Formazione

Napoli vara la “carriera alias”

Si tratta dell'assegnazione di un'identità provvisoria, transitoria e nonconsolidabile rispetto al genere

di Anna Spena

In Gran Bretagna sono 28mila gli studenti transessuali. La metà ha seriamente preso in considerazione l'abbandono del corso di studi durante il periodo universitario. Uno su tre ha subito qualche forma di bullismo o di molestie all'università. E in Italia? Sono tre le università che hanno iniziato un percorso nella direzione di riconoscere i diritti delle persone transgender. Urbino,Torino e Napoli.  Paolo Valerio a Napoli è professore di psicologia clinica e direttore del servizio Antidiscriminazione e Cultura delle Differenze del Centro “Servizi per l’Inclusione Attiva e partecipata degli studenti SinAPSi”. A lui chiediamo di spiegarci a che punto è il percorso iniziato dall’Universita Federico II. Dice: «Il nostro Ateneo sta per emanare un vero e proprio regolamento per l’attivazione e la gestione di una carriera alias per studenti e studentesse in transizione di genere».

Professore, che cos’è la “carriera alias”?                                                                                       

È l'assegnazione di un'identità provvisoria, transitoria e non consolidabile. Rilascia al richiedente un nuovo tesserino di riconoscimento con il cognome e il nome scelto dalla matricola universitaria. È una modifica della carriera reale e rappresenta l’anticipazione dei provvedimenti che si renderanno necessari al termine del procedimento di transazione di genere.

L’Università conta circa 90mila studenti, in quanti hanno fatto richiesta per accedere a una carriera alias?

Una sola ragazza, in tutto l’ateneo. Ma non è questo il punto. La domanda è implicita. Una sola ragazza ha avuto il coraggio di esporsi ma dal consultorio del Policlinico ci arrivano costantemente segnalazioni di ragazzi che sono intenzionati a lasciare gli studi universitari perché non si sentono a loro agio in un contesto che non li riconosce, e dove diventa difficoltoso anche registrare un esame in segreteria.  La società non sembra ancora pronta ad accogliere al suo interno le diversità, le percepisce come ostacolo. Partire dalle strutture universitarie mi sembra un buon inizio.

La politica adottata è sicuramente inclusiva, da quale esigenza nasce?

Le discriminazioni hanno stancato. La realtà in cui viviamo è varia, mista. Dobbiamo accettarlo e creare le condizioni affinché tutti possano sentirsi a loro agio. È questo l’obiettivo di base. Esiste uno stigma e un pregiudizio nei confronti dei transgender che trovo agghiacciante. L’accostamento transessuale-prostituta non regge più. E non regge più perché è assolutamente infondato. Accettiamo l’idea che gli avvocati, gli ingegneri, i medici di domani, saranno anche individui che hanno effettuato una trasformazione di genere.

L’università Federico Secondo di Napoli è tra le poche in Italia che può vantare un’apertura di questo genere nei confronti dei suoi studenti…

Si. Pochi sanno che l’Università Federico II è stata una delle prime a tutelare i diritti delle persone transgender. Già nel 2010 l’Università metteva a disposizione degli studenti in attesa dell’accoglimento della domanda di cambiamento di sesso da parte del tribunale il rilascio di un duplicato del libretto con le opportune modifiche. Il nostro Ateneo sta per emanare un vero e proprio regolamento per l’attivazione e la gestione di una carriera alias per studenti e studentesse in transizione di genere.

Tutto il sistema universitario ha accolto bene l’iniziativa?  

Il rettore Gaetano Manfredi ha accolto benissimo il  progetto. Promuovere una cultura delle differenze e dell’inclusione è l’unica che favorisce il benessere psicologico degli studenti. Per noi è la cosa più importante.

 

 

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