Welfare

Ospedali psichiatrici giudiziari, fine della storia

Il 31 marzo 2015 gli OPG chiuderanno per sempre. Peppe Dell’Acqua, psichiatra, intervistato da Vita.it non ha dubbi: «Sono molto contento, è una restituzione di diritto a dei cittadini. Queste persone continueranno ad essere curate nei territori»

di Sara De Carli

Fra 30 giorni in Italia chiuderanno gli ospedali psichiatrici giudiziari. Questo almeno è quanto prevede la legge, che ha indicato il 31 marzo 2015 come data per la chiusura definitiva: la deadline però già due volte non è stata rispettata. Questa però sembra la volta buona, a cominciare dal fatto che il Governo – che a ottobre «auspicava» una ulteriore proroga – ora invece, nella Seconda relazione al Parlamento, scrive nero su bianco che è sua «ferma intenzione dare attuazione concreta al superamento degli OPG», commissariando le Regioni inadempienti. Il capo del Dap, Santi Consolo, in audizione in Commissione Antimafia il 19 febbraio, ha garantito che il 31 marzo «dobbiamo essere disponibili a trasferire gli internati dagli Opg e a consegnarli alle Regioni perché li destinino alle Rems». Sarà così? Stop OPG ha lanciato un digiuno a staffetta che si svolgerà per tutto il mese di marzo, proprio per tenere alta l’attenzione sul tema ed evitare una ulteriore proroga (per adesioni http://www.stopopg.it). Noi a un mese dalla scadenza abbiamo fatto il punto della situazione con Peppe Dell’Acqua, psichiatra, già direttore del DSM di Trieste.

Andiamo o no verso una nuova proroga?
No e ne sono molto contento. Questo ovviamente non significa che al 31 marzo tutto sarà a posto, significa solo che dobbiamo continuare con le strategie e i percorsi che sono stati finalmente acquisiti con la legge 81/2014.

Quante sono oggi le persone internate in OPG?
Nell’ultimo anno le dimissioni sono aumentate in modo davvero sorprendente. Molti DSM si sono sentiti provocati, all’inizio qualcuno ha reagito in maniera scomposta ma alla fine si sono messi in atto meccanismi virtuosi ed è stato presentato un progetto terapeutico riabilitativo per ciascuna persona presente in OPG. L’ultimo dato ufficiale è del 30 novembre 2014, quando in OPG c’erano 761 persone.

Tre anni prima, nel dicembre 2011 erano 1300, quindi grossomodo la metà degli internati è già uscita. Allora si può fare!
Chiudere gli OPG è una questione di straordinaria delicatezza, in questi ultimi anni sono accadute cose straordinarie. Ovviamente dobbiamo dire che chi esce da un OPG non viene messo alla porta con il suo fardellino e arrivederci, altrimenti la gente pensa a 700 matti che escono in un colpo solo… A parte che 700 persone su tutta la popolazione italiana significa 15-16 persone su un milione, sono numeri ridicoli. Queste persone continueranno ad essere curate nei territori, non c’è motivo di alcun allarme sociale: è una restituzione di diritto a dei cittadini.

Cosa ha “sbloccato” la situazione e avviato questa fase di dimissioni?
La legge 81/2014, senza dubbio. Ma anche un privato sociale che si è mostrato interessato e disponibile: la maggior parte delle dimissioni fino ad oggi ha previsto un invio in comunità, con rette che si aggirano sui 5mila euro al mese. Lo step successivo, poi, ovviamente sarà verificare come funzionano queste comunità.

Infatti la domanda spontanea è dove sono finite queste 700 e più persone…
Speriamo che non siano “finite” da nessuna parte, ma che stiano “iniziando” una nuova fase della loro vita! I percorsi dono diversi, alcuni tornano a casa, in famiglia, altri in situazioni di abitare assistito, altri in comunità vere e proprie, altri ancora in comunità terapeutiche. La prima fase ha visto il prevalere di invii in comunità, adesso mi sembrano in aumento i programmi individuali che costruiscono un progetto di accompagnamento molto forte, ma senza inviare in comunità.

Chiusi gli OPG, Governo e Regioni avevano immaginato delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive, le Rems. Le Regioni avevano inviato progetti per mille posti letto: a questo punto non sono troppi?
La prima relazione al Parlamento, a settembre, ha evidenziato come delle 826 persone presenti, 476 risultavano dimissibili: il 58%. Dei non dimissibili solo il 17% presentava un profilo di pericolosità sociale: non più cioè dell’8% del totale. Oggi sappiamo che serviranno 400/450 posti letto, quindi sì, certo, costruire Rems per mille posti è un’esagerazione! E sarebbe assurdo spendere tutti quei soldi per qualcosa che non serve. Quasi tutte le Regioni però hanno già rivisto quei programmi, riducendo i posti letto.

Che criticità e problemi aperti vede?
Il primo problema è che le dimissioni aumentano ma i nuovi invii non diminuiscono, nonostante le indicazioni contenute nella legge 81/2014. Significa che i magistrati continuano a fare come prima, un po’ perché manca il supporto e il coordinamento con DSM, Asl e servizi sociali, un po’ però temo sia anche perché una parte della magistratura è convinta che si debba fare così, ha un atteggiamento securitario.

E poi?
In generale nelle politiche regionali c’è una disattenzione intollerabile per la salute mentale comunitaria, in Lombardia come in Campania, senza differenze. Forse la chiusura degli OPG metterà in evidenza i problemi di sempre e forse si genereranno finalmente degli anticorpi. Negli ultimi anni ci si è sempre più orientati alle strutture residenziali, che sono un modello anacronistico… Però i due terzi dei budget per la salute mentale sono assorbiti dalle strutture residenziali.

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