Economia

Anche il Liechtenstein non è più un paradiso fiscale

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan ed l’omologo di Vaduz Adrian Hasler hanno firmato un accordo simile a quello stipulato con la Svizzera che prevede lo scambio di informazioni

di Marco Marcocci

La Svizzera ed il Liechtenstein non sono più paradisi fiscali. Italia e Svizzera hanno raggiunto nei giorni scorsi, dopo anni di trattative, l’accordo che mette fine al segreto bancario e sancisce lo scambio d’informazioni che sarà automatico a partire dal 2017 e, fino ad allora, su richiesta.

Dopo la Svizzera, ieri è stata la volta del Liechtenstein. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan ed l’omologo di Vaduz Adrian Hasler hanno firmato un accordo analogo che prevede, tra l’altro, lo scambio di informazioni basato sullo standard OCSE del Modello di Tax Information Exchange Agreement (TIEA).

Con la Svizzera l’intesa era stata siglata a Milano ad inizio settimana tra il Capo del Dipartimento federale delle finanze svizzere, Eveline Widmer Schulumpf e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan che aveva sottolineato come il risultato ottenuto costituisca “un passo in avanti molto importante ed è frutto di un lavoro durato molto tempo, complesso e difficile”.

Alle parole di Padoan avevano fatto eco quelle della Schulumpf che, a sua volta, aveva evidenziato come grazie alla firma del protocollo siano state poste «delle nuove basi che permetteranno di rafforzare la cooperazione, migliorare le relazioni tra i due Stati e sviluppare le relazioni economiche in un clima costruttivo».

Soddisfatto il premier Matteo Renzi che via twitter si era detto convinto che “miliardi di euro ritorneranno nelle casse dello Stato” e aveva poi preannunciato l’imminente accordo di quest’oggi con il Liechtenstein.

In dettaglio il protocollo d’intesa con la Svizzera si compone di due testi. Il primo prettamente giuridico che dovrà essere ratificato dai due Parlamenti e disciplina lo scambio d’informazioni. Il secondo, di tenore politico, che di fatto è una road map nella quale sono contenute tematiche particolarmente delicate come quella dell’ingresso delle banche svizzere in Italia e quella dello status doganale di Campione d’Italia, enclave tricolore in territorio svizzero. 

Lo scenario che si andrà via via delineando con la progressiva entrata in vigore dell’accordo sarà caratterizzato dall’uscita della Confederazione elvetica dalla black list dei paradisi fiscali e ciò permetterà ai contribuenti italiani che vorranno ricorrere alla voluntary disclosure di usufruire di condizioni migliori con riguardo agli anni da sanare e agli oneri da sostenere.

Così facendo l’Italia spera di incassare un discreto gruzzolo da impiegare per la riduzione del debito pubblico e, più in generale, per la tanto attesa ripresa. In effetti, se si considera che lo stock dei capitali italiani all'estero, non denunciati o solo parzialmente conosciuti, ammonta a circa 150 miliardi e, di questi, circa l'80% è proprio in Svizzera. Tradotto in soldoni se soltanto il 20% aderisse all'operazione di rientro dei capitali, nelle casse dello Stato potrebbero arrivare qualcosa come 6,5 miliardi di euro.

Ieri è toccato al Liechtenstein che così uscirà dalle black list dei Paesi a regime fiscale privilegiato e sarà parificato ad un Paese white list ai fini della voluntary disclosure. Lo scambio di informazioni con Vaduz sarà inizialmente su richiesta, con il reciproco impegno di applicare poi, dal 2017, lo scambio automatico sulla base del nuovo standard globale (Common Reporting Standard).

Italia e Liechtenstein hanno firmato anche un Protocollo aggiuntivo in materia di “richieste di gruppo” cioè su categorie di comportamenti che potrebbero essere ricondotti all’intenzione dei contribuenti di  nascondere al fisco italiano patrimoni e attività detenute irregolarmente nel Liechtenstein.

E necessaria per entrambi gli accordi la ratifica da parte dei parlamenti dei due Paesi e una volta in vigore l’intesa raggiunta “consentirà di sviluppare ulteriormente la cooperazione amministrativa tra i due Paesi e quindi rafforzare il contrasto all'evasione fiscale”.

Ed ora avanti il prossimo: Monaco? Vaticano?…. La lista è ancora lunga.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.