Mondo

Adozioni, un fallimento italiano

Tra strategie confuse e sviste grossolane, gli enti e i genitori sono sempre più soli. Cronologia di un percorso ad ostacoli

di Benedetta Verrini

Due presidenze in un anno, l?aumento indiscriminato degli enti, un conflitto strisciante con il Dipartimento per la solidarietà sociale, un pesante blocco dai Paesi dell?Est, uno scandalo costi: per far scivolare le adozioni internazionali nel caos ormai bastava molto poco. E la scorsa settimana la Commissione adozioni internazionali ha alzato bandiera bianca.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il cambiamento di sede, a Roma, da via Veneto a una sede periferica in via Fornovo, dove lo staff di Melita Cavallo si è trovato senza nemmeno i telefoni. «Strano», controbatte il sottosegretario Grazia Sestini. «Anch?io mi sono trasferita in quel palazzo e vi assicuro che tutto funziona. Non vorrei che il problema fosse un altro». Ma oltre ai mezzi, la presidente lamentava da luglio una mancanza di uomini, visto che cinque dei dieci componenti la Commissione erano dimissionari e non sono ancora stati sostituiti dal governo.
Perciò è scattata l?autosospensione. E con essa la bagarre politica. Da una parte, la laconica circolare faxata ai 56 enti autorizzati con cui Melita Cavallo ha comunicato che «per un arco di tempo, allo stato non prevedibile, la commissione è costretta all?inoperatività». Dall?altra, il ministro Maroni che ha definito l?autosospensione un atto «molto grave, assolutamente non condivisibile, su cui il governo deve intervenire». Le ?adozioni più semplici?, che rappresentavano la promessa elettorale del governo Berlusconi, sembrano ancora avere molta strada da fare.
In mezzo a tutto questo, gli enti si sono trovati improvvisamente nell?imbarazzo su come gestire le adozioni in atto, sul se e come procedere agli abbinamenti, su come chiarire le ben giustificate apprensioni delle coppie. Perché loro, quelle migliaia di coppie (15.165 domande presentate nel solo 2000) che ogni anno si incamminano nel lungo percorso dell?adozione internazionale, e le migliaia di bambini in attesa negli orfanotrofi, sembrano restare sullo sfondo di tutta questa vicenda, che invece li riguarda molto da vicino.
«Cosa non va? Tutta la strategia di attuazione dell?adozione internazionale» ha dichiarato Marco Griffini. In effetti, sul bilancio del primo anno di operatività dell?organismo gravano pesanti questioni irrisolte. Prima di tutto, il numero degli enti: la legge 476 non impone un limite, e dal mese di giugno le organizzazioni autorizzate a fare adozioni internazionali in Italia hanno toccato quota 56. Se alcune di esse hanno un?esperienza decennale, importanti rapporti di cooperazione con i Paesi che vivono l?emergenza dell?infanzia e una robusta struttura tecnica e operativa, altre sono di recentissima costituzione e hanno come unica destinazione Paesi nell?occhio del ciclone come Bielorussia, Romania, Ucraina e Moldavia. Nell?agone della competizione, poi, quest?estate si è inserita anche la prima agenzia pubblica adibita all?adozione internazionale: l?Agenzia del Piemonte, istituita con una legge regionale, finanziata con un apposito fondo di tre miliardi di lire, con l?ambizione di offrire un servizio pubblico rapido e competitivo in un territorio in cui sono operativi già 17 enti. Apriti cielo: «Perché fare uno sportello pubblico quando gli enti sono delegati proprio dallo Stato a fare esattamente lo stesso servizio?» aveva tuonato Griffini. La nascita dell?agenzia, in effetti, segna una scarsa omogeneità nella politica di gestione dell?adozione internazionale.
Chi deve avere l?ultima parola nelle vertenze tra gli enti? Chi deve dare un indirizzo al sistema italiano? Chi deve coordinare gli operatori e rapportarsi a quei giudici che a volte firmano decreti dal contenuto discutibile? Fino ad ora è stata la Commissione (che la legge 476 pone, tra l?altro, sotto il coordinamento della Presidenza del consiglio). Ma il conflitto di competenze era dietro l?angolo visto che, in queste ultime settimane, il ministro Roberto Maroni ha rilasciato dichiarazioni che non potevano non lasciare il segno: «La burocrazia non può sostituire l?amore della famiglia, che è l?unica vera garanzia per la buona riuscita di un?adozione» ha detto Maroni nel corso di un convegno promosso dalla Fondazione Nidoli. «Bisogna rimettere al centro delle procedure di controllo e verifica, che pure sono necessarie, il bisogno del bambino di avere una famiglia e il desiderio positivo dei coniugi di vivere l?esperienza della maternità e della paternità».
Ma i presupposti per mettere davvero in ginocchio questo mondo c?erano da mesi, e sotto gli occhi di tutti: da un lato, la difficoltà di rapporto e di gestione delle adozioni con i Paesi dell?Est europeo; dall?altro, i costi esorbitanti, che per alcune coppie hanno sfiorato il tetto dei 50 milioni. In quest?ultimo anno, la Romania ha bloccato le adozioni per mettere fine al mercato di bambini che si consumava sotto la bella etichetta di donazioni versate a favore delle fondazioni locali. La Bulgaria ha denunciato il dirompente ?potere d?acquisto? delle coppie italiane su quelle bulgare; la Russia continua a tentennare nell?accreditamento degli enti italiani. La situazione, nei Paesi dell?Est europeo, in pratica si è paralizzata. E centinaia di coppie hanno dovuto ingoiare il magone e aspettare.
Quelle che ce l?hanno fatta, che adesso stanno crescendo il loro bambino arrivato dal Brasile o dall?Ucraina, testimoniano un sacrificio economico sbalorditivo: sommando la tariffa dell?ente, gli avvocati, i visti, le trascrizioni dei documenti, i viaggi e i soggiorni all?estero, si arriva fino a 50 milioni di lire per un?adozione, con una media che si aggira sui 25. «Conosco coppie che dopo aver ottenuto l?idoneità hanno rinunciato ad adottare: con un mutuo da pagare e uno stipendio che è quello che è, non è facile trovare in breve tempo 20 o 30 milioni» racconta Antonio Fatigati, presidente dell?associazione Genitori si diventa, che sta crendo un fondo di solidarietà per le coppie che hanno bisogno di un prestito. Sulla stessa scia, la Fondazione Nidoli ha presentato un decalogo di proposte, proponendo sconti per i viaggi aerei, la messa a disposizione gratuita delle ambasciate e la compressione dei costi amministrativi e delle traduzioni, e soprattutto un maggiore appoggio agli enti: «Lo Stato ci ha trasferito dei compiti chiedendo che ce ne facessimo carico, e poi non ci offre sostegno» spiega il vicepresidente della Fondazione, Raffaele Cattaneo.
Giusto prima della sua clamorosa autosospensione, la Commissione aveva diffuso tra i 56 enti un protocollo con le linee guida per calmierare i costi, fissando un tetto massimo di 10 milioni di lire.

CRONOLOGIA
1 dicembre 1999
Viene emanato il dpr n. 492 per la costituzione, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali. Il nuovo organismo deve tenere l?Albo degli enti autorizzati e vigilare sul loro operato; proporre al governo la stipula di accordi internazionali in materia di adozione; autorizzare l?ingresso in Italia dei minori adottati; fare relazione al Parlamento ogni due anni sullo stato delle adozioni. Nel 2000 la Commissione, composta di dieci membri e presieduta dal giudice Luigi Fadiga, si insedia e comincia i suoi lavori.

31 ottobre 2000
Viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l?Albo degli enti autorizzati. Dopo sei mesi di istruttoria (sono 84 le istanze di autorizzazione) la Commissione dà il via libera a 45 enti, di cui 3 (Aibi, Ciai e Istituto La Casa) operativi nell?intero territorio nazionale.

31 dicembre 2000
La Romania blocca tutte le adozioni internazionali in seguito a uno scandalo di corruzione. Attualmente la sua posizione è in stallo in seguito a una sentenza della Corte d?appello che sembra aver riaperto le adozioni. A essa si aggiungeranno altri Paesi (Russia, Bielorussia, Moldavia), fino a creare un vero e proprio blocco delle adozioni dall?Est Europa.

30 marzo 2001
Il presidente Fadiga lascia sbattendo la porta. In seguito al duro giudizio espresso dalla commissione Affari sociali della Camera (che aveva criticato i tempi troppo lunghi nelle procedure d?adozione e l?impossibilità per le coppie di rivolgersi ad un ente fuori dalla loro regione), il giudice commenta: «Non possiamo trasformare gli enti in agenzie di viaggio».

18 aprile 2001
A sostituire Luigi Fadiga arriva Melita Cavallo, giudice minorile al tribunale di Napoli. La Cavallo mette mano ai ricorsi delle associazioni che non erano state ammesse alla prima istruttoria e lavora a nuove convenzioni.

14 giugno 2001
Vengono autorizzati 11 nuovi enti e quelli esistenti ottengono un allargamento dell?ambito di competenza territoriale.

15 luglio 2001
Melita Cavallo, con una delegazione della Commissione, si reca in Cina e Vietnam per valutare la fattibilità di accordi bilaterali. Vicini ad accreditare l?Italia ci sono, secondo la presidente, anche Bolivia e Ucraina.

31 agosto 2001
Ai.Bi. lancia la sua proposta per la Finanziaria 2002: 60 miliardi di lire per mettere fine al mercato delle adozioni improprie e fare seri progetti di sussidiarietà nei Paesi bisognosi. La Cavallo accoglie con favore la proposta, il governo no. Nel Dpef non risulta infatti alcuna voce di spesa sull?argomento.

2 agosto 2001
Il consiglio regionale del Piemonte istituisce la prima Agenzia pubblica per le adozioni internazionali. L?organismo, una volta autorizzato dalla Commissione, si affiancherà ai 17 enti già esistenti sul territorio. La legge regionale istitutiva viene poi respinta con osservazioni dal Commissario del governo, ma il 17 ottobre il Consiglio regionale l?ha riapprovata integrandola con le indicazioni richieste.

30 ottobre 2001
La Commissione invia ai 56 enti autorizzati un dossier per definire i procedimenti d?adozione e calmierare i costi: il tetto massimo previsto è di 10 milioni di lire (escluso viaggio e soggiorno).

5 novembre 2001
La commissione blocca tutte le sue attività, lamentando la mancanza di sede e di mezzi tecnici e la mancata sostituzione di cinque membri dimissionari dal mese di luglio.

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