Famiglia

Save the Children: la maternità è un percorso a ostacoli

Presentato il nuovo rapporto di Save the Children "Mamme in arrivo" con i risultati del progetto "Fiocchi in Ospedale" per l'accompagnamento di madri e genitori in tre ospedali italiani. Serve più aiuto prima, durante e dopo il parto per mamme e coppie

di Antonietta Nembri

A pochi giorni dalla tragedia di Catania dove una neonata è morta poche ore dopo il parto perché bisognosa di terapia intensiva Save the Children ha presentato oggi il suo rapporto “Mamme in arrivo” in cui descrive i risultati del progetto “Fiocchi in Ospedale” per l’accompagnamento di madri e genitori in tre ospedali italiani (Niguarda a Milano, Policlinico di Bari e Cardarelli di Napoli). Un’occasione per dare uno sguardo sull’assistenza alle “mamme in attesa” o che hanno partorito. Se dal punto di vista sanitario – sottolinea Save the Children – l’Italia può vantare una qualità diffusa, non mancano criticità e sensibili differenze territoriali. Quello che emerge viene rilevato nel rapporto è una diffusa mancanza di supporto sociale a madri e bimbi.

«Con il rapporto "Mamme in arrivo" abbiamo cercato di documentare le disfunzioni di una rete sanitaria che, pur essendo riconosciuta come una delle migliori al mondo, non assicura dappertutto e in ogni circostanza le condizioni di sicurezza fondamentali, come accaduto per la bambina neonata di Catania la cui morte è inammissibile. Inoltre, abbiamo posto l’attenzione sul sostegno “sociale” al percorso nascita, cioè sull’insieme di servizi, misure e politiche che dovrebbero essere a disposizione della mamma e della coppia affinché il parto e la maternità siano vissuti in modo positivo» spiega Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children. «Abbiamo constatato come tale sostegno sociale sia spesso inadeguato e le mamme e le coppie si ritrovino sole, nonostante i tentativi di miglioramento promossi attraverso  l’emanazione di una serie di linee guida»

Andando a vedere i numeri del Rapporto emerge che il 29% dei Punti nascita (dove avviene il 99% dei parti, solo l’1% le mamme che partoriscono in casa) non è in linea con i parametri dal momento che vi si effettuano meno di 500 parti l’anno. Anche per il 2013 si continuano a effettuare troppi parti cesarei e se a livello nazionale si parla del 36,3% in regioni come la Campania la percentuale si impenna al 61,5%, mentre la percentuale più bassa si regista in Friuli Venezia Giulia con il 23,3%. Mentre il numero di nascite continua a scendere attestandosi a 514mila nel 2013 (nel 2014 sono ulteriormente scese toccando quota 509mila ndr.), aumenta il numero di mamme straniere pari al 20% (per la maggioranza rumene, marocchine, albanesi, cinesi) a fronte dell’80% di bambini nati da madri italiane.

La mortalità infantile in Italia è tra le più basse al mondo (3,3 per mille) anche se nel Mezzogiorno si registrano dei picchi come il 4,8 per mille in Sicilia. Il rapporto analizza anche l’età delle donne: sempre meno le mamme teen-ager, mentre sono 11 neonati su 100 ad avere una mamma sotto i 25 anni e 8 su 100 con una madre over 40. Nel 2013 sono state 280 le mamme over 50.

Per quanto riguarda i servizi territoriali per la salute materno infantile si sottolinea la riduzione dei consultori che oggi sono 1.911 (uno ogni 29mila abitanti) mentre gli asili nido coprono solo il 13% dei piccoli tra 0 e 2 anni, ma in Campania e Calabria si tocca quota 2%. Save the Children sottolinea che non ci si stupisce di questo considerando che «è appena del 4,8% la percentuale di risorse destinate alle famiglie, sul totale della spesa sociale.
Ciò a fronte di condizioni sociali difficili per molte famiglie con minori: sono 1.434.000, pari al 13,8% del totale i bambini che nascono e vivono  in famiglie in povertà assoluta».

Il rapporto (in allegato) si inserisce nel progetto “Fiocchi in Ospedale”, avviato da Save the Children nel 2012 in collaborazione con partner locali (associazione Mitades a Milano, Pianoterra a Napoli, Il Melograno centro di informazione maternità e nascita a Bari) e coadiuvato da un Comitato scientifico. Nei tre ospedali coinvolti sono stati11.722 i bambini, le mamme e i familiari supportati attraverso lo sportello aperto tutti i giorni, o specifici incontri su allattamento, nutrizione, igiene e cura del bambino.

Per quanto riguarda la varietà degli standard di assistenza Save the Children propone di  stabilire una road map per la messa in sicurezza e l’umanizzazione di tutta la rete dei punti nascita, a partire da una chiara valutazione delle loro attuali condizioni e definendo anche eventuali utilizzi alternativi delle strutture più piccole, laddove se ne decida la chiusura.

 «Il percorso nascita non può continuare ad essere a ostacoli e bisogna intervenire perché, insieme al miglioramento dell’assistenza sanitaria, si rafforzi la rete degli interventi sociali per le neo-mamme e coppie, assicurando continuità di cura fra ospedale e territorio e il coordinamento degli interventi di sostegno del percorso nascita, inclusi quelli delle organizzazioni non profit, come il progetto Fiocchi in Ospedaledi Save the Children», sottolinea  Raffaela Milano. «Inoltre per prevenire situazioni di maltrattamento, abuso o di grave disagio materno è necessario definire protocolli che escludano, in qualsiasi circostanza, le dimissioni ospedaliere di una neo mamma che mostri gravi condizioni di fragilità sociale o psicologica, senza una adeguata presa in carico, da attivarsi già durante il ricovero ospedaliero», conclude.

Se per quanto riguarda l’età delle neo-mamme, quella media è 31 anni, la tendenza è a spostare la maternità sempre più avanti negli anni, a fronte di una riduzione delle mamme “teen ager”. In diminuzione sono invece le maternità molto precoci, di ragazze con meno di 18 anni: nel 2009 erano 2.434 e addirittura 3.142 nel 1995, mentre scendono a 1.922 nel 2013, tra le quali 1.551 italiane, pari allo 0,4% del totale delle nascite.

«L’estrema varietà dell’età materna esige che i percorsi nascita e le relative prese in carico delle mamme tengano in conto una grande pluralità di variabili», spiega ancor Raffaela Milano. «Sempre più consistente è poi la presenza di mamme straniere che richiederebbe, sia in ospedale che sul territorio,  una importante opera di mediazione culturale».

Particolarmente delicata è poi la condizione delle mamme che decidono di non tenere il bambino e di partorire in anonimato: mamme “segrete”, diverse centinaia (400 i neonati non riconosciuti), per lo più straniere, giovani e alla prima gravidanza. Un fenomeno che riguarda soprattutto il Centro Nord, dove gli ospedali sono grandi e la legge sul parto in anonimato è più conosciuta.


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