Mondo

Il volto crudele della black America

Duro e realistico, Baby Boy racconta la vita dei giovani di colore a Los Angeles. E il regista John Singleton ci fa scoprire il mammismo della comunità nera

di Antonio Autieri

Tornare a parlare di problemi sociali delle comunità nere d?America può sembrare strano e anacronistico in questo periodo in cui, quando si parla degli States, lo si fa per raccontare le due guerre che sta combattendo il paese ?a stelle e strisce?: quella in Afghanistan e quella in casa propria. Eppure, i problemi d?ogni giorno rimangono ed è ancora utile ricordare che esistono microcosmi che ne subiscono le contraddizioni e che perdurano, anche in tempo di guerra. Per esempio, fra i giovani afroamericani di Los Angeles, in particolare del quartiere South Central, che il regista John Singleton cominciò a raccontare dieci anni fa quando diresse,a soli 23 anni) il suo film d?esordio, il durissimo Boyz?n the Hood. Con Baby Boy (ora anche in Italia) il regista dell?orgoglio ?nero? più famoso dopo Spike Lee, racconta la vita di Jody, sbandato ventenne di colore con già due figli avuti da altrettante donne, con amanti a rotazione, ma ancora incapace di staccarsi da casa e dalle gonne della mamma, giovane e affascinante vedova. Amici sbagliati, indolenza, nessuna iniziativa per dare una svolta positiva alla propria vita, che non sa prendere in mano. L?esistenza di Jody cambia con l?entrata in casa del nuovo convivente della madre, un gigantesco gangster (pentito) che gli fa capire che è ora di cambiare aria e di maturare. Ma ciò non avverrà in maniera indolore: crescerà attraverso il sangue e la violenza. Il mammismo dei giovani della comunità black non lo aveva mai descritto nessuno, e Singleton lo fa ora in un film duro e realistico per linguaggio, violenze e scene di sesso molto esplicito (in America è stato vietato ai minori di 17 anni): «Nel nostro mondo» spiega il regista, «spesso sono le donne a lavorare perché molti maschi a 18 anni hanno già la fedina penale sporca e nessuno gli dà un impiego». Ad aiutare il taglio realistico del film è l?utilizzo di molti attori sconosciuti, anche presi dalla strada, cui si aggiungono alcuni rapper e la star Ving Rhames (era in Pulp fiction e in Mission impossible). Ed è proprio Rhames, che interpreta il delinquente che ama la madre di Jody e che vuol cambiar vita, a dire che «i personaggi del film sono diventati quello che sono a causa delle circostanze della vita. Singleton ci dice di stare attenti perché tutto ciò continuerà a succedere se gli uomini di colore non torneranno ad assumere un ruolo attivo nella famiglia. È un?opinione che personalmente condivido». In agosto, al festival di Locarno dove Baby Boy fu presentato in anteprima europea, Singleton disse che «nella cultura americana si pensa che non sei un uomo se non sei un killer. È sempre la cultura dell?uomo con il fucile. Tanti ragazzini neri, già a 12 anni sanno di non avere speranza: o sparano o saranno sparati». E sul suo protagonista, che questa volta non è autobiografico , il regista afferma: «Jody è un tipico antieroe, né buono né cattivo: vittima come tanti della paura di morire, da cui deriva la voglia di fare figli, tanto per lasciare qualcosa e non sparire del tutto».


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