Formazione

Cisl: «Poletti lasci stare le vacanze degli studenti e dia alle aziende gli sgravi fiscali che servono»

Il segretario generale e responsabile Scuola di Cisl Lombardia, Marco Bianchi, non ha dubbi: «Quella del Ministro del Lavoro è una boutade fine a se stessa. Il problema non sono le vacanze ma che ad oggi le aziende non sono in grado di farsi carico dei percorsi di scuola-lavoro»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Un mese di pausa va bene, ma non c’è un obbligo di farne tre. Magari uno potrebbe essere passato a fare formazione. I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse. Sono venuti su normali, non sono speciali. È una discussione che va affrontata». È stata questa la dichiarazione del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha scatenato il dibattito. Ad attaccare subito il ministro sono stati le associazioni degli studenti. A difenderlo tra gli altri l'associazione Movimento Genitori. Vita.it ha chiesto un commento a Marco Bianchi, segretario generale Cisl Lombardia.   

Partiamo dal casus belli: tre mesi di vacanze estive sono troppi?
Non ritengo che siano troppi.

Per altro si è detto che gli studenti italiani sarebbero quelli che hanno il periodo estivo di vacanze più lungo d'Europa. Ma non è un'informazione fuorviante?
Esatto, il monte ore è omogeneo per tutti i Paesi. Semplicemente cambia la disposizione durante l'anno dei giorni di vacanza

Quindi cosa pensa della proposta del ministro Poletti?
La dichiarazione del Ministro, fatta in questi termini, risulta essere estemporanea. Il motivo è che non prende in considerazione l'unitarietà delle proposta formative da fare al ragazzo. Le scuole infatti già prevedono possibilità di alternanza scuola-lavoro. Quindi se l'idea è quella di portare queste esperienza anche nel periodo estivo ha un senso altrimenti non si capisce di cosa si stia parlando. Detto questo il punto, il cuore del problema sta da un'altra parte.

E quale sarebbe?
L'alternanza è un metodo di apprendimento. Ma se può essere fruita solo da una piccolissima parte dei ragazzi, come succede oggi, è poco praticabile

Qual è il motivo di questa accesso difficoltoso?
Il nodo di cui Poletti non ha parlato. Oggi le aziende non sono in grado di accogliere i ragazzi in numero ampio e con tempi continuativi. Certamente i giovani fruirebbero di una buona chance di apprendimento qualora scuole e aziende fossero nella condizione di offrire opportunità concrete. Ma i costi di questi inserimenti sono troppo alti e complicati da gestire, e quindi poco praticati.

Quindi cosa bisogna fare per rendere più accessibili e praticabili questi percorsi?
Mettere in campo sgravi fiscali per quanto riguarda le aziende anche per i percorsi di alternanza scuola-lavoro in modo da rendere sostenibile una formazione cogestita da tutor scolastici e aziendali su vasta scala. Serve un intervento di questa natura. Altrimenti le aziende continueranno a non essere in grado, non solo di sostenere il peso di tutti i costi, ma neanche di dare al ragazzo la possibilità di crescere. Solo così si comincerà a guardare a quei costi come ad un investimento.

Poletti è stato attaccato anche perché, mentre rilasciava queste dichiarazioni, nel Job Act prevedeva la riforma, secondo i detrattori in modo peggiorativo, dell'apprendistato. È così?
Questo succede perché c'è, da parte della politica, una grande confusione su questi temi. Si confondono alternanza scuola-lavoro e apprendistato. L'apprendistato presuppone un contratto di lavoro e quindi non c'entra. Non ho preclusione sul fatto che un ragazzo possa essere valutato anche per le competenze lavorative apprese, e che le apprenda attraverso forme diverse, come l'apprendistato. Ma il nodo rimane quello di prima. Non ci sono le risorse. Alle condizione di oggi non si può fare.


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