Economia
Il Prestito della Speranza istituito dalla Cei quadruplica gli sforzi
L'accordo presentato oggi da Caritas e Banca Intesa-Banca Prossima, diventa “Prestito della Speranza 3.0” e prevede 25 milioni a garanzia di un ammontare complessivo di microcrediti di 100 milioni di euro a partire dal 2 marzo
Non solo non lascia, il Prestito della Speranza istituito dalla Cei in accordo con l’Abi nel 2011, dopo una di pausa di assestamento, riparte e raddoppia, anzi quadruplica. L'accordo presentato oggi da Caritas e Banca Intesa-Banca Prossima, diventa “Prestito della Speranza 3.0” prevede 25 milioni a garanzia di un ammontare complessivo di microcrediti di 100 milioni di euro a partire dal 2 marzo. Con importanti novità che potrebbero sostenere soggetti finora rimasti esclusi.
Mentre, con lo schema precedente (che ha garantito prestiti per 26 milioni a 4.500 famiglie), sono state respinte quasi il 50% delle domande presentate (9.500 circa, perché la maggior parte delle situazioni di eccesivo indebitamento non erano sanabili con piccoli interventi), ora la platea dei destinatari da sostenere viene estesa e tenta di arrivare a situazioni tali che prevengano la criticità estrema: quindi si è messo da parte il concetto di famiglia (tre figli e con matrimonio ufficiale), e vengono considerati sostenibili tutti i soggetti in condizione di vulnerabilità economica e sociale (famiglie, certo, ma anche disoccupati, poveri, anziani al minimo pensionistico, debitori di utenze di agenzie di servizio e anche semplici giovani coppie che non riescono a trovare risorse per mettere su casa).
Per queste categorie (e altre) funziona il cosiddetto “Credito sociale”, un prestito con un importo massimo di 7.500 euro (erogato in 6 rate bimensili di 1.250 ciascuna, per impedire di bruciare subito le risorse).
E poi c’è il “Credito fare impresa”, cioè i fondi (nella precedente edizione era fissato un tetto massimo di 5 milioni sui 26, ora saltato) per coloro che hanno un’idea imprenditoriale da far camminare, lavoro, occupazione, per microimprese che potranno ricevere un importo massimo (e in un'unica soluzione) di 25.000 euro.
Altre novità: il potenziamento della rete di sostegno degli sportelli Caritas (il presidente mons. Bressan, ha detto che le Caritas diocesane non solo sono contente dell’esperienza fatta, ma ne hanno chiesto con forza l’estensione e il potenziamento); una strutturata integrazione del processo di valutazione delle richieste che ora verrà affidato su tutto il territorio italiano all’associazione Vobis (oltre trecento, ma si spera che aumentino, Volontari exbancari che si occupano di Interventi nel Sociale). Hanno già fatto esperienze in diverse sedi garantendo il percorso di recupero e l’efficacia degli impegni di onorare il credito, con un accompagnamento continuo e non formale della famiglia sostenuta.
Perché appunto di prestito si tratta, e non di donazione, che nel caso di famiglie prevede un tasso fisso di 2,50% con una rata mensile media indicativa di 138 euro, e per le imprese una rata/mese stimata a 468 euro per un tasso del 4,60. Bisogna dare fiducia senza garanzie tradizionali. Ma, ci si chiede, se sono soggetti senza reddito, come faranno a restituire? Il modello prevede, qui sta il punto, una restituzione graduale e a cominciare dall’anno successivo all’erogazione, così da dare possibilità di recupero e di rientro effettivo. E i dati danno ragione alla fiducia: la percentuale di restituzione regolare ha superato l’86% dell’erogato, non molto distante (tenendo in considerazione le forti condizioni di precarietà), da quel 93-95 su cui si assesta l’intero sistema del credito.
Banca Intesa, che nella precedente edizione del Prestito ha erogato oltre il 46% dei prestiti, quest’anno si è fatta carico dell’intera partita. L’amministratore delegato, Carlo Messina, ha un obiettivo ambizioso: se nel passato in tre anni “abbiamo dato prestiti a 4500 famiglie, ora nel prossimo (considerati famiglie, singoli, e imprese) vorremmo triplicare e arrivare almeno a 15.000. Le risorse ci sono e confidiamo nel lavoro della nostra rete”.
Un progetto che non ha solo una ricaduta economica. Secondo la ricerca sull’impatto avuto dopo il prestito nei tre anni in cui ha funzionato la versione 2.0 (a proposito, scherzando, ma non troppo, mons Bressan ha detto che strizzando l’occhiolino al web i tre di oggi sono Caritas/Banca Intesa/Associazione Vobis), le risposte positive di oltre l’80% degli intervistati sono state sia sull’efficacia del microcredito per sanare la situazione critica, sia – soprattutto – sulla possibilità di ritrovare un equilibrio personale che sul clima positivo ritrovato in famiglia dopo il prestito. Un impatto sociale non indifferente.
Ed è infatti sul valore ideale e morale che viene rimarcato quando si presenta l’iniziativa: il card. Bagnasco, che ha introdotto la conferenza stampa di presentazione del lancio, ha ribadito non solo quanto le nostre parrocchie stiano ormai a contatto costante con una povertà diffusa che bussa alle porte delle chiese con il suo tasso di disagio e spesso di degrado, ma ha anche rilanciato con pressione un’altra idea di rappresentazione del popolo italiano:quella che vede slanci di generosità inattesi e continui “sono gli italiani che si vedono restringere le tasche ma lo stesso allargano il cuore, magari facendo sacrifici”. Sono tanti, per il presidente della Cei, e contribuiscono ad alimentare il Fondo, al di là del contributo dell’8X100.
Ora si attende una campagna d’informazione adeguata, che i responsabili dell’iniziativa garantiscono ma sulla quale, forse, si poteva spendere qualche parola in più.
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