Cultura

La Bosnia ha seminato a nuovo la sua terra

Aziende di agricoltura biologica per dare lavoro ai profughi rientrati . Un successo che ha sfondato anche nella grande distribuzione. Capofila dell’iniziativa, l’ong italiana Cefa

di Donatella Ceralli

Piantare cipolle, patate, meloni e fagioli, per raccogliere pace. Accade a Stolac, in Bosnia-Erzegovina, dove il Comitato europeo per la formazione e l?agricoltura (Cefa) di Bologna promuove un progetto di sviluppo di produzione agricola biologica rivolto ai profughi ?ritornati?. «A essere onesti», commenta Francesca Aprilis, l?agronoma del Cefa che segue il progetto pilota, «l?idea è nata non tanto da motivazioni ideologiche, ma sulla base di inconfutabili dati di mercato cioè sull?aumento della richiesta di prodotti biologici da tutta Europa». L?obiettivo del primo progetto pilota è quello di migliorare, attraverso lo sviluppo di un?agricoltura ecologicamente ed economicamente sostenibile, le condizioni socio economiche della popolazione rurale dell?area di Stolac. Per il primo anno, beneficiari del progetto sono stati 31 dei 400 membri della cooperativa Agroplod, fondata nel 1999 e composta da persone di etnia bosniaca, croata e serba. I 15 ettari selezionati per il progetto non erano utilizzati da più di otto anni e quindi erano privi di residui di fertilizzanti chimici o di pesticidi; la qualità del terreno, inoltre, è risultata ottimale e il clima di cui gode la zona ideale per la coltivazione scelta: patate, cipolle, meloni e fagioli. «Il nostro lavoro è consistito inizialmente nel formare gli agricoltori alla coltivazione biologica e assisterli sul campo cercando, al tempo stesso, i contatti con Ifoam», spiega Francesca Aprilis. «In seguito abbiamo iniziato a promuovere sul mercato interno i prodotti biologici certificati e cominciato a contattare importatori di altri Paesi europei. È un progetto ambizioso, ma crediamo che la sua realizzazione rappresenti un esempio per altre realtà». Importante è stata anche la collaborazione con l?Aiab-Associazione italiana agricoltura biologica che ha guidato i tecnici di Cefa nel percorso per ottenere la certificazione della produzione. Per quanto riguarda la commercializzazione, si è instaurato un rapporto con la catena di punti vendita Merkato. «All?inizio vendevamo i nostri prodotti soltanto nei negozi della zona e nei ristoranti. La qualità è stata subito apprezzata e questo ci ha stimolato a provare realtà più complesse come quelle della grande distribuzione», racconta la Aprilis. La cooperativa ha introdotto i propri prodotti nei punti vendita Merkator a Sarajevo, spiegando ai consumatori le qualità della produzione biologica e motivando la differenza di prezzo. Dei 40mila chili di patate prodotte lo scorso anno, ben 2mila sono state vendute nei punti vendita Merkator. «Questa esperienza», conclude Francesca, «è stata interessante sia dal punto di vista professionale sia da quello umano. Capire che avevamo vinto la diffidenza iniziale degli agricoltori, vederli lavorare insieme per contribuire a realizzare un progetto che avrebbe avuto ripercussioni sociali e ambientali, è stato soddisfacente». Il progetto, scritto con altre due ong italiane che operano nell?area di Mostar (Arcs e Cospe), dovrebbe proseguire per i prossimi tre anni e prevedere il completamento della filiera: grazie a microcrediti e alla formazione del personale, i prodotti potranno così essere commercializzati su più vasta scala. Info: /www.cefa.bo.it


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