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Nel Belpaese ancora 70 testate nucleari

Sbarca a Roma Senzatomica, una mostra molto visitata che riapre un capitolo che sembrava chiuso. E invece è più attuale che mai: nel nostro Paese ci sono armi dieci volte più potenti di quella di Hiroshima, che potranno essere trasportate dai cacciabombardieri F35

di Giacomo Zandonini

“Siamo a tre minuti dalla mezzanotte. Insomma, ci sono stati momenti peggiori ma anche migliori”. Alle quattro di pomeriggio, la luce filtra di striscio dalle vetrate della Factory La Pelanda, spazio espositivo del Comune nell’ex Mattatoio di Roma, quartiere Testaccio. Alla parete c’è l’orologio dell’apocalisse, che nonostante il nome biblico evoca un dramma tutto terreno: il rischio che la vita dell’uomo abbia i giorni, anzi i minuti, contati. E’ una delle guide volontarie di Senzatomica a mostrarlo ai visitatori che affollano la sala. A pochi giorni dall’inaugurazione, la mostra promossa dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai insieme a diversi partner nazionali e internazionali ha già coinvolto oltre 3000 studenti romani e centinaia di visitatori. E ricorda che la bomba, che potrebbe sembrare un residuo del passato, è più attuale che mai.

 

Senzatomica ha già toccato 48 città italiane e arriva a Roma, dove si fermerà fino al 26 aprile, in un momento significativo. Nel 2015 l’orologio dell’apocalisse, uno strumento di misurazione empirica del rischio di distruzione nucleare creato nel 1947 dal Bullettin of Atomic Scientist di Chicago, è salito di due posizioni rispetto al 2014. I tre minuti che ci separano dall’annichilimento nucleare ci riportano indietro al 1984, l’anno dell’impero del male reaganiano e al 1949, annata d’avvio del programma atomico sovietico. Insomma alle fasi più buie negli altalenanti rapporti fra Stati Uniti e Urss. Senzatomica prova a spiegare il perché di questo pericoloso avvicinamento alla mezzanotte nucleare e a suggerire alcune strade per invertire la tendenza, partendo, come recita il sottotitolo, dalla “trasformazione dello spirito umano”.

 

Se Foreign Policy, la prima rivista a stelle strisce di analisi internazionale, ha rilanciato a febbraio un vecchio articolo sulla “nuova guerra fredda”, seguito a inizio marzo da un numero di The Economist dedicato alla  “nuova epoca nucleare”, una ragione c’è. A raccontarla sono i dati, che i pannelli dell’esposizione distribuiscono in più sezioni, fra fotografie, video e citazioni di scienziati, attivisti e premi Nobel per la pace. Dalle 65mila testate nucleari attive nel 1985 si è passati oggi a poco più di 16mila, il 93 per cento delle quali in mano a  statunitensi e russi. Trattati internazionali e evoluzioni negli scenari politici hanno contribuito allo smantellamento di migliaia di armamenti. Ma ancora, come ricordato durante l’inaugurazione  dal  sindaco Ignazio Marino, il numero esatto di armi nucleari nel mondo è sconosciuto. 

 

Marino ha paragonato l’atomica al vaiolo, “debellato negli anni Settanta, ma ancora conservato, come micro-organismo, da Usa e Russia, che ogni anno provano a mettersi d’accordo per distruggerlo, senza poi farlo. Questa è stupidità. La mostra deve farci riflettere sulle paure del passato e sul come lavorare tutti insieme, nello spirito di Nelson Mandela”. Per Daniele Santi, curatore di Senzatomica, farlo significa “tornare a parlare di armi nucleari, tema spesso escluso dal dibattito pubblico, e disarmare le coscienze di ogni cittadino”. Un impegno sociale  e spirituale che Soka Gakkai porta avanti dal 1957, in un Giappone segnato dall’apocalisse atomica. L’obiettivo è oggi la sottoscrizione di un trattato internazionale che bandisca completamente le armi nucleari, a cui la fondazione buddista sta lavorando insieme a centinaia di organizzazioni nei cinque continenti, sotto il cappello della Campagna internazionale per abolire le armi atomiche.

 

Oltre al tragico settantesimo anniversario della distruzione di Hiroshima e Nagasaki, il 2015 segna alcuni compleanni importanti: i 60 anni del manifesto Russell-Einstein, sottoscritto nel 1955 da scienziati e intellettuali preoccupati dall’escalation nucleare, i 40 anni del Trattato di Non Proliferazione degli armamenti atomici, i 30 anni del premio Nobel per la Pace all’organizzazione internazionale di medici Ippnw e i 20 anni del Nobel, sempre per la Pace, al fisico Joseph Rotblat, un dissidente del progetto Manhatthan, che portò nel 1945 alla costruzione delle prime bombe.

 

L’Italia, nonostante l’adesione al trattato di Non Proliferazione, ospita oggi almeno 70 testate atomiche, stoccate nelle basi militari Nato e Usa di Ghedi (Brescia) e Aviano (Udine). Armi dieci volte più potenti di quella di Hiroshima, che potranno essere trasportate dai cacciabombardieri F35 acquistati dal ministero della Difesa e la cui manutenzione rientra in uno stanziamento di bilancio della Casa Bianca senza precedenti: mille miliardi di dollari in 30 anni per riammodernare l’arsenale nucleare. Parafrasando “Dottor Stranamore”, il celebre film sulla guerra fredda di Stanley Kubrick, imparare a non preoccuparsi e ad amare la bomba sarà tutt’altro che facile. Senzatomica ricorda però che “il disarmo parte da noi”.

  

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