Uganda sono paesi poco sicuri dove già in passato dei migranti espulsi da Israele si erano fatti rubare soldi e passaporti poco dopo il loro arrivo.

Dal 2014, il governo di Netanyaou promuove quello che definisce dei “rimpatri volontari”. Secondo un comunicato del ministero degli Interni, “in oltre un anno, circa 1.5000 migranti o richiedenti asilo hanno lasciato volontariamente il territorio israeliano per un paese Terzo, a cui si sommano 7mila migranti in situazione irregolare tornati nel loro paese di origine”. In un rapporto pubblicato nel settembre scorso, Human Rights Watch affermava che i rimpatria erano illegali e forzati, e che alcuni dei migranti espulsi sono stati perseguitati dopo il ritorno in Eritrea e Sudan.

Secondo l’ONU, lo Stato israeliano conta 53mila rifugiati e richiedenti asilo, tra cui 36mila eritrei e 14mila sudanesi. Alcuni di loro sono rinchiusi nel centro di detenzione di Holot, nel deserto del Negev che accoglie oltre 2mila clandestini africani.


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